Negli anni ’70 la RAI ha prodotto serie TV d’avanguardia e non ne avevamo idea

Il 17 luglio 2017 il primo episodio della settima stagione di Game of Thrones è stato visto in Italia da 570.000 persone. Il 24 febbraio 1976 l’ultima puntata di Dov’è Anna? è stata vista da 28.000.000 di persone: le serie televisive non sono un formato recente per la televisione italiana né solo un prodotto di importazione.

Dal 1954 ( Il dottor Antonio) al 1980 ( Cristo si è fermato ad Eboli), la Rai ha prodotto e trasmesso 385 sceneggiati tra i quali, alla fine degli anni ’60, appare un inatteso filone paranormale. Sceneggiati che hanno usato l’elemento straordinario come lente di osservazione sociale, condividendo la sensibilità antropologica con trasmissioni di natura differente come Specchio segreto, titolo esoterico delle prime Candid Camera prodotte da Nanni Loy (1964), centrate non sulla derisione della vittima quanto su una lettura amplificata a scala sociale dei suoi comportamenti.

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Inizia così un decennio di presenze paranormali non solo televisive. Nel 1969 Peter Kolosimo, paleoufologo, psicologo dell’eros, esobiologo, vince il premio Bancarella con Non è terrestre. In direzione opposta Piero Angela produrrà le ricerche che porteranno alla trasmissione Indagine critica sulla parapsicologia del 1978 e alla reazionaria fondazione del CIcap (Comitato Italiano per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale).

Prima che Quark (dal 1981) monopolizzi la divulgazione scientifica, decine di sceneggiati televisivi si occuperanno – dal 1969 al 1977 – di intelligenze aliene, nazisti, occultismo, déjà vu, supercalcolatori, trapianti di cervelli, ufologia, archeologia misteriosa e ragazze fantasma.

I Nicotera, 1972. Storia della seconda generazione di una famiglia di emigrati dal sud. La sceneggiatura assegna ad ognuno dei figli di Salvatore Nicotera uno dei problemi del momento. A Bruno Cirino (fratello di Paolo Cirino Pomicino) tocca l’alienazione da lavoro in fabbrica.

Cosa ha prodotto questa necessità di paranormale? Nel dopoguerra inizia l’abbandono di migliaia di paesi delle aree interne e nello stesso tempo il programma nazionale (Rai Uno) propone un immaginario che aumenta la forza seduttiva delle città: nel 1954 iniziano le trasmissioni e nel 1957 l’intero territorio è coperto dal segnale. Un sentimento della nuova vita urbana deve essere stato la nostalgia per gli aspetti magici del mondo rurale, dove la realtà si deforma quotidianamente per accogliere l’azione dei morti, atti di devozione e influssi naturali.

Gamma, 1975. Il momento della selezione del cervello da trapiantare al protagonista.

I telespettatori emigrati in città chiedono di mantenere possibilità magiche nella vita urbana, approfittando, prima dello sviluppo del genere, di figure ambigue note: il Conte di Montecristo, (1966), Mata Hari (1967), Evariste Galois ( Non ho tempo, trasmesso nel 1977).

Una forma narrativa originale viene ispirata dalla messa in onda in Italia di Belfagor ovvero il fantasma del Louvre nel 1966 (trasmesso in Francia l’anno prima con 10 milioni di televisori sintonizzati sui 19 esistenti) .

Belfagor prepara l’arrivo di: Geminus (1969), Il segno del comando (1971, 14 milioni di spettatori a puntata e indimenticabile sigla fischiettata), Ritratto di donna velata (1975, oltre 20 milioni di spettatori a puntata) che contengono già tutti gli elementi del genere: scenari sotterranei; la confusione tra passato e presente per l’azione di reincarnazioni e fantasmi; protagonisti sedotti tanto dal mistero quanto da ragazze più in sintonia con la natura e l’arcano.

Dov’è Anna? (1976). Quarta puntata. Carlo, sulla sua Fiat 127 – non sa di essere seguito dal commissario Bramante.

Dov’è Anna? è la fiction di maggiore successo nella storia della televisione italiana, l’ultima puntata è stata vista da 28 milioni di persone. La trama è semplice: Anna e Carlo, una coppia ordinaria, abitano al Villaggio Olimpico a Roma quando il pomeriggio del 5 dicembre Anna scompare.

La tensione soprannaturale si avverte solo nel minuto e mezzo della sigla in cui i protagonisti attraversano a piedi una galleria sulla strada che porta da Ortona de’ Marsi a Cocullo, centro dell’Italia magica che rinnova ogni anno la devozione a San Domenico abate con il rito dei serpari. Attraverso la sua intro, Dov’è Anna? ristabilisce la relazione con il territorio abbandonato che ha generato i sentimenti degli sceneggiati.

