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Perché diamine gli italiani bevono così tanta Tennent’s?

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C’è una frase di una delle mie band preferite che recita qualcosa come “in 27 years I’ve drunk 50,000 beers”. Ecco, io 27 anni li faccio tra un anno e non credo di aver bevuto 50mila birre nella mia vita, ma ne ho sicuramente bevute troppe. Talmente tante da poter riconoscere una birra di merda da una ok. Talmente tante da poter dire che la Tennent’s Super non sia una grandissima birra.

Ed è qui che arrivo al punto di questo articolo: l’altra mattina mi sono trovato a leggere un articolo di GlasgowLive, un sito di notizie—ovviamente—scozzese. Nell’articolo in questione l’autore fa leva su una semplice, per quanto vera, osservazione. Ovvero: com’è possibile che in Italia si beva così tanta Tennent’s Super, e com’è possibile che questa non abbia una pessima reputazione—quale invece ha in quasi tutto il resto del mondo. Se ci pensate è un po’ come il successo degli Skunk Anansie: in Italia famosissimi, nel resto d’Europa così così.

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Quando l’ho letto ho capito di non essere pazzo: sono anni che mi domando la stessa cosa e sono anni che mi imbatto in persone che la bevono, postando foto di loro con la bottiglia accompagnate da didascalie simili a “50 sfumature di Tennent’s” o “non c’è nulla che una Tennent’s non possa risolvere”, condividendo meme o sfoggiando felpe blu con una T rossa gigante sulla schiena.

Ovviamente, l’autore dell’articolo non è stato il primo a porsi questa domanda e a meravigliarsi di questa cosa; basta andare a fare un giro su Twitter per trovare centinaia di Tweet di persone che si chiedono come-questa-cosa-sia-possibile. Peter Geoghegan, scrittore e giornalista del Guardian, per esempio, non si meraviglia tanto che questa [la Tennent’s] venga bevuta in Italia ma più di come questa sia ritenuta una bevanda quasi “fancy”. –

Ora, dire che la Tennent’s Super sia ritenuta “fancy” lo vedo un po’ poco centrato, ma quello che è vero (ed è il motivo per cui esistono così tanti meme a riguardo) è che la Tennent’s, in un modo o nell’altro, sia riuscita a guadagnarsi uno status symbol che non ha molto a che fare con la birra quanto piuttosto con un certo modo di essere: disinibito, trasgressivo e, per alcuni versi, underground. E questo, come ogni libro base di marketing insegna, è una grande fortuna per un brand.

Comunque sia, passando brevemente per storia e dati, la Tennent’s nel 2009 ha subito un calo significativo nelle vendite di bevande alcoliche nel mercato del Regno Unito. Pertanto si è concentrata sulle esportazioni che, all’epoca, erano praticamente nulle. Nell’arco di sei anni, questa nuova strategia ha visto esportare Tennent’s in 40 paesi in tutto il mondo, di cui 20 in Europa. La crescita è stata particolarmente forte in Spagna, Stati Uniti e India, ma l’Italia rimane di gran lunga il più importante mercato di esportazione. Vale a dire, 3,5 milioni di litri di Tennent’s bevuti nel 2015.

Il tutto è un po’ legato a quello che la birra rappresenta da un punto di vista culturale e che l’Italia è un paese che non beve molta birra rispetto ad altri paesi nordici.

Dare una risposta esaustiva al perché l’Italia sia stato un terreno così fertile per questa birra non è del tutto possibile, ma per dare un tono a tutto questo e cercare di rispondere a questa domanda ho contattato Eugenio Signoroni, critico gastronomico che dal 2010 cura la Guida alle Birre d’Italia e Osterie d’Italia di Slow Food Editore.

Secondo Signoroni, il motivo potrebbe essere di doppia natura. “Diciamo che dal punto di vista tecnico, la Tennent’s non è un birra che si distingue per complessità,” mi ha detto. “Secondo me il suo grande successo lo deve alla morbidezza e al suo essere una birra “piaciona”, dolce e senza quell’elemento di note amare che si associano alla birra.”

Oltre a questo, secondo Signoroni, l’altro elemento potrebbe avere a che fare con la gradazione alcolica. “Il fatto che sia una birra molto alcolica l’ha fatto diventare una sorta di punto di riferimento per l’alternativa ad una birra bionda, leggera,” ha continuato. “Questo è un po’ legato a quello che la birra rappresenta da un punto di vista culturale e l’Italia è un paese che non beve molta birra rispetto ad altri paesi nordici. Se prendi Regno Unito o Germania, dove bere birra è molto più usuale, il motivo per cui questa birra non ha successo è semplicemente perché non ne potresti bere piacevolmente più di un paio.

A Glasgow e in Scozia in generale la Tennent’s ha una reputazione terribile ed è la prima scelta dei vagabondi o alcolisti

Per capire, invece, come questa birra sia vista nel paese che gli ha regalato i natali ho scritto su Twitter a Craig Williams, autore dell’articolo di GlasgowLive. Il giornalista scozzese ha sintetizzato il tutto dicendomi che “a Glasgow e in Scozia in generale la Tennent’s ha una reputazione terribile ed è la prima scelta dei vagabondi o alcolisti. Insomma, le persone che vivono nella grondaia della società e che dormono nei parchi.” Concludendo lo scambio di messaggi sottolineando il fatto che sia la cosa più lontana dal concetto di “coolness”.

Com’era facilmente prevedibile la birra in questione è largamente e negativamente recensita anche su applicazioni e piattaforme dedicate al mondo della birra. Mentre gli unici commenti positivi che spiccano vanno dal “potete dire quello che volete su questa birra, ma rimane la migliore in assoluto se la vostra intenzione è quella di mangiare come animali o devastarvi” al “una vita di Tennent’s e Fi*a”. Insomma, quello che ne viene fuori è l’immagine di un paese che non sa bere birra, ma pretende di farlo sbronzandosi con milioni di litri di birra super alcolica e non particolarmente di qualità ogni anno. Che mi va bene eh, sia chiaro, ma fa solo un po’ ridere da un popolo che si infuria se vede cucinato male un piatto di carbonara.

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