Cibo

Ho chiesto a 3 ragazzi come vivono i divieti alimentari della loro religione

I miei bisnonni sono le uniche persone che abbia mai visto rispettare il venerdì di magro. Dove con “di magro” si intendeva pastasciutta con abbondante spolverata di Parmigiano, polenta e baccalà, formaggi in abbondanza. Vino. Dolce opzionale ma sempre gradito. Difficile associare quello cene all’idea di sacrificio con cui originariamente nasce l’usanza del venerdì di magro, ma per loro, bolognesi di nascita, spirito e stomaco, rinunciare al ragù – fosse anche solo per un giorno – costituiva una penitenza sufficiente.
A parte i miei bisnonni, appunto, non ho mai conosciuto nessun altro che si negasse qualcosa per la religione. Lo stesso discorso vale per la Quaresima: certo c’era qualche compagna di università in odore di gruppo evangelico che rinunciava alla cioccolata per 40 giorni (suscitando sempre il sospetto fosse spinta più da esigenze dietistiche che da intenzioni pie), ma per il resto non avevo amici o conoscenti che digiunassero per motivi cristiani., o quantomeno seguisse un’alimentazione più sobria, nei giorni precedenti la Pasqua.

Il cattolicesimo, sviluppatosi nel ventre pasciuto e sempre affamato dell’Italia, è una religione che di restrizioni alimentari ne ha sempre imposte poche e con un certo qual lassismo.

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Per questo abbiamo pensato di parlare con tre ragazzi che si trovano – o si sono trovati a – affrontare le divieti alimentari della loro religione, diversa da quella cattolica, in un contesto sociale, economico e culturale come quello italiano.
Abbiamo parlato con Alia musulmana di origini siriane, Dor ragazzo isreliano e Riccardo (nome di fantasia), ex Testimone di Geova.


Se devo essere sincera non ho assolutamente voglia di assaggiare gli alcolici. Sarei curiosa della sensazione dello sballo, ma ho paura della dipendenza

Aia ©Alice Gemignani

Aia ha vissuto fra Bologna e la Siria, ed è nata in Italia. In attesa di laurearsi, è sposata con un connazionale.

MUNCHIES: Cosa ti pesa di più delle restrizioni alimentari della tua religione?

Aia: Mangiare fuori è un problema. Dovunque vado dovrei chiedere se nell’impasto del pane c’è lo strutto – di recente ho scoperto che a Bologna lo mettono anche nell’impasto della pizza! – o se qualcosa è stato cotto con il vino. Mio marito è poco fiscale, sostiene che l’alcol in cottura evapori: io preferisco chiedere, mentre lascio perdere sul pane. Anche sulla carne non sono fiscale, la mangio ovunque e spesso mi trovo meglio a prenderla al supermercato piuttosto che alle macellerie halal (che prevede la totale perdita di sangue dell’animale utilizzando metodi il più possibile indolori). Alla fine non vedo il macellaio islamico che macella, devo andare sulla fiducia, mentre se fossi in Siria sarei sicura che seguissero le regole.

Se devo essere sincera non ho assolutamente voglia di assaggiare gli alcolici. Sarei curiosa della sensazione dello sballo, ma ho paura della dipendenza. Il Corano ti dà delle leggi proprio perché non tutti si sanno regolare e tendono a eccedere. Alla base c’è sempre un discorso salutistico. Io ho scelto così ma, ad esempio, alcuni amici sono meno rigidi, bevono alcolici e se vanno in giro un panino con il salame se lo mangiano. Per noi la carne di maiale è impura, contaminata, quindi vietata dal Corano: c’è chi dice abbiano iniziato a vietarla perché troppo grassa, non adatta a un clima caldo. Non solo la carne è vietata ma anche tutti i derivati, come la gelatina usata nelle caramelle. Io personalmente quando ho voglia di caramelle gommose le compro senza controllare troppo gli ingredienti.

Durante il pranzo con Aia ©Alice Gemignani

Come funziona durante il Ramadan?
Durante il digiuno bisogna stare senza cibo, acqua, fumo e rapporti sessuali dall’alba al tramontoÈ un modo per avvicinarci a Dio, allenare la nostra pazienza e resistenza. Ogni anno il Ramadan anticipa di 10 giorni, quindi ha cadenza diversa.
Qui a Bologna è una tortura. Negli ultimi anni, soprattutto adesso che cade d’estate, è solo una privazione e manca l’aspetto spirituale che senti in un paese arabo. Quest’anno il dottore per ragioni di salute mi ha bacchettata e dopo venti giorni ho dovuto smettere: fino a quel momento avevo resistito ma era stato difficilissimo, stavo in casa senza forze. Penso spesso a quello che trasmetterò un giorno a mio figlio: come farò ad esempio a parlargli dell’importanza del Ramadan? Glielo spiegherò solo come una dieta che serve a depurare il corpo? Io ho avuto l’opportunità di vedere la Siria, lui non so se l’avrà.

©Alice Gemignani

In teoria dovresti aspettare sei ore dopo aver mangiato carne prima di mangiare formaggio: un mio amico se ne è fissate autonomamente tre.

