Música

Come trollare la scena indie italiana

Qualche giorno fa abbiamo ricevuto un comunicato che si apriva così:

“Cambogia non esiste. Cambogia è un personaggio di fantasia creato da Ground’s Oranges. Il progetto nasce ad agosto 2016 come estremizzazione della figura del cantante indie e come esperimento sociale volto a sottolineare la maggiore importanza attribuita all’hype rispetto alla reale proposta musicale. Andrea, che voi identificate come Cambogia, non sa cantare e non sa suonare, non è nemmeno un attore, è solo un amico che ha prestato il volto giusto a questa causa. […]

Abbiamo ricevuto nel corso di quasi un anno più di 40 proposte per live in tutta Italia, proposte di band emergenti per la produzione dei loro dischi da parte della nostra finta etichetta, proposte sessuali da fan “prima di diventare troppo famosi”. […] Abbiamo raccolto complimenti e insulti, rilasciato interviste su radio e webzine che ci hanno contattato di loro iniziativa, scatenato haters, fatto incazzare altri artisti indie, generato meme, proiettato un finto live durante un evento importante, siamo stati inseriti nella playlist ufficiale dell’indie italiano di Spotify con due brani, e come ogni cantante indie che si rispetti siamo stati coverizzati da Asia Ghergo.

Ovviamente anche noi avevamo visto salire alla ribalta questo Cambogia. All’inizio, come a tutti, ci era sembrato una parodia—man mano che lo scherzo andava avanti e che il cantautore riceveva riconoscimenti vari, però, abbiamo cominciato a non esserne più così sicuri. Sono infatti arrivate svariate interviste, recensioni, articoli e premiere, di cui solo alcune ponevano dubbi sull’autenticità del progetto. Cambogia avrebbe tranquillamente potuto essere davvero un tizio che faceva canzoni. Insomma, ci siamo cascati pure noi. Incuriositi da questa storia abbiamo deciso di fare quattro chiacchiere con Zavvo Nicolosi, che di questo comunicato è l’estensore e che del progetto Cambogia ha curato l’aspetto social e le interviste (ma ci tiene a specificare che sta solo facendo da portavoce di un progetto che coinvolge tutto il collettivo).

A intervallare l’intervista, alcuni materiali che Ground’s Oranges ci ha fornito: messaggi e, soprattutto—qua sotto—il video in esclusiva di “Le luci rosa”, qua sotto, che serve a mettere fine al progetto.

Come nasce l’idea-Cambogia?
Da un po’ di tempo a questa parte ogni estate abbiamo accantonato gli impegni con i videoclip per dedicarci a un progetto personale. La scorsa estate è toccato a Cambogia, un cantante di fantasia nato sulla scia dell’esasperante continua proposta di nuovi artisti indie di ogni sorta.

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E come si sviluppa, chi c’è dietro?
Il progetto è interamente creato e curato da Ground’s Oranges—siamo un piccolo collettivo siciliano che si occupa di videomaking. Nessuno di noi ha alcuna esperienza in campo di marketing o discografico, non abbiamo agganci ai piani alti di nessuna sorta e non siamo amici degli amici. Facciamo videoclip, punto e basta. I brani dell’album nascono dalla collaborazione tra Davide Iannitti (quattro brani e voce principale del progetto) e Riccardo Nicolosi (sette brani), che nell’arco di tre mesi hanno ultimato il disco curando tutte le fasi della realizzazione in un piccolo studio di registrazione catanese. Io ho curato l’aspetto social e le interviste. Tutte le copertine degli album sono state fatte da Marco Riscica.

Volevamo creare qualcosa che andasse oltre l’immagine sul video ed oltre la parodia dichiarata (a la Savastano, o come i Thecomunisti, creati sempre da noi). Volevamo creare un’ opera vivente che potesse interagire con il pubblico e le dinamiche legate al mondo della musica; capace di modificarsi e prendere direzioni diverse sulla base degli eventi che sarebbero sopraggiunti. Per prima cosa abbiamo cercato quello che secondo noi era il volto giusto, e lo abbiamo da subito trovato senza alcuna indecisione in Andrea. Lo abbiamo scelto per la folta barba rossa, la sua discreta conoscenza musicale come ascoltatore, perché è un amico estremamente disponibile che si presta a qualunque tipo di follia, e soprattutto piace alle donne. Peccato solo che non abbia mai cantato né suonato in vita sua. Inizialmente era prevista solo l’uscita del singolo “Il mare non è niente di speciale”, nonostante avessimo già fatto intendere che esisteva un album in uscita, e messo in catalogo un introvabile primo album disponibile solo in formato cassetta. Introvabile perché non esiste. È stato fatto circolare un solo brano composto appositamