La versione comunista del Signore degli Anelli che spopolava in Unione Sovietica

Qualche anno fa, sull’internet dei paesi dell’ex blocco sovietico, si è diffuso un “meme” molto particolare. Si trattava di una presunta recensione del Signore degli anelli comparsa nel 1977 sul Rudé pràvo, l’organo ufficiale del Partito Comunista Cecoslovacco, in cui si denunciava il libro di Tolkien come un’opera di propaganda borghese e imperialista mascherata da fantasy. 

“Il Regno del Male che erutta fumo e cenere è ovviamente collocato a est. La classe lavoratrice, che si unisce per costruire un settore industriale con il sudore della sua fronte, è dipinta come un’orda di orchi malvagi e ribelli (…) Quelli che vivono a ovest—in terre sature di latte e miele—e che sono detti elfi (ossia, l’aristocrazia), uomini (la borghesia) e hobbit (i contadini), vivono invece un’esistenza prospera (anche se non viene mai spiegato come ci riescano) in cui l’unico problema è la ‘minaccia’ proveniente da est.”

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La recensione in questione si è poi dimostrata falsa, ma non è questo il punto. Il punto è che era esattamente il genere di cosa che un quotidiano comunista avrebbe potuto (o dovuto) scrivere del Signore degli anelli negli anni Settanta—tanto che in effetti il falso sembra aver attinto a un vero articolo pubblicato in Polonia nel 1971. Perché i regimi comunisti avevano effettivamente un problema con Tolkien e con Il signore degli anelli. Mentre Lo hobbit è stato pubblicato in diverse edizioni in tutto il blocco sovietico, infatti, Il signore degli anelli ha avuto una storia diversa: il primo volume della trilogia è comparso alla fine degli anni Settanta, ma poi la pubblicazione si è fermata. Come ha spiegato in un’intervista il traduttore dell’edizione ceca, una saga in cui dei piccoli uomini si univano per distruggere un impero malvagio situato a est era politicamente inaccettabile—e infatti il secondo e il terzo volume sarebbero usciti in URSS solo alla fine degli anni Ottanta, con la “perestrojka.” A quel punto, ad aspettarli ci sarebbe stato già un pubblico parecchio vasto di fanatici di Tolkien, molti dei quali avevano già letto Il signore degli anelli in lingua originale.

Di questa sottocultura faceva parte anche Kirill Eskov. In Russia, Eskov è piuttosto noto come prominente biologo, autore di studi sulla tundra siberiana, scopritore di diverse specie di ragni e autore di alcuni testi di biologia adottati nelle scuole. Fuori dal suo campo di studi specifico, però, Eskov è molto più famoso per essere l’autore di The Last Ringbearer [in originale После́дний кольцено́сец utilizzo il titolo inglese perché non esiste ancora un’edizione italiana], la più celebre tra le tante riscritture in chiave politica dell’opera di Tolkien.

Del resto, che un libro simile avrebbe avuto successo nella Russia post-comunista era quasi scontato. La pubblicazione in Unione Sovietica de Lo hobbit e del primo volume del Signore degli anelli e il ritardo decennale nella pubblicazione degli altri due volumi avevano fatto nascere una vasta sottocultura tolkieniana che per un lungo periodo, visto che non poteva avere gli originali, si era nutrita di testi apocrifi e riscritture. Il risultato finale era che nella Russia degli anni Novanta esisteva un vero e proprio filone di versioni apocrife del Signore degli anelli—romanzi che condividevano con l’originale l’ambientazione e in alcuni casi anche parte della trama e dei personaggi, ma che salvo questo erano libri completamente diversi.

Tutti questi testi sono qualcosa a metà tra i vangeli apocrifi e le moderne fanfiction. Alcuni dei titoli più noti di questa particolare sottocultura sono The Black Book of Arda di Nataliya Vassilyeva, che racconta Il Silmarillion dal punto di vista di Melkor ed è stato pubblicato in due edizioni nel 1995 e nel 2000; Beyond the Dawn della scrittrice ucraina Olga Chigirinskaya, che rivede la storia di Beren e Luthien e la serie Ring of Darkness di Nick Perumov, molto criticata dagli appassionati di Tolkien ma che negli anni Novanta ha venduto oltre 100.000 copie.

