Chi sono i bugiardi patologici e perché mentono

Qualche tempo fa a Non Siamo Soli, la piattaforma sulla salute mentale che gestisco, è arrivata questa email: “Ciao, mi chiamo Claudia e sono una bugiarda compulsiva. La bugia per me è una risposta automatica, immediata e irrefrenabile. A volte, anche se mi sento molto felice per un fatto che mi è accaduto, senza nemmeno pensarci lo amplifico [nel raccontarlo]. E non ne sento rimorso—certo, sento una vocina dentro di me che mi avverte che sto dicendo una bugia, ma non me ne curo. Mento e basta, in continuazione.”

Ora, mentire è una cosa che tutti facciamo, coscientemente e più o meno frequentemente. Ma per Claudia, come per altre persone, questo comportamento è una vera e propria compulsione. “Alcuni ne diventano dipendenti, non riescono più a farne a meno,” spiega la psicologa Eleonora Orsi. “Per il bugiardo compulsivo mentire è un’abitudine, una routine obbligatoria, incontrollabile, si sente più a suo agio nel dire bugie rispetto alla verità, sia sui fatti importanti sia su quelli di nessun valore.”

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Questa condizione in genere si sviluppa nell’infanzia e in ambienti familiari in cui la menzogna è ritenuta necessaria e anzi ‘normale’. “Mi comporto così da che mi ricordo, da che tutti avevano ai miei occhi una vita piena di avventure e io no,” racconta Claudia, “per cui ho creato un mondo pieno di racconti straordinari. Ho sempre avuto una vita ordinaria: due genitori impiegati, la cui esistenza girava intorno a lavoro, casa, spesa e chiesa. Loro si vergognano del minimo star male. Se mia mamma stava male e non poteva presentarsi al lavoro, non raccontava semplicemente l’accaduto, ma lo infarciva di dettagli e mi diceva, ‘Più ricca è la storia, più le persone ti crederanno’.”

Questo può portare anche a inventarsi una vita parallela che non esiste, a raccontare fatti inverosimili e gonfiarli in maniera incredibile, o a falsificare documenti. Lo stato euforico e dissociato che accompagna la menzogna è spesso alla base di situazioni giudiziarie che includono false accuse, confessioni di crimini inesistenti, chiamate in correità infondate. Non solo: le persone che mentono compulsivamente tendono anche a inventare malattie rare per sé e per gli altri, come nell’ambito della sindrome di Münchhausen o pseudologia fantastica. Alcuni insomma dichiarano e talvolta fingono malattie spesso vaghe e indeterminate, arrivando anche a farsi operare o ingurgitare medicinali non necessari per assumere il ruolo di malati incompresi e sofferenti e massime autorità sulla propria malattia, quasi in competizione con i medici.

“Al liceo mi ero inventata un fidanzato malato che dovevo accudire e che nessuno poteva conoscere,” dice Claudia. “Raccontavo dell’amore struggente che provavo, che ero giovane ma avevo deciso di affrontare in toto. Questo per surclassare le storie dei fidanzatini delle mie compagne. Sono una persona insicura, non voglio manipolare gli altri, voglio solo che la mia vita sia più bella ed esaltante, e non riesco a combattere la mia voglia di dire menzogne.” La bugia compulsiva, come si nota dalle parole di Claudia, ha una caratteristica ben precisa che la distingue da quella patologica: è detta per se stessi, per stare meglio, per fingere di avere una vita più ricca.

I motivi che spingono le persone a mentire compulsivamente sono vari, e spesso collegati a due disturbi di personalità, borderline (BDP) e narcisistico. Nel caso della personalità borderline, a causa di emozioni così intense da annebbiare il pensiero e il giudizio le persone possono arrivare a interpretare tutto attraverso una lente emozionale tale da far distorcere la realtà. “Un altro aspetto della personalità borderline che può spingere a non dire la verità è l’estrema impulsività: dire bugie serve per tollerare meglio la situazione, senza che l’individuo riesca a pensare alle conseguenze negative a lungo termine [della bugia],” spiega Orsi. Le persone affette da BDP, inoltre, sono estremamente sensibili al rifiuto, e tramite le bugie vogliono coprire i propri errori e ridurre le possibilità di rifiuto connesse a essi.