L’abbandono è una condizione consueta in Italia. Accanto al sistema vivo dei paesi è sempre stato presente il sistema ambiguo delle rovine delle civiltà precedenti. Il rapporto tra paesaggio e strutture abbandonate ha generato un genere narrativo originale: la Legenda Aurea (Jacopo Da Varazze 1260-1298), l’ Hypnerotomachia Poliphili (Aldo Manuzio, 1499), si accostano in una sequenza di attraversamenti in sogno del paesaggio, di personaggi affascinati da donne amate e rovine che arriva a Le avventure di Pinocchio (Collodi, 1881).

La ricerca di Carlo appartiene a questa tradizione e riprende tentativi sperimentali come il Viaggio in Italia di Guido Piovene, trasmesso alla radio tra il 1953 e il 1956 e la serie di documentari ripresi dall’elicottero L’Italia vista dal cielo diretti da Folco Quilici (dal 1966 al 1978). Seguendo queste nuove immagini la generazione dei protagonisti di Dov’è Anna?, figlia di quella che ha abbandonato le aree interne del paese, prepara strategie di ritorno che andranno dalla comune, al casale in Umbria, al fine settimana nel borgo pittoresco.

– Sei una donna troppo seria e responsabile per i miei gusti. – Potrei anche essere diversa! – Credo di conoscerti bene. – Davvero? Eh… sei così distratto, non ti accorgi di tante cose. Dai, sto scherzando. È un trucco, per attirare l’attenzione. (Dov’è Anna? Prima puntata)

Rispetto agli sceneggiati precedenti l’elemento straordinario sembra scomparso da Dov’è Anna? se non fosse per l’ apparizione ad ogni puntata di un aspetto della persona assente associato ad un tema d’attualità: adozioni, relazioni extraconiugali, fino ai legami tra prostituzione e malavita in una puntata censurata e non girata. Le nuove figure e dinamiche familiari sono un enigma per una società impreparata a definirle e sono trattate come presenze soprannaturali.

Ad esempio nella quinta puntata Carlo scopre che Anna, un mese prima di scomparire, avrebbe passato qualche giorno ad Arezzo, città del suo primo amore Gianni. Carlo prova ad incontrare Gianni superando la resistenza della famiglia che tiene nascosto il suo ricovero in una clinica per malattie mentali.

Sono gli anni in cui Franco Basaglia inizia ad organizzare laboratori di teatro e pittura e turni di lavoro retribuito per i malati del manicomio di Trieste. La puntata ruotava attorno una norma secondo la quale una persona rinchiusa in manicomio e dichiarata guarita poteva uscire solo se un parente se ne assumeva la responsabilità. Il movimento di opinione generato dalla messa in onda portò alla abolizione della norma ancora prima della legge di riforma psichiatrica del 1978.

Dedicato a un bambino, 1971. Massimo Ammaniti, (padre di Niccolò) neuropsichiatra infantile intervistato nel corso dello sceneggiato.

Molti sceneggiati conservano la funzione educativa delle prime produzioni RAI. Se Dov’è Anna? è un vademecum delle questioni sociali attorno a nuove figure femminili, altre serie scelgono apparizioni diverse: in Dedicato a un bambino, 1971, l’apparizione soprannaturale è quella di un bambino dato per disadattato che diventa oggetto di studio da parte di un gruppo di cineasti e psicologi che lo usano come cestino emotivo più o meno come i genitori. Le tre puntate sono un making of del documentario che la troupe decide di girare e alternano la vita familiare del bambino e le dinamiche della terapia con interviste a medici psichiatri.

Sono titoli sperimentali che rivelano la capacità di un filtro alienato e magico di descrivere la vita urbana, seguendo nella tecnica una intenzione documentaristica, come i due minuti e 20 di interviste prima della sigla di Marcovaldo; il documentario con voce narrante e immagini dall’elicottero a 5:40 dall’inizio del primo episodio de I Nicotera; i cinque minuti di interviste in strada prima dell’inizio de L’amaro caso della Baronessa di Carini.

In un decennio il carattere originale delle produzioni si esaurisce e sfuma in contemporanea all’avvento delle trasmissioni a colori. Le sentenze della Corte Costituzionale tra il 1975 e il 1976 concludono il monopolio RAI aprendo alle televisioni private, introducendo sul mercato soggetti che non avevano capacità produttive e che acquisteranno all’estero le serie televisive.

La necessità di intrattenimento accoglie soap operas e telenovelas, mentre l’esigenza originale del soprannaturale e del nascosto viene dirottata dagli eventi e confusa tragicamente con il campo dell’informazione. Dal 1978 il rapimento e l’uccisione di Aldo Moro producono una narrativa ininterrotta che preferisce da subito gli aspetti più inquietanti della ricerca dello statista. Un racconto carente di analisi ma animato da misteriosi intermediari, sedute spiritiche, logge e servizi deviati che stabiliscono un nuovo modello di relazione tra pubblico e racconto giornalistico tendente anche questo all’intrattenimento.

I temi dell’articolo derivano da Il paese nero / Black Italy, archivio di progetti e ricerche indipendenti sull’abbandono delle aree interne italiane curato da Luca Ruali con Virginia Sommadossi per Centrale Fies, con contributi di Mata Trifilò.