Circa 15 anni fa, Eskov stava rileggendo Il signore degli anelli, quando si è accorto di alcune incongruenze di natura prevalentemente geografica e geologica sulla Terra di Mezzo presenti nel testo originale. Così, ha iniziato a sottolineare, annotare a margine e correggere gli errori. Presto, i margini del libro non gli erano bastati più.

Secondo Eskov, se il testo di Tolkien fosse un documento storico, esaminandolo attentamente rivelerebbe che le cose non sono andate proprio come vengono narrate. La leggenda romantica della Compagnia dell’Anello, del suo viaggio verso Monte Fato e la storia della Guerra dell’anello sarebbero in realtà il frutto di un’enorme manipolazione storica. Insomma, la storia è stata scritta dai vincitori. E proprio come la storia col tempo diventa mito, gli elementi fantastici nel Signore degli Anelli possono essere visti come metafora di dinamiche sociali di quell’epoca. Proprio per questo non avrebbe senso identificare nella malvagità intrinseca di Mordor e nell’eterno scontro tra il bene e il male le cause scatenanti della guerra. In realtà questa sarebbe stata causata da due visioni del mondo diverse e in conflitto: il mondo dell’aristocrazia rurale e del feudalesimo, i cui leader vogliono mantenere lo status quo, e il mondo del progresso tecnologico, all’alba di una rivoluzione industriale.

Il libro di Tolkien non è soltanto un romanzo: per la sua pretesa di creare un mondo internamente coerente, lo si può leggere alla stregua di un documento storico. Se lo si analizza in questo senso, però, emergono tutta una serie di omissioni e incongruenze che fanno pensare a una manipolazione. L’utilizzo della narrativa escatologica dello scontro tra bene e male servirebbe proprio a nascondere questa manipolazione, rivestendo l’intera vicenda di toni epici per occultare il più possibile le sue sembianze reali. Ma se è così, se lo scontro tra bene e male è una sovrastruttura, allora anche il contesto in cui questo scontro nasce e si svolge, i suoi protagonisti e tutto il retroterra culturale che lo ospita possono essere letti allo stesso modo.

È da qui che nasce l’interpretazione propagandistica di Eskov, che vede l’intero romanzo come un pamphlet filo-occidentale; ed è da qui che nasce la sua intenzione di ribaltarlo e di demistificarlo. Così, pian piano, Eskov aveva iniziato a correggere, annotare e buttare giù idee per rivedere tutto il testo sulla base di questa intuizione di partenza. Era l’inizio di un lavoro che lo avrebbe impegnato per quattro anni, portandolo alla fine a creare quello che era ben più di una semplice riscrittura della storia da un altro punto di vista, ma proprio un altro libro: The Last Ringbearer. Quando The Last Ringbearer è stato pubblicato per la prima volta in Russia, nel 1999, il pubblico è impazzito. Il libro ha avuto un successo praticamente istantaneo ed è subito stato tradotto in altre 13 nazioni. I critici dell’epoca l’hanno descritto come “un’avventura energetica e ben scritta che offre un punto di vista intrigante sulla morale iper-semplificata del capolavoro di Tolkien.”

“A quanto ne so, Tolkien stesso ha sempre smentito che Il signore degli anelli fosse un pamphlet politico mascherato,” mi ha detto Eskov quando l’ho contattato via email, mentre si trovava in Tasmania per una spedizione di ricerca. “Allo stesso tempo, però, il libro è stato scritto in piena guerra fredda, e leggendo la trama è difficile credergli del tutto.” E in effetti, per quanto possa essere stata smentita, l’identificazione di Sauron con Stalin e della Compagnia dell’Anello con la NATO è sempre sembrata quantomeno plausibile. Un’impressione confermata se si osserva la visione politica di Tolkien, che era contrario a ogni totalitarismo ma che era fondamentalmente un conservatore—per esempio, durante la guerra civile spagnola aveva preso le parti di Franco.

