Chiara Bucello ha 27 anni, fa la graphic designer e vive a Catania. Mi racconta che è nata con una “grave ipoacusia neurosensoriale neurovegetativa,” una tipologia di sordità non totale, ma comunque “congenita e profonda.”
Che cosa significa? In termini audiometrici, se una persona udente percepisce suoni anche bassissimi, tra lo zero e i 20 decibel; una persona con sordità profonda inizia ad avvertirli dai 91 ai 119 db, mentre una persona con sordità totale (cofosi) a 120—ma è una soglia oltre la quale l’orecchio umano non percepisce nulla.
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Di base, quindi, Chiara ha un deficit uditivo che non le permette di sentire una conversazione a voce alta (che misura in media 60 db), ma può avvertire un’ambulanza molto vicina (che emette un suono a 120 db). Col tempo, Chiara ha però in qualche misura compensato il deficit usufruendo di apparecchi uditivi (cosa che invece non si può fare se si è in presenza di sordità totale).
Al momento sul tema della sordità c’è ancora molta confusione, ed è questo uno dei motivi che ha spinto Chiara a raccontare la sua vita sui suoi profili social. A seconda dei casi con ironia, come quando qualcuno fa un commento a bassa voce e lei lo comprende benissimo grazie al labiale; o con molta serietà, come quando spiega come ha imparato a suonare il pianoforte grazie alla musicoterapia (“noi sordi percepiamo i suoni con il corpo: le vibrazioni investono i nostri tessuti, le ossa, i muscoli, il sistema nervoso”).
Con lei abbiamo parlato del perché la gente continui ad associare automaticamente la sordità al mutismo, di come ogni percorso sia molto personale, e della differenza tra persone sorde oraliste (di cui fa parte), segnanti e bilingui.
L’intervista è stata editata per questioni di spazio.
VICE: Quali sono le frasi e gli atteggiamenti che ti piacerebbe si evitassero quando una persona scopre che sei sorda?
Chiara Bucello: La situazione che trovo più spiacevole è la seguente: incontro qualcuno per la prima volta, parliamo del più e del meno e capisco tutto senza problemi, perché sono brava a leggere le labbra. Poi la persona a un certo punto capisce che sono sorda, così invece di comportarsi come ha fatto fino a quel momento, comincia a parlare a voce altissima e/o a muovere la bocca come un pesce, per poi dirmi la sua sulla sordità.
Mi dispiace anche quando le persone mi danno della “sordomuta,” oppure mi dicono frasi come “Sei speciale!”—loro pensano di consolarmi, quando invece non c’è proprio nulla da rincuorare.
Per l’appunto, potresti spiegarmi perché dire “sordomuto” è ingannevole?
Dalla sordità non consegue l’impossibilità per l’apparato articolatorio di funzionare adeguatamente. Alla persona sorda manca soltanto il feedback acustico, ovvero la possibilità di udire l’input linguistico e armonizzarsi sullo stesso alla maniera della maggioranza udente.
In Italia, con la legge 95/2006, intitolata “Nuova disciplina in favore dei minorati auditivi”, il termine “sordomuto” è stato sostituito con la parola “sordo”. Eppure, a oltre quindici anni di distanza, ancora persino chi dovrebbe fare informazione continua a utilizzare unicamente questo termine.
Ho letto che ci sono persone sorde oraliste, persone sorde segnanti, e persone bilingui. Che differenza c’è?
Un sordo segnante è una persona sorda che legge il labiale, e che comunica o preferisce comunicare e/o rispondere con la lingua dei segni. Quindi, in certi casi ufficiali, è utile la presenza di un interprete. Spesso un sordo segnante è anche bilingue, cioè sa padroneggiare sia la lingua italiana che la lingua italiana dei segni (LIS), e le usa a seconda del contesto e dell’interlocutore.
Un sordo oralista, invece, è una persona sorda che non conosce la lingua dei segni o preferisce non usarla, perché—dopo aver letto il labiale—risponde sempre a voce. Qualcuno crede che certi sordi oralisti non facciano parte della comunità sorda. Nello specifico, quei sordi oralisti che tramite impianti acustici e pratiche della logopedia sviluppano capacità di ascolto e di padronanza del linguaggio verbale quasi al pari dei non-sordi.
