La storia del debito pubblico e della neonata di Ortona è una gran cazzata

Da qualche giorno l’Internet italiano è invaso da questo strano articolo pubblicato su Il Centro: “Chieti, genitori evitano alla bimba il debito pubblico che ciascuno di noi ha dalla nascita”. Mentre scrivo il contatore dei like segna 40mila, e non si contano i siti e i blog che l’hanno ripreso (alcuni l’hanno anche declinata in salsa veronese).

Il pezzo in questione parla appunto di due genitori (lui “impiantista” e lei “casalinga”) di Ortona che, grazie all’aiuto di un’associazione di consumatori, “non hanno voluto cedere la loro piccola allo Stato italiano come ogni genitore fa quando iscrive il proprio figlio appena nato all’anagrafe del Comune di nascita.” Già dalle prima righe, insomma, si capisce subito che chiunque padroneggi le oscure arti de “La Lingua Italiana” e “Il Senso Compiuto” avrà enormi difficoltà a capire di cosa si stia parlando.

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La trama s’infittisce nel paragrafo successivo: “La piccola da ieri è sovrana, appartiene a se stessa e deve sottostare alle leggi del diritto internazionale e non a quello dello Stato italiano” e “non sarà compresa in quelle statistiche che ti trasforma [sic] in un debitore ancora prima della nascita.” Come?

Semplice: per riuscire nell’Impresa, i genitori hanno persuaso i cospiratori al soldo di Bilderberg i funzionari dell’anagrafe a scrivere sul certificato di nascita il nome della figlia con le maiuscole e le minuscole “a loro posto”, invece delle canoniche maiuscole. Il risultato è che ora la bambina sarebbe “iscritta in un altro foglio, con diverso numero di protocollo, il numero 1 di un registro che probabilmente avrà altri adepti.” Non è chiaro di quale “altro foglio” o “registro” si parli, cosa s’intenda per “adepti.”

L’accorgimento delle minuscole/maiuscole potrebbe sembra una cazzata—ma ovviamente non è così. Il motivo lo spiega perfettamente nell’articolo il presidente dell’associazione che ha assistito i due: “Con questo documento [il normale certificato di nascita], si permette la completa cessione del bimbo alla Corporation Italia, una società privata a sua volta associata alla Sec [Securities and Exchange commission, l’equivalente statunitense della Consob], contestualmente si emette un bond, una obbligazione e sulla testa del neonato, solo perché esiste, su di lui grava già il debito pubblico. Ecco questo David e Ilenia Seccia [i nomi dei genitori] non lo hanno permesso, non hanno permesso che la loro bambina, potesse perdere la sua indentità umana per diventare una finzione giuridica.”

Il video dell’Impresa e lo sgomento dell’impiegata dell’anagrafe di Ortona.

In parole povere: impedendo l’uso del CAPS LOCK sul certificato di nascita, i coniugi Seccia non hanno permesso che lo Stato italiano (che in realtà è una società privata) si impossessasse della loro bambina e la strangolasse in culla con il “debito pubblico.”

Nell’articolo si menziona anche un altro caso analogo avvenuto a Milano poco tempo fa, di cui però in rete non si trova nulla di scritto. C’è invece un video abbastanza lungo, non so quanto attendibile, che è stato caricato su YouTube da un certo “Salvatore della discendenza Merlo – SOVRANO”. In questo video un “genitore” ripete “finzione giuridica” fino allo sfinimento e, dopo un pippone di 14 minuti filati, convince i poveri (e storditi) funzionari a non iscrivere la figlia all’anagrafe.

“Se io le firmo questo certificato qui SA COSA VUOL DIRE?”

Ad ogni modo, il 19 maggio l’azione di Ortona è stata “rivendicata” direttamente dal sito dell’associazione di consumatori. A differenza del pezzo de Il Centro, qui il padre diventa un “giovane artista” che “ha inteso utilizzare l’Anagrafe come luogo dove manifestare l’affermazione dei Diritti Umani” con un “progetto d’arte (che comunque è una finzione d’arte)”—qualunque cosa quest’ultima frase voglia dire.