Dor ©Alice Gemignani

Dor ha 26 anni ed è nato e cresciuto in Israele. È arrivato a Bologna un anno fa per studiare Medicina.

MUNCHIES: Cosa ti pesa di più delle restrizioni alimentari della tua religione?
Dor: La mia famiglia non è religiosa ma rispettiamo tutte le tradizioni: ci riuniamo per per le celebrazioni annuali e ogni venerdì sera. Io mi considero jewish, ebreo, in relazione alla nazione e non alla religione. Ogni anno pratico lo Yom Kippur, il digiuno rituale, che normalmente cade tra settembre e ottobre, dura 25 ore e ha lo scopo di chiedere a Dio il perdono dei nostri peccati. Si fa un pasto con tutta la famiglia – qui a Bologna con i miei amici – all’inizio e alla fine, in mezzo non si mangia né si beve. In teoria non dovremmo nemmeno usare l’elettricità, perché lo scopo dello Yom Kippur sarebbe purificarsi da qualsiasi piacere terreno, ma io lo faccio. Un’altra tradizione che abbiamo mantenuto noi studenti israeliani, che a Bologna siamo qualche centinaio, è il Seder di Pesach, la cena di Pasqua. Leggiamo ad alta voce parti della Haggadah, la storia della nostra fuga dall’Egitto, e sulla tavola mettiamo piatti che la rappresentano: ossa di agnello o gallina spolpate per ricordare il sacrificio pasquale, verdure amare come è stato amaro il nostro periodo di schiavitù. Bisogna bere quattro bicchieri di vino a testa, ognuno è un simbolo delle espressioni con cui Dio si è rivolto a Mosè.

©Alice Gemignani

Tu e i tuoi amici mangiate solo cibo kosher?
Tra gli studenti che studiano con me alcuni mangiano kosher anche se non sono religiosi. Ognuno però adatta le regole a suo modo. In teoria dovresti aspettare sei ore dopo aver mangiato carne prima di mangiare formaggio: un mio amico se ne è fissate autonomamente tre. Per noi è una questione di tradizione, di fare come facevano nostro padre o nostro nonno, e così indietro per migliaia di anni, anche durante l’Olocausto.


L’unico vero divieto alimentare per i Testimoni di Geova è mangiare la carne non debitamente dissanguata. È lo stesso discorso delle trasfusioni.

©Alice Gemignani

Riccardo (nome di fantasia) ha 29 anni ed è stato Testimone di Geova fino ai 19 anni. I suoi genitori si sono conosciuti all’interno dell’associazione, di cui fanno ancora parte insieme alla sorella.

MUNCHIES: Cosa ti pesa di più delle restrizioni alimentari della tua religione?
Riccardo: Tra i Testimoni non esistono restrizioni obbligatorie, bensì linee guida basate sulla loro interpretazione della Bibbia. Non tutte le trasgressioni sono sullo stesso livello: per cose come il sesso prima del matrimonio, se vieni scoperto, corri il rischio di essere allontanato. Quando sei un ragazzino ti consigliano amicizie all’interno dei Testimoni per non essere tratto in tentazione. Io ho avuto un’adolescenza tranquilla, ma penso sia stato più per indole personale: ero relativamente libero, mentre alcuni miei amici Testimoni non potevano proprio uscire. Tutto ruota intorno al discorso della moderazione, di evitare eccessi e cose che ti possano fare male come droghe o alcolici.

I Testimoni di Geova non celebrano né i compleanni né il Natale perché l’unica ricorrenza che va celebrata è la morte di Cristo. Per il mio compleanno al massimo i miei genitori mi dicono “Oh, hai compiuto gli anni, grande!” e si fa una cena in famiglia. Da piccolo non potevo partecipare alle feste degli amichetti, ma non mi è mai pesato particolarmente. Non possiamo mangiare nessun cibo legato alle celebrazioni come panettoni, torte di compleanno oppure uova di Pasqua. Puoi comprarli tranquillamente se ti piace il sapore, però in altri momenti dell’anno, non per celebrare.
L’unico vero divieto alimentare – ma è una piccolezza – è mangiare la carne non debitamente dissanguata. È lo stesso discorso delle trasfusioni: per i Testimoni il sangue è sacro e rappresenta la vita, se mangi il sangue di un animale stai inserendo qualcosa di impuro dentro di te. Io non ho mai mangiato carne al sangue perché proprio non mi piace, in generale al ristorante i Testimoni ordinano sempre carne ben cotta.

Queste restrizioni ti sono pesate molto?
È ovvio che alcune cose ti pesano quando sei piccolo, alcune mi pesano ancora adesso: mi trovo in difficoltà con i rapporti umani, do più importanza a certe cose di quanto facciano gli altri. Adesso ad esempio sto frequentando una ragazza fidanzata e sto impazzendo, mentre se fossi cresciuto in un ambiente “più libertino” riuscirei a gestire meglio i rapporti con l’altro sesso. Sono una persona curiosa e, anche per reazione alle restrizioni di quando ero adolescente, ho sperimentato diverse cose: alcolici, droghe leggere, sesso occasionale – ma quest’ultimo non fa decisamente per me. Comunque se tutti applicassimo la metà dei principi che ci sono nella Bibbia staremmo molto meglio.

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