In un narcisista invece la bugia nasce come reazione alla sensazione di inadeguatezza, per costruire una maschera di superiorità nei confronti degli altri, per creare agli occhi di se stesso e degli altri una realtà speciale—ma non per forza migliore. “Un narcisista potrebbe arrivare a inventarsi di avere un lavoro prestigioso, oppure, banalmente, di essere andato a cena in un ristorante di lusso—postandolo sui social per colmare il suo profondo senso di inadeguatezza,” spiega Orsi.

E proprio i social hanno un ruolo di amplificazione, perché lì possono essere ciò che vogliono, mostrare sempre il lato migliore di sé, “darsi un tono.” Questo alimenta il senso di inferiorità e la frustrazione di un bugiardo, e lo spinge a mentire ancora di più per superare gli altri, per essere sempre più interessante, per completare i vuoti che la quotidianità, ai suoi occhi spesso noiosa, gli impone.

Diversa, e forse ancora più estrema a livello di percepito—anche se troppo spesso nell’uso comune i due termini vengono confusi—è la situazione del bugiardo patologico. “Questi mente con lo scopo di manipolare l’altro e raggiungere il proprio tornaconto, a scopo totalmente utilitaristico, senza provare alcun rimorso o senso di colpa,” spiega Orsi. “Il disturbo alla base della menzogna patologica potrebbe essere la personalità antisociale.” ll disturbo antisociale di personalità (DAP), denominato anche psicopatia o sociopatia a seconda delle cause, è caratterizzato da inosservanza e violazione dei diritti delle altre persone. La menzogna in questo caso non è automatica, ma è una vera e propria strategia: spesso gli individui sociopatici non riescono a conformarsi né alla legge—commettendo atti illegali come truffa, furto, etc—né alle norme sociali—i loro comportamenti sono spesso disonesti e manipolativi, ad esempio mentono o assumono false identità per trarne vantaggio o piacere.

Comprensibilmente, comportamenti analoghi possono far sorgere difficoltà all’interno di una relazione: i partner, la famiglia, gli amici spesso sono disorientati e arrabbiati alla scoperta di tanta finzione, e non riuscendo a capirne il motivo passano dalla colpevolizzazione di se stessi alla colpevolizzazione del malato. Ma una compulsione, per definizione, serve a far star meglio la persona—e come tale, se resta non scusabile, una volta compresa può essere decolpevolizzata: è infatti necessario comprendere il ruolo che assolvono le bugie per l’individuo (quale parte di sé sta disperatamente cercando di nascondere ai propri occhi e a quelli altrui? quale motivo di sofferenza sta cercando di gestire?).

“[La bugia] è difficile da estirpare perché per me ancora non è un comportamento negativo, è solo un modo per darmi conforto,” conferma Claudia. “Però so che è sbagliato, soprattutto nei confronti di me stessa, perché sminuisce ogni mia singola esperienza di vita e non mi permette di viverla per ciò che è. Per cui io penso che per prima cosa ci si debba rivolgere a uno specialista che ti faccia aprire gli occhi. Poi ci vuole tanto impegno e non nascondersi dietro l’ennesima bugia, ma ammettere a se stessi la realtà.”

Questo articolo—realizzato con l’aiuto di Aurora Arici e Lucrezia Bellinvia, fondatrici del progetto Le Psicologhe—è frutto della collaborazione tra VICE e Non Siamo Soli, un progetto e sito che offre informazioni, consulenza e testimonianze sulla malattia mentale. Ilaria è la fondatrice e art director di Non Siamo Soli. Segui la sua pagina su Facebook. Se pensi di aver bisogno una mano, scrivi a Non Siamo Soli.