Nel luglio 2015, la sonda New Horizons è stata la prima sonda spaziale a esplorare Plutone e le sue lune dopo aver abbandonato quasi dieci anni prima la Terra. Tre anni dopo, New Horizons continua a fare scoperte sul Sistema Solare esterno, questa volta confermando le osservazioni di quella che sembra essere una megastruttura a idrogeno rilevata per la prima volta dalla sonda spaziale Voyager quasi 30 anni fa — la cosiddetta eliosfera.
Come spiegato in un paper pubblicato su Geophysical Research Letters, la New Horizons ha rilevato la presenza di luce ultravioletta. Diversi fisici pensano che questa derivi da un ”bolla” di idrogeno collocata ai margini del nostro Sistema Solare. In altre parole, se paragonassimo il Sistema Solare a una sorta di uovo, è come se New Horizons avesse appena esaminato quello che potrebbe essere il suo guscio.
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Il Sole emette costantemente particelle ionizzate definite come ”vento solare,” questo crea una bolla intorno al sistema solare che si estende per circa 10 miliardi di chilometri di distanza dal Sole. La teoria principale sull’origine di questi raggi ultravioletti sostiene che quando gli atomi di idrogeno interstellari neutri incontrano questa bolla — chiamata eliosfera — questi rallentano e cominciano ad accumularsi intorno alla soglia dello spazio di influenza del Sole. Questa parete di particelle di idrogeno interstellare — nota come eliopausa — dovrebbe disperdere la luce ultravioletta in un modo particolare che è stato osservato proprio dalla Voyager nel 1992.
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New Horizons è la prima sonda spaziale dopo le Voyager 1 e 2 ad osservare questa luce ultravioletta, anche se la sua sorgente è ancora tutt’altro che definita. Nel caso in cui questa non dovesse costituire la prova della presenza di una barriera di idrogeno collocata nella zona limite tra l’area di influenza del Sole e lo spazio interstellare, allora gli astronomi dovrebbero fornire una spiegazione alternativa al motivo per cui questa luce ultravioletta viene osservata in un punto così lontano dal Sole. A partire dal prossimo anno, la New Horizons inizierà a verificare la presenza di raggi ultravioletti nel muro di idrogeno due volte all’anno per il resto della sua missione, che dovrebbe durare ancora tra i dieci e i vent’anni. Questo aiuterà a determinare se la barriera esiste realmente, o se Voyager e New Horizons hanno osservato un fenomeno la cui spiegazione va ricercata in altre dinamiche della Galassia.
Questo articolo è comparso originariamente su Motherboard US.