Abbiamo imparato a conoscere il ministro della disabilità e della famiglia, il leghista Lorenzo Fontana: ultracattolico, antiabortista, antifemminista, uomo di collegamento della Lega con la Russia, legato all’estrema destra veronese e persino indipendentista veneto.
Come se tutto ciò non fosse già abbastanza, ora potrebbe anche occuparsi di droghe.
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La notizia l’ha data lui stesso alla Stampa: “Credo che la delega per la lotta alle tossicodipendenze verrà assegnata a me. E ho già incontrato i funzionari del Dipartimento perle Politiche antidroga.” Nella stessa intervista, Fontana ha anche fornito la sua visione sul fenomeno—di cui, va detto, prima d’oggi non si sapeva assolutamente nulla.
Non sorprendentemente, il principio ispiratore sarà quello della “tolleranza zero.” Il leghista ha poi spiegato i primi tre provvedimenti che intende adottare nel caso in cui dovesse ricevere la delega: potenziare al massimo l’azione delle forze dell’ordine; contrastare le droghe “fatte in casa,” quelle che secondo lui “chiunque può prodursi in cucina seguendo le istruzioni su Internet”; importare dall’estero “qualche politica antidroga” che “ha avuto successo” (e a meno che non si riferisca al presidente delle Filippine Rodrigo Duterte, non si capisce quale “politica antidroga” abbia avuto questo grande “successo”).
Fontana ha poi detto che in Italia “un vero proibizionismo non c’è,” e che “bisogna sottrarre il dibattito all’ideologia.” In più, a sgomberare definitivamente il campo da dubbi il ministro ha assicurato che non ci sarà nessuna “liberalizzazione” della cannabis. “Mi metto nei panni di un padre o di una madre,” ha detto. “Avrebbero piacere che i loro figli fumassero? Non credo proprio.”
Le associazioni di settore e gli operatori hanno duramente criticato questa possibile nomina. Maria Stagnitta, presidente di Forum Droghe, ha parlato di “una visione preistorica delle politiche sulle droghe” che peggiorerà “una situazione in cui non solo i consumi aumentano, ma mutano nell’assoluta incapacità dei servizi di saperli interpretare.”
Marco Perduca, membro dell’Associazione Luca Coscioni, ha giustamente fatto notare che “nel curriculum politico e istituzionale del ministro Fontana non si rintraccia alcun interesse, figuriamoci le competenze, per il fenomeno della ‘Droga’.”
Qualche giorno fa, a fotografare il ritorno in pompa magna della repressione—nonché il sostanziale fallimento del proibizionismo italiano—ci ha pensato il nono Libro Bianco sulle droghe. Nel 2017 quasi il 30 percento degli ingressi in carcere è stato determinato dalla violazione dell’articolo 73 del Testo unico sulle sostanze stupefacenti (la legge Jervolino-Vassalli), mentre il 25,53 percento dei detenuti è tossicodipendente. Gli autori sottolineano con preoccupazione che “si consolida l’aumento dopo che il picco post applicazione della Fini-Giovanardi (27,57 percento nel 2007) era stato riassorbito a seguito di una serie di interventi legislativi correttivi.”
Il libro bianco registra anche la crescita delle segnalazioni ai prefetti dei semplici consumatori, “caduti anche loro nelle rete dei maggiori controlli e dell’ossessione securitaria”: sempre nel 2017 ci sono state oltre 40mila segnalazioni (l’80 percento delle quali per possesso di cannabinoidi), 15.581 sanzioni amministrative e appena 86 richieste di programmi terapeutici. Come annotano Franco Corleone e Stefano Anastasia, siamo di fronte ad una “inutile macchina sanzionatoria che in quasi trent’anni ha colpito più di un milione e duecentomila persone.”
Ammesso e non concesso che Fontana abbia la più pallida idea della reale situazione sul campo, in questo quadro non particolarmente edificante non si può fare a meno di notare l’ennesima incongruenza dei Cinque Stelle. Nella scorsa legislatura 12 parlamentari del M5S avevano fatto parte dell’intergruppo Cannabis Legale, la cui proposta è però miseramente naufragata. Due di loro avevano anche partecipato al “4:20 European Psychedelic Hemp Fest” di Lambrate, attirandosi feroci critiche da parte del centrodestra.
In campagna elettorale avevamo chiesto ai candidati dei partiti di principali la loro sulle droghe leggere:
Al riguardo, le domande che sorgono spontanee sono le seguenti: cosa ne pensano questi deputati della delega a Fontana? Come si può far parte di un gruppo che intende legalizzare la cannabis, e l’anno dopo andare d’accordo—e senza battere alcun ciglio—con uno che promette “tolleranza zero”?
In attesa di queste risposte tocca prendere atto del fatto che questo paese non riesce a schiodarsi dal tragico solco tracciato dai vari Carlo Giovanardi: quello di una guerra totale alle droghe e soprattutto ai consumatori, con la solita riproposizione di formule deleterie, controproducenti e ormai sconfitte dalla storia.