Forse stiamo finalmente per liberarci di Andrea Diprè


Andrea Diprè e Sara Tommasi. Foto via

Venerdì mattina, come molti altri italiani, mi sono svegliato apprendendo una buona notizia, arrivata in realtà già ieri sera: quella della chiusura della pagina Facebook di Andrea Diprè—il critico d’arte-fenomeno di internet accusato di essere uno sfruttatore e un manipolatore senza scrupoli, nonché (ex) idolo di una generazione di giovani italiani che vanno alle sue ospitate in discoteca e non vedono l’ora di farsi una foto con lui.

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Al momento della chiusura, la pagina aveva centinaia di migliaia di fan ed era molto seguita, anche se da un po’ di tempo a questa parte la fortuna mediatica del personaggio era in declino.

[Aggiornamento: il 6 giugno, la pagina Facebook di Diprè è tornata online]

La chiusura della pagina è arrivata in seguito alle recenti polemiche sorte dopo che Diprè aveva annunciato la sua intenzione di sposare Sara Tommasi. In quell’occasione, l’ex fidanzato della Tommasi aveva scritto una lettera aperta in cui parlava dei problemi mentali della trentatreenne—sostenendo che questa soffrirebbe di un disturbo bipolare probabilmente non curato e in costante peggioramento, farebbe uso di droghe e avrebbe gravi problemi familiari—mentre Selvaggia Lucarelli, amica della Tommasi, aveva parlato di Diprè come di “uno specialista dello sfruttamento dei casi umani” pronto a usare le debolezze e i problemi delle persone per un po’ di visibilità.

Una definizione abbastanza appropriata della carriera del personaggio, che del resto non ha mai fatto nulla per nascondersi da critiche di questo tipo. Ma questa vicenda è solo l’ultimo tassello della parabola discendente di Diprè che, da quando l’attenzione mediatica sulla sua figura è iniziata a scemare, ha cercato in tutti i modi di ravvivarla spingendosi sempre di più all’eccesso.

Uno dei primi video di Diprè diventati virali è quello in cui “l’avvocato” presentava l’artista Osvaldo Paniccia. A quel tempo Diprè era semplicemente un simil critico d’arte che, dietro compenso, recensiva le opere di pittori e scultori sconosciuti. Nel video si può vedere Diprè mentre tenta di improvissare un’analisi dei quadri di Paniccia e di strappare qualche commento a un uomo anziano che non riesce ad articolare bene le parole e spesso rimane fermo a fissare il vuoto.

E si può dire era stato proprio a causa delle espressioni facciali di Paniccia che Diprè è diventato famoso: in pochi giorni erano spuntate ovunque delle pagine Facebook ironiche, e le espressioni utilizzate da Diprè erano diventate una specie di marchio di fabbrica.

Da allora Diprè ha intrapreso quella specie di parabola trash che lo ha portato dalle case di pittori dilettanti a quella di qualsiasi fenomeno di internet che potesse permettergli di poter continuare a esasperare all’infinito il tono di quell’intervista. È riuscito a trasformare questa cosa in un lavoro, diventando una specie di talent scout per casi umani.

Alla costante ricerca delle visite e della viralità, i suoi video erano diventati sempre più tremendi, andando a coinvolgere i principali “freak” d’Italia, persone che in alcuni casi più che di attenzione avrebbero bisogno di aiuto—da lui sempre presentati come artisti, la cui opera era la loro stessa esistenza ai limiti dell’assurdo. Così, al suo fianco avevano sfilato l’uomo convinto di avere una vagina al posto dell’ano, il tizio che canta in metropolitana a Milano, la donna convinta di aver fatto sesso con gli alieni, la ragazza che si ciba solo di sperma e molti altri personaggi di questo tipo, che sembravano usciti da una scena di Canti del caos. Alla fine, pur di far parlare di sé, era arrivato persino a pubblicare video in cui pippava cocaina da un cadavere o in cui tentava di procurarsi delle prostitute a Los Angeles.

