Música

Com’è davvero suonare in una cover band

“Ehi raga, ma voi fate anche pezzi vostri?” Se mi avessero dato un euro per ogni volta che ho fatto questa domanda, oggi sarei un milionario del cazzo. Negli ultimi tempi mi sono trovato a discutere più di una volta con gente sconosciuta che suona in una cover band e mi sono convinto che per quelli come loro le possibilità di suonare pezzi che non siano stati scritti da altre persone sono davvero bassissime.

Mi spiego meglio: ho passato gli ultimi dieci anni della mia vita in tour con la mia band e di gente ne ho conosciuta davvero tanta, ma non c’è stata mai una volta che io sia riuscito a comprendere il segreto di chi suona cover di altri gruppi. Un giorno, però, ho avuto una rivelazione: a chi suona in una cover band è seriamente preclusa qualsiasi cosa che somigli anche solo vagamente a un atto di creazione… Un’illuminazione simile l’avevo avuta solo in un’altra occasione, quando mi convinsi del fatto che NESSUNO in realtà avesse mai ascoltato davvero il rock da classifica e il NU METAL (eh già), poi però mi sono accordo che esiste tutto un mondo fuori dalla mia mente e dalla mia scena musicale, e che questo mondo ospitava molte più persone di quante non credessi. Restava ancora una domanda: perché quella parte dello showbiz mi era così estranea? La risposta a questo interrogativo mi fece scoprire tantissime cose, fra cui il fatto che le cover band di solito fanno un bel po’ di soldi suonando nella stessa città ogni weekend, senza finire per forza sommersi dallo stress da tour o dall’ansia che i nuovi brani piacciano abbastanza. Ma questi ragazzi hanno delle aspirazioni, degli ideali? O cercano solo di fare due soldi in santa pace? Quale modo migliore per darmi una risposta, se non immergersi nel fantastico mondo delle cover band?

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La prima domanda che dobbiamo porci è: perché le cover band fanno in media più soldi di tutte le altre band locali? La risposta è questa: l’alcol, le cover band—a parte quelle da oratorio—non suonano mai in locali che non servono alcolici, la maggior parte dei pubconcentra le serate speciali in alcuni giorni della settimana, dove le consumazioni costano meno o sono tematiche, e sono eventi a cui magari va anche un sacco di gente. Il problema sono tutti gli altri giorni, quando quei posti restano completamente deserti. Ecco, uno dei modi più sicuri per richiamare un po’ di clientela senza dover per forza ricorrere allo strumento di tortura legalizzato chiamato karaoke, è ingaggiare un musicista da piano bar o una cover band, a seconda dello stile del locale. Che si tratti di un piccolo pub di paese o di un cocktail bar più serio, i gestori hanno sempre un solo obiettivo: spendere soldi per musica che faccia divertire le persone, affinché queste passino un sacco di tempo nel locale, consumando tantissimo. Qualsiasi genere va bene, dai Led Zeppelin al blues al raggae, e se poi la band vanta un buon numero di fan, be’… a quel punto è fatta: la serata è tutta in discesa. Da quanto mi hanno raccontato alcuni amici che lavorano nel settore, una cover band può guadagnare dai trecento ai cinquecento dollari a serata, e se sei abbastanza bravo e vuoi fare davvero i soldi, la svolta definitiva sono ovviamente i matrimoni. Al mondo ci sono persone che per sposarsi investono dei budget stratosferici quindi, se tu e la tua band siete abbastanza pro, potreste riuscire senza fatica a fare un concerto a settimana. Il patto è semplice: più suoni musica che non ha scritto tu, più ci sono possibilità di venire ricoperto di cash.

AC/DShe

Ci ho messo un po’ prima di decidermi, ma alla fine l’ho fatto: io e alcuni amici che suonano in band piuttosto famose abbiamo messo insieme una cover band specializzata in pezzi anni Novanta. Ci facevamo chiamare Salute Your Shorts ed eravamo tutti super fan di quello che le radio passavano in quegli anni, del resto, eravamo tutti cresciuti con suoni di quel tipo e riprodurli non ci sembrava poi così complicato. Abbiamo messo su un set di quarantacinque minuti in pochissimo tempo, e cominciato a suonare a tutti gli eventi più strani, dal party privato di un’azienda a caso a una festa di San Patrizio davanti a non più di venti persone. Le volte che suonavamo nel nostro habitat naturale—un piccolo club che passava quasi solo punk rock—ci sentivamo davvero a nostro agio, ma quando ci capitò di suonare in un locale a tema anni Novanta, ci accorgemmo di avere esagerato. Una volta, invece, ci trovammo a suonare in un ristorante italiano per una festa aziendale organizzata dalla moglie di mio fratello: la sala era piena di vecchi che, non appena iniziammo a suonare, se ne andarono in tutta fretta, ma ci pagarono comunque cinquecento dollari. Un’altra volta, suonammo verso le undici del mattino davanti a degli amici e qualche sconosciuto. Non saranno state più di quindici persone, fu davvero scoraggiante… L’unico modo per portare a termine quell’esperienza era pensare al fatto che comunque ci avrebbero pagati. Sono soldi facili, è vero, il casino infatti non è questo ma fare i conti con il proprio senso morale che, venendo dal mondo della musica originale, ha presunzioni di superiorità.