Siccome tra rassicurazioni fornite dell’associazione (“l’evento potrebbe sembrare notizia costruita, o falsa, invece è reale”) e “finzioni d’arte” non ci capivo più nulla, così ho chiesto a Giovanni de Marinis, dirigente dell’Anagrafe di Ortona, di dirmi come sono andate realmente le cose. Questa la sua risposta: “Al di là delle dichiarazioni farneticanti che sono state espresse prima davanti all’Ufficiale di stato civile e poi sul giornale, la neonata in questione è stata regolarmente iscritta nel registro delle nascite del Comune di Ortona e non vi è nulla di diverso rispetto alle precedenti registrazioni.”

Se da un lato quindi è falso che la bambina abbia “evitato” il debito pubblico, dall’altro è certo che ci troviamo di fronte alla riproposizione italiana di una delle più strampalate teorie del complotto—quella dei “certificati di nascita come titoli di stato”—che siano mai state partorite in terra statunitense.

Nella sua versione originale, questa bufala sostiene che ogni cittadino americano ha un suo “doppio” fittizio (chiamato uomo di paglia e che vale 630mila dollari) creato dal governo federale per “imprigionare” il valore economico degli americani e venderlo al miglior offerente—ossia le grandi Banche & Corporazioni guidate, ça va sans dire, dagli ebrei.

L’inventore di questa teoria è Roger Elvick, che ha cominciato a diffondere il suo verbo negli anni Ottanta mentre era il portavoce del gruppo di estrema destra “Committee of the States”. Per portare avanti le sue teorie, Elvick ha anche fondato il “Redemption movement”, che il Southern Poverty Law Center definisce “una bizzarra fusione tra complottismo e imbrogli finanziari.” Più che ricercare la Verità, in effetti, i redemptionist erano molto impegnati a evadere il fisco, falsificare documenti, escogitare truffe ed emettere assegni a vuoto. Lo stesso Elvick ha “passato la maggior parte degli anni Novanta in una prigione federale” e nel 2005 è tornato in carcere per scontare una pena di quattro anni.

Nella versione italiana che spopola in questi giorni, invece, il fulcro della bufala è la sottoscrizione della Repubblica Italiana alla SEC. Come ha spiegato bene questo blog, l’adesione non è la pistola fumante del complotto, anche perché “in caso contrario saremmo in buona compagnia.” Alla SEC, giusto per fare qualche esempio, sono iscritti “il Giappone, Israele, l’Ungheria, il Canada e un’altra cinquantina di enti pubblici, governi, organizzazioni internazionali, regioni ed enti locali, [tra cui] la Regione Lombardia e il Comune di Napoli.” È un po’ difficile che tutti questi soggetti si siano messi d’accordo per scaricare i debiti della Repubblica Italiana su una bambina di Ortona.

Nella visione distorta dei complottari nostrani, comunque, l’iscrizione alla SEC diventa qualcosa di malvagio e perverso che getta la vita di milioni di persone nelle fauci delle Forze Del Male. Il rifiuto di iscrivere i propri figli all’anagrafe (o l’escamotage delle maiuscole) diventa così l’unico modo di difendersi da uno STATO MALIGNO S.p.A. che priva i suoi cittadini dell’“identità umana” e non esita a riversare sui più deboli il mastodontico debito pubblico italiano.

La versione italiana della Redemption theory è certamente depurata degli elementi antisemiti, ma conserva in pieno tutte le altre caratteristiche principali: il risentimento anti-governativo, la diffidenza verso qualsiasi tipo di autorità, l’ignoranza sui temi economici e, soprattutto, la sensazione di avere un qualche tipo di controllo su una realtà sempre più complessa e indecifrabile. Sono questi, in definitiva, gli ingredienti che hanno reso virale la storia della coppia di Ortona.

Il punto, come accade in ogni teoria del complotto che prende piede, è che questi sforzi vengono incanalati in una direzione sbagliata e controproducente: invece di fare improbabili “performance artistiche” all’Anagrafe, sarebbe molto più rivoluzionario sfogliare un manuale di economia o diritto. E anche di grammatica italiana, a giudicare da certi commenti all’articolo de Il Centro.


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