Forse è anche per questo che molti ancora oggi continuano a considerare Il signore degli anelli come un testo eurocentrico e fondamentalmente di destra, tanto da essere adottato come “testo sacro” da molti gruppi neofascisti e neonazisti europei. L’operazione fatta da Eskov è importante perché smaschera l’intento politico—forse inconsapevole e involontario, ma di certo reso esplicito dalle circostanze—di fondo del romanzo di Tolkien. Come già detto, la trama di The Last Ringbearer non c’entra nulla con quella del ciclo di Tolkien. Il libro di Eskov inizia proprio nel momento in cui si interrompe la narrazione originale: l’anello è stato distrutto, le forze degli uomini e degli elfi guidate da Aragorn e Gandalf hanno sconfitto quelle di Mordor in battaglia. Questi stessi avvenimenti, però, vengono raccontati in una luce diversa: l’epica tolkeniana cede il passo al racconto di devastazioni e saccheggi compiuti dalle forze che nel testo originale sono identificate con il “bene.”

Dopo aver riassunto tutto questo, il libro di Eskov segue le vicende di Haladdin e Tzerlag, due orchi che hanno disertato l’armata di Mordor durante la grande battaglia che pone fine alla Guerra dell’Anello, e il loro tentativo di rubare e distruggere i palantir, che nel libro sono descritti come le armi segrete degli elfi. I due riescono nel loro intento, ma ormai è troppo tardi perché possa cambiare qualcosa: il libro si conclude con l’esilio di Haladdin e la morte di Tzerlag, i cui discendenti si tramandano oralmente la vera storia di Mordor e della Guerra dell’anello—completamente diversa dalla versione “ufficiale” che nel frattempo si impone come nuova verità. I proventi dei saccheggi e delle devastazioni subite da Mordor, intanto, vanno ad alimentare il “miracolo economico” di Gondor sotto il regno di Aragorn.

È chiaro quindi come fin dall’inizio del suo libro Eskov riconosca l’intento propagandistico dell’opera di Tolkien e faccia di tutto per renderlo esplicito e per farne emergere le contraddizioni interne. La narrativa su cui si fonda il Signore degli anelli è trattata alla stregua di mera propaganda politica, come una menzogna raccontata e infiorettata per nascondere un genocidio e come una mitologia creata per assolvere e giustifi care l’imperialismo finalizzato al mantenimento dell’ordine economico pre-esistente. Ovviamente, per fare questo, il libro di Eskov deve porsi come molto più che una semplice riscrittura del testo originale—ed è per questo che è fondamentalmente diverso dalla tradizione di apocrifi del Signore degli anelli così diffusa nell’ex blocco sovietico.

Sono passati più di dieci anni da quando il presidente russo Vladimir Putin ha definito pubblicamente la dissoluzione dell’Unione Sovietica “uno dei disastri geopolitici del Ventesimo secolo,” ma quello della nostalgia per l’epoca sovietica è un fenomeno ancora diffusissimo in Russia. È un sentimento a tutto campo, una nostalgia che non è solo economica, se pure le sue radici sono da ricercarsi in ciò che ha subito la Russia nei primi anni Novanta, con il passaggio da un’economia pianificata e socialista a uno stato di natura in cui vigeva la legge del più forte—ma anche e soprattutto sociale e culturale. L’estetica e la letteratura russa degli anni della guerra fredda, espressioni sia della propaganda di stato sia in parte di sentimenti anti-occidentali interni alla società dell’epoca, e in generale la superiorità culturale sovietica sono percepite come un paradiso perduto e rimpiante.

Nel 1999, quando Eskov ha pubblico The Last Ringbearer, questi sentimenti non erano forse ancora forti ed espliciti, ma di certo la società russa li stava covando. Anche per questo il libro aveva potuto avere tutto quel successo: la sua portata andava ben oltre il semplice libro fantasy scritto come divertissement da uno scienziato, finendo per abbracciare uno scenario ben più ampio e dalla precisa connotazione politica. Il sentimento di critica all’Occidente, che prima era stato più che altro fomentato dalla propaganda del regime, era ancora vivo sotto la cenere e si stava risvegliando, stavolta in modo autonomo e indipendente, pungolato dai giganteschi cambiamenti sociali in corso.