Tu per esempio non usi la lingua italiana dei segni. Come mai questa scelta?
Sono da sempre una oralista, e non ho mai imparato la lingua dei segni. Con questo non sto dicendo che sono contro il suo utilizzo: ultimamente ho conosciuto delle persone che me la stanno facendo scoprire, imparare e apprezzare poco a poco. Italiano e lingua italiana dei segni sono due lingue diverse, e una non esclude l’altra.
Piuttosto contesto che la lingua dei segni venga considerata—da numerosi stati e di conseguenza dalla maggioranza delle persone—l’unica lingua che possano padroneggiare le persone con sordità.
Nel mio piccolo, credo che tutti siamo uguali, e non ha senso fare distinzioni. Ognuno ha il suo percorso, il mio è solo uno dei tanti.
Tu sei sorda dalla nascita?
Sono nata sorda e non si sa perché. In gravidanza mia madre non ha avuto la rosolia o malattie infettive simili [di cui la sordità può essere una conseguenza], e io non ne ho avute nei primi anni dell’ infanzia. Quindi quando sono venuta al mondo avevo già un mistero addosso, qualcosa che non si poteva spiegare.
I miei genitori non se ne sono accorti subito, ma quando avevo all’incirca un anno. Dalla diagnosi precoce è venuto fuori che ero una bambina con sordità profonda, ipoacusia neurosensoriale neurovegetativa. Da quel momento in poi sono stata protesizzata, in seguito ho iniziato a fare logopedia, poi musicoterapia, e da due anni ho l’impianto cocleare.
Cos’è e come funziona un impianto cocleare?
È un dispositivo medico elettronico sviluppato per le persone con perdita dell’udito percettivo da grave a profonda, ed è un’alternativa alle protesi acustiche quando queste non sono sufficienti.
L’impianto cocleare viene anche chiamato in gergo “orecchio artificiale,” e si compone di due parti: una esterna che funge da microfono, simile agli apparecchi acustici da porre dietro l’orecchio; e una parte interna, posta tramite intervento chirurgico, che fa da ricevitore.
Nel mio caso le protesi non mi davano buoni risultati, mentre l’impianto va oltre, catturando il suono, elaborandolo e inviandolo al nervo che, tramite un sistema di elettroidi, viene stimolato. Prima non sentivo completamente il suono del mare, del vento, della pioggia, con l’impianto riesco a percepirlo! È sta un’emozione indescrivibile.
Ci sono momenti in cui hai odiato essere sorda?
Soprattutto per il cinema. In Italia tendiamo a non sottotitolare i film, e a doppiare quelli stranieri—e in questo caso specifico è impossibile leggere il labiale. Esistono sale che proiettano film in lingua originale e sottotitolati, ma dipende se nella tua zona è disponibile questa modalità di visione, e se è disponibile per il film che ti interessa. Quindi mi è capitato di dover aspettare, per esempio, l’uscita di un dvd o su piattaforme streaming.
Come imposti la sveglia?
Utilizzo un dispositivo a vibrazione bluetooth, da collegare al cellulare, e mettere sotto il cuscino.
Con il coronavirus è sorto l’obbligo delle mascherine. Quanto sono problematiche per le persone sorde, e tu che soluzione hai trovato?
Le mascherine non ti permettono di leggere il labiale. A un certo punto si era pensato di distribuire quelle trasparenti, alcune associazioni si sono mosse, ma non è successo in larga scala. Dal canto mio, quando il caso lo richiede, faccio così: specifico che sono sorda, che bisogna allontanarsi, abbassare la mascherina e parlare normalmente e con chiarezza.
Ultima domanda: ci sono cose che ognuno di noi può fare nella vita quotidiana, online e offline, per facilitare la vita di una persona sorda?
Offline, basta non trattarci come persone “speciali”. Online, invece, è fondamentale mettere i sottotitoli ovunque. Per esempio su Instagram si dovrebbero inserire i sottotitoli nelle story parlate, nelle IGTV attivare quelli automatici. Esistono anche delle app apposite che creano automaticamente i sottotitoli ai video parlati preregistrati.