Vi starete chiedendo: esiste gente famosa che milita in qualche cover band? La risposta la potete immaginare: certo che sì! Prendete i Rick K And The Allnighters, tra le cui fila milita il famossissmo “Drummer At The Wrong Gig“, ragazzi che lavoravano sodo (al punto da fare tra i centocinquanta e i duecento concerti l’anno) e venivano pagati piuttosto bene. Non immaginatevi rockstar che suonano negli stadi, non è così, però almeno riuscivano ad avere uno stipendio fisso grazie al semplice fatto di suonare in concerto pezzi di altre band. Poi di cose strane ne capitano sempre, in giro: per esempio i Journey e i Judas Priest hanno entrambi trovato un nuovo cantante in una tributer band, proprio come nel film Rock Star. Morale: se sei abbastanza bravo a imitare lo stile e il sound di una band, puoi sempre sperare di finire nel tuo gruppo preferito. A proposito di Rock Star e di Steel Dragon, una delle prime band che a L.A. cominciò a specializzarsi solo nelle cover di altri gruppi, furono gli Steel Panther: suonavano fissi al Key Club con un repertorio quasi esclusivamente Hair Metal, e diventarono talmente famosi in così poco tempo da trasformarsi nell’attrazione principale del club. A volte capitava anche che qualcuno di famoso salisse con loro sul palco per suonare assieme qualche pezzo, ma oggi gli Steel Panther suonano solo brani originali e fanno tour in tutto il mondo.

The Molly Ringwalds

Andiamo però al succo della questione: come per tutte le band che tentano di farcela, anche la vita delle cover band può essere piuttosto difficile. Non fatico a immaginare una cover band alle prime armi che suona tutti i sabati in un bar sconosciuto, nella speranza di avere qualche consumazione gratis e di guadagnare ottanta dollari a testa se va bene, senza spenderli nel frattempo a forza di ordinare mozzarelle fritte. È assai più raro trovarsi di fronte a gruppi davvero straordinari, con strumenti pazzeschi e una botta tale da far tremare tutto il locale. Altre volte ancora, capita di finire in un posto dalle luci soffuse, con le persone che chiacchierano animatamente e una band in un angolo che esegue una versione strappalacrime di “Stairway To Heaven” nella vaga speranza di farsi notare. In ogni caso la gratificazione immediata arriva dal sapere che tutti i pezzi che suoni sono, o sono stati, delle hit. Questa è anche la ragione per cui non vedrete mai delle band punk o hardcore suonare ogni settimana nei bar sport: la gente vuole solo cose carine che facciano stare bene, le cover band adempiono perfettamente allo scopo e in più hanno dei cachet davvero bassi.

Il mio coinquilino Eric, che proprio di recente ha lasciato la sua cover band, una volta mi ha detto una cosa saggia davvero illuminante, un’aforisma che recitava più o meno così: “Quando dici ‘faccio una serata’ significa che lo fai per i soldi, quando invece dici ‘faccio un concerto’ oppure ‘suono in tour’, vuol dire che lo fai per passione.” Ecco, dopo aver sentito questa frase ho capito che non avrei mai potuto fare una vita di quel tipo, passata a suonare musica scritta da altre persone. Non solo, ho capito anche che, nonostante porti tatuata su di me la scritta (ironica) “gig life” [“una vita a far serata”, n.d.t ], quella vita non fa proprio per me. Quando suoni solo le tue cose, capita spesso di passare momenti molto negativi e, credetemi, la maggior parte delle volte sono cose che non passano tanto rapidamente. Ma se la tua musica inizia ad andare bene, cazzo, quella sì che è una vera bomba! Io con la mia musica ho girato il mondo intero e, anche se i soldi che ho messo da parte non sono moltissii, ho conosciuto un’infinità di persone e di storie. Ecco, io sono così, e questo è quello che mi piace fare. È vero, sulla carta, mettere in piedi una cover band sembra la scelta migliore: non devi scrivere nuovi pezzi, puoi suonare sempre nuovi generi e migliorare la tua tecnica ed essere pagato a fine giornata per fare il lavoro che ami.

Però ogni volta che mi viene fatta la classica domanda: “Ma voi fate pezzi vostri?” non riesco a non rispondere con una punta di orgoglio: “Zio, noi facciamo SOLO pezzi nostri.”