Il video di Diprè con Rosario Muniz, l’uomo convinto di avere una vagina al posto dell’ano, definito da Diprè “un mostro autentico,” “atroce,” “la dimostrazione dello schifo totale”.

Del resto, era lo stesso Diprè ad ammettere che l’unica cosa che gli interessava era che si parlasse di lui. In un’intervista di qualche tempo fa aveva definito i suoi “artisti” dei “miserabili” che non avrebbe “neanche avvicinato a un km di distanza,” dicendo che a interessargli erano solo i soldi che questi potevano dargli in cambio della visibilità: “Quando andavo dagli artisti mi avrebbero dato non 20 mila euro, ma la casa. Io gli facevo capire che meritavano tutto, facevo leva sul loro ego gigantesco. Addirittura mi ricordo a Modena uno che faceva il panettiere mi firmò assegni postdatati per 300 mila euro che non pagherà mai. Il figlio urlò, ‘Ma papà i tuoi quadri fanno schifo!’ Lo mandò via incazzandosi.”

Insomma, tutta la “carriera” mediatica di Diprè è sempre stata basata su una certa forma di sfruttamento. All’inizio però, dato che non era così palese, la gente che lo seguiva faceva finta di ignorare questi aspetti, preferendo ridere del suo personaggio e del modo in cui metteva in ridicolo le ambizioni e gli ego delle persone che intervistava.

Il video che ha lanciato la carriera di Diprè, in cui presenta il pittore Osvaldo Paniccia

Più avanti, però, quando queste dinamiche si sono fatte troppo palesi per poter essere ignorate, la reazione di molti è stata di disgusto e ribrezzo. È a quel punto che era cominciato il declino del personaggio di Diprè, a cui lui aveva risposto cercando di spingersi sempre più in là, innescando un specie di circolo vizioso.

Allo stesso tempo, però, in molti non avevano provato lo stesso disgusto, e anzi c’era persino chi lo aveva incensato, celebrandone la capacità di “andare oltre il trash” ed essere “un missionario della miseria,” perché “il male esiste, ma metterlo in mostra è la vera colpa.” Come se questi non avesse alcun controllo né alcuna responsabilità sui messaggi che fa passare.

Che quella di Diprè sia una figura quantomeno controversa è un’ovvietà, così com’è un’ovvietà che la sua influenza non si limiti all’uso di parole come “catafratto” e “sibaritico”.

La cosa meno ovvia e più inquietante, però, è che ci sia così tanta gente che non lo critica o che arriva addirittura a stimarlo in virtù di un presunto “coraggio” di indagare il lato oscuro dell’umanità—sollevandolo totalmente da ogni responsabilità delle sue azioni e anzi riversando queste stesse responsabilità sulla realtà che mostra.

A differenza di ciò che sostengono quelli che lo incensano, Diprè non “mostra il male” del nostro mondo, ma fa ben di più: lo trasforma in un modello da seguire—e questo neanche per nichilismo, ma solo per interesse personale. Del resto, lui stesso si professa a favore dell’ignoranza più totale, dice di ridere in faccia agli intellettuali e odia vedere film e leggere libri.

Alla luce di tutto questo—e del fatto che Andrea Diprè non ha mai fatto ridere; o meglio, non ha mai fatto ridere le persone con un minimo di intelligenza e di decenza—dovremmo essere tutti ben felici del fatto che la sua pagina Facebook, il suo canale di comunicazione primario, sia stata chiusa. Certo, ne ha già aperta un’altra [al 6 giugno, offiline], e anche così gli restano ancora un canale YouTube e profilo Twitter con 2 milioni di follower da cui diffondere i suoi video con Sara Tommasi, ma è comunque un primo passo. Forse stiamo finalmente per liberarci di lui. Una cosa che avremmo dovuto fare tanto tempo fa, e il fatto che ciò non sia accaduto la dice lunga su quanto siamo ormai anestetizzati.

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