Ti senti giù? Potrebbe significare che sei un miglior giudice di te stesso e della realtà in generale.
Si chiama “realismo depressivo”, e sembra voler suggerire che, normalmente, viviamo in una sorta di illusione di felicità che, quando siamo depressi, scivola via. Questa teoria contrasta l’idea che le persone depresse abbiano una visione troppo negativa del mondo: forse, invece, sono proprio loro a vederlo per quello che è.
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Secondo l’Istituto nazionale di salute mentale statunitense, 16 milioni di americani (il 6,7 percento della popolazione) erano depressi nel 2015; la depressione era dunque la malattia mentale più diffusa. Questo significa che più del 90 percento della popolazione invece vive con addosso degli occhiali che abbelliscono quello che vede?
Alcune ricerche sembrano confermare l’ipotesi. Il concetto di realismo depressivo è stato introdotto nel 1979 da uno studio di L.B. Alloy e L.Y. Abramson. In questo studio i ricercatori mettevano davanti a persone depresse e non depresse un pulsante e una luce verde. Poi chiedevano loro di cercare di capire (premendo il pulsante) in che misura le loro risposte controllavano la luce. I partecipanti depressi erano giudici molto più attenti degli altri, che tendevano a pensare di avere un controllo sulla luce molto maggiore
Il realismo depressivo è “considerato un’ipotesi da non scartare per molti psicologi, ma non per tutti,” dice Colin Feltham, professore emerito della Sheffield Hallam University e autore del libro Depressive Realism. Molti studi hanno preso in analisi questa teoria, giungendo a conclusioni diverse, dice.
La teoria del realismo depressivo potrebbe collegarsi ad altre teorie psicologiche, come la teoria della gestione del terrore, dice Feltham. Secondo quest’ultima, alla natura umana è connaturato l’auto-inganno: per evitare di fare i conti con concetti terrificanti come la morte, molti di noi vivono in uno stato di auto-illusione. E forse, quando sei depresso, è solo più difficile raccontartela.
In effetti, secondo alcuni psicologi “un elemento di auto-inganno potrebbe essere necessario per il benessere della persona,” dice Feltham. Le persone depresse non hanno quell’ottimismo fondamentale a spingerci a voler andare avanti in una vita fatta di grattacapi, inutilità, e morte.
Chi sono le persone più prone al realismo depressivo? Introversi, maschi e persone con quozienti intellettivi elevati, spiega Feltham, aggiungendo che fanno parte del gruppo anche e soprattutto le persone con una depressione lieve o media—mentre le persone gravemente depresse soffrono di distorsioni del pensiero più importanti.
Non tutti però sono convinti dal realismo depressivo. Lo psicologo Michael T. Moore, professore alla Adelphi University, ha preso in considerazione 75 studi in materia, con un totale di più di 7.000 partecipanti, ed è giunto alla conclusione che “sicuramente è un fenomeno comprovato, ma le prove dimostrano che si verifica in una ristretta gamma di condizioni,” dice. “Come dire, un orologio rotto comunque segnerà l’ora giusta due volte al giorno.”
Moore pensa che non sia vero che i partecipanti depressi abbiano una visione più accurata della realtà in generale, crede piuttosto che molti studi siano stati involontariamente falsati nelle premesse.
“Se il contesto dell’esperimento è tale che non c’è relazione tra il pulsante e la luce, le persone depresse sono avvantaggiate perché questo conferma la loro visione in qualche modo distorta della realtà, quella per cui succedono cose terribili senza motivo,” spiega Moore. “Questo non significa per forza che sono persone più analitiche in generale, ma che dato un certo tipo di stimoli, possono sembrarlo.”
Non sappiamo, enfatizza Moore, se le persone depresse percepiscono il mondo in modo più corretto. Perché tutti gli studi finora condotti sono troppo simili, dice. Per questo non sappiamo ancora se il realismo depressivo è un fenomeno generalizzabile. Ma è di sicuro un fenomeno importante, visto l’impatto che può avere sul modo in cui preveniamo e curiamo la depressione.
La terapia più usata oggi per la depressione è quella cognitivo-comportamentale, che si basa sull’assunto che il paziente sia triste perché percepisce il mondo in modo sbagliato. Che ricordi solo le cose negative e dimentichi o sbagli a percepire le positive. Questa terapia, aiutando i pazienti a diventare più realistici, dovrebbe aiutarli anche a migliorare.
Ma se il realismo depressivo esiste davvero, la domanda sorge spontanea: la terapia aiuta i pazienti a vedere il mondo per come è? O vuole solo offrire loro delle lenti che abbelliscono la realtà?
Per ora, le uniche prove su cui possiamo contare sono quelle che suggeriscono che le persone mediamente depresse siano più brave a percepire alcuni aspetti della realtà. Non sappiamo se questa cosa vale più in generale. Ma comunque, godetevi i vostri occhiali con il filtro rosa—potrebbero essere il segno di una solida salute mentale.
Questo articolo è tratto da Tonic.