Nella versione di Eskov, molti punti fermi della trama di Tolkien vengono ribaltati completamente. Mordor è descritta come un paese pacifico e illuminato dove sta per avvenire una rivoluzione industriale e che proprio per questo è percepita come una minaccia dal resto del mondo, dove la struttura economica è ancora feudale e la divisione sociale è ancora molto rigida. Sulla base di questa premessa cambiano anche i ruoli dei personaggi: Aragorn è un burattino degli elfi e un usurpatore, mentre Gandalf è un guerrafondaio che vuole una “soluzione finale per il problema Mordor.” Gli orchi in realtà sono esseri umani, e il termine “orco” è soltanto una denominazione dispregiativa per indicare gli abitanti di Mordor. Anche l’anello in questa versione perde ogni connotato magico e soprannaturale e diventa un semplice oggetto prezioso senza ulteriori significati.

Per dare un’idea del capovolgimento di ruoli, ecco un passaggio in cui Gandalf parla con Saruman della distruzione di Mordor [il testo è citato con il permesso dell’autore, la traduzione è mia]:

“Non hai nessuna pietà di loro?”

“Di chi?”

“Della gente, Gandalf, la gente! A quanto ho capito, hai appena pronunciato una condanna a morte per Mordor, in nome di un bene superiore. Ma tutte le civiltà sono fatte di persone, perciò le persone dovrebbero essere sterminate, completamente, in modo irreversibile. Giusto?”

“La pietà è una pessima consigliera, Saruman […]”

Questo ribaltamento si basa su alcuni omissis piuttosto grandi presenti nelle opere di Tolkien. La Terra di Mezzo è descritta da Tolkien in modo abbastanza approfondito da poter essere considerata quasi “reale,” eppure in questa descrizione ci sono diversi buchi piuttosto grossi. Per esempio, la geografia fisica e la topografia del mondo in cui è ambientato Il signore degli anelli sono completamente sballate.

Secondo il futurologo russo Sergey Pereslegin, studioso delle possibili evoluzioni della realtà attuale e autore del saggio Must Fantasy Be Stupid? in cui cataloga gli errori più comuni degli autori fantasy, “Tolkien, essendo un professore di letteratura inglese, nulla sapeva, ad esempio, di tettonica a placche. Eppure le topografie di Beleriand e Eriador sono molto importanti per la sua storia.” Il risultato è che dal punto di vista geologico il mondo tolkieniano è instabile e “sembra impossibile correggere l’errore dell’autore.” Un altro esempio di queste mancanze è il fatto che nel ciclo del Signore degli anelli non si faccia mai menzione di elementi economici. Eppure, secondo Eskov, si può presumere che anche durante la Guerra dell’anello parte della popolazione della Terra di Mezzo abbia continuato normalmente la sua vita di tutti i giorni, fatta anche di scambi economici. Per non parlare del fatto che gli stessi hobbit devono per forza nel corso della storia aver compiuto delle transazioni economiche—per esempio nei momenti in cui si trovano a bere nelle taverne. “La domanda è: che moneta hanno usato per queste transazioni? Nei libri non se ne fa menzione.”

L’aspetto economico può essere il punto di partenza per tutta una serie di conclusioni ed è proprio da queste conclusioni che prende il via la narrazione dell’opera di Eskov. Per cui, questo ribaltamento di senso diventa uno dei punti di forza del suo libro—e l’occasione di trasformarla in qualcosa di più di un semplice apocrifo. Partendo dal presupposto che gli “orchi” siano degli esseri umani discriminati su base razziale, per esempio, si pone su un tono diverso rispetto a quello della semplice rivisitazione parodica delle convenzioni di genere, andando a colpire il razzismo implicito nella concezione eurocentrica di Tolkien. Così facendo, il libro diventa intrinsecamente politico, trasformandosi in una dura critica della società e del sistema economico occidentale.

“Non avevo alcuna intenzione di scrivere un’opera politica. The Last Ringbearer è di fatto un’opera politica solo nel senso che invita a guardare con occhio critico le versioni ufficiali della storia. Ma la mia intenzione è una cosa, il modo in cui i lettori hanno accolto il libro è un’altra,” mi ha detto Eskov. “Per molti, il mio libro è diventato un’apologia dell’Unione Sovietica, che dopo aver perso la guerra fredda è stata trasformata nel male assoluto dalla propaganda occidentale. Qualche anno fa dei giovani russi hanno provato a farne un film e hanno spinto all’estremo questa visione—vestendo i personaggi in tuta mimetica e armando gli orchi con gli AK47 e gli elfi con gli M16. Un giornalista sudafricano mi ha chiesto se la guerriglia di Mordor non volesse in realtà evocare la resistenza boera agli inglesi. Ovviamente io non intendevo niente del genere quando ho scritto il libro, ma penso che un testo una volta pubblicato trascenda l’interpretazione dell’autore.”

Una cosa, quest’ultima, che gli eredi di Tolkien sembrano non aver capito o non condividere, visto che in molti paesi hanno bloccato la pubblicazione del libro di Eskov per questioni di copyright. Anche se è stato tradotto in molte lingue, infatti, il libro non ha mai avuto una circolazione commerciale e praticamente tutte le case editrici occidentali che hanno tentato di pubblicarlo hanno dovuto desistere per paura di azioni legali da parte degli eredi di Tolkien—che hanno sempre posto il loro veto alla pubblicazione in Europa di qualsiasi opera fosse in qualche modo derivata da quella dello scrittore britannico.

Era il 2009 quando Yisroel Markov, un bancario di Boston di origine ebrea riparato negli Stati Uniti dall’Unione Sovietica poco prima del crollo del muro di Berlino, ha messo le mani per la prima volta sul libro di Eskov. “Subito dopo aver letto il libro, in russo, ho sentito un fortissimo desiderio di condividere questa scoperta con le persone che conoscevo,” mi ha detto Markov. Così, visto che non esisteva una traduzione in inglese, ha iniziato a lavorarci. L’anno successivo, la versione inglese di The Last Ringbearer è stata pubblicata su internet, in free download con una licenza non commerciale. Nonostante questo, mi ha spiegato Markov, la Società degli Autori considera anche questa versione del libro una violazione del diritto d’autore.

Quando ho parlato con lui dei problemi di copyright del suo libro, Eskov è stato abbastanza chiaro: “Non sono io ad avere ‘problemi con il copyright’,” mi ha detto, “sono i lettori inglesi che sono privati della possibilità di leggere il mio libro su carta. In realtà, ci sono altri paesi in cui questo problema è meno serio: nell’Europa dell’est o in Francia, per esempio, oppure in Spagna dove all’editore è bastato cambiare qualche lettera nei nomi dei luoghi e dei personaggi inventati da Tolkien.”

Del resto, le idee di Eskov su copyright e diritto d’autore sono abbastanza precise. “Visto che ne stiamo parlando, penso che il copyright nella sua forma attuale sia insensato e pericoloso e che vada contro i valori della civiltà europea. I diritti di autori ed editori non hanno bisogno di una regolamentazione legale. Oggi la situazione è più simile alle gilde di copisti medievali che fanno pressioni per promuovere i loro interessi di casta,” mi ha detto. “Ma in generale sono ottimista e credo che il copyright com’è inteso oggi—che protegge gli interessi dei detentori dei diritti, non degli autori—sia destinato a scomparire in futuro.”

A prescindere dai riconoscimenti legali che può sperare di ottenere per le sue opere, aver scritto questo libro ha avuto un grosso impatto sulla vita di Eskov. Lo scienziato è diventato un simbolo nella sottocultura di fandom tolkieniani, venerato da alcuni come il più grande e rigoroso continuatore dell’opera di Tolkien e odiato da altri per le libertà che si è preso e per il modo in cui ha stravolto l’universo del Signore degli anelli.

Secondo lo scrittore Wu Ming 4, uno dei massimi esperti italiani e traduttore di Tolkien, “il fandom tolkieniano è un caso unico nel panorama della narrativa contemporanea.” La differenza tra questo e i fandom derivati da altre saghe come Star Trek, Star Wars o Harry Potter è sostanziale: tutte queste saghe hanno potuto sfruttare fin da subito le potenzialità del cinema, mentre il fandom di Tolkien si è sviluppato a partire dai suoi libri e a essi è rimasto sempre saldamente ancorato. Secondo Wu Ming 4, la ragione di questo successo e il motivo per cui le opere di Tolkien si prestano così bene a riscritture, rifacimenti e sequel apocrifi sta nel fatto che “Tolkien trasformò in narrativa una parte relativamente limitata della storia del suo mondo immaginario.”

Gran parte della storia della Terra di Mezzo esiste solo sotto forma di cronologia o di cronaca non romanzata, il che per un fan che abbia voglia di cimentarsi con la narrazione è “un invito a nozze.” Il che è perfettamente plausibile e coerente con la concezione che aveva Tolkien della letteratura, in cui la co-autorialità, le ricombinazioni di elementi pre-esistenti e i passaggi di testimone tra autori giocavano un ruolo importante. Non a caso i suoi modelli erano i poemi medievali inglesi: Tolkien si considerava più un “collettore di leggende e poemi” che un autore. Per dirla con Wu Ming 4, “pur inventando un mondo fantastico, aveva l’impressione di scoprire le storie che raccontava come se fossero state tramandate da un passato mitico-storico.”

Anche Eskov si è espresso in modo simile su questo tema. “L’impulso principale che muoveva Tolkien era la gioia di creare un vasto mondo immaginario, ben sviluppato nello spazio e nel tempo,” mi ha detto. “Tolkien ha creato il mondo più complesso della storia della letteratura: un mondo con la sua Genesi, la sua storia, la sua cronologia, la sua geografi a e persino le sue lingue. Non esiste qualcosa di simile nella letteratura mondiale. Tolkien ha creato un mondo che è praticamente ‘reale’—l’unico caso del genere nella storia della letteratura fantasy.”

È dunque in questo solco che si inserisce il lavoro di Eskov—e alla luce di questo la guerra che è stata mossa a The Last Ringbearer da parte degli eredi di Tolkien appare davvero assurda. “La domanda che mi sento porre più spesso è questa: ‘Come mai Il signore degli anelli ti ha attratto così tanto da spingerti a scriverne un’altra versione?’ Per farla breve, la cosa che mi attraeva di più era la dimensione di sfida intellettuale: riuscire a trovare una soluzione a tutte le contraddizioni esistenti nella descrizione della Terra di Mezzo fatta nel testo originale.”

Probabilmente, è questa la valutazione definitiva da fare sull’opera di Eskov: quel mondo lo scienziato russo l’ha collaudato e ne ha testato le possibilità. La dimensione di sfida di cui parla Eskov altro non è che quella concezione di letteratura come comunità e come una specie di grande gioco incentrato sull’esplorazione che emerge dal modo in cui lo stesso Tolkien pensava alla fruizione futura delle sue opere. “Se vuoi la mia opinione, il fascino [del Signore degli anelli] consiste in parte nell’intuizione dell’esistenza di altre leggende e di una storia più ampia, di cui quest’opera non contiene che un accenno,” scriveva lo stesso Tolkien in una lettera datata settembre 1954. Ecco, queste esatte parole valgono anche per The Last Ringbearer, se lo si considera solo in quanto opera letteraria slegata dal suo contesto. Ma alla luce del momento storico particolare e dell’ambiente in cui è stato scritto, il libro di Eskov assume ancora più significati.

Tutte le foto sono di Guido Borso , tratte da From Russia With Love , Sstars 2015. Segui Mattia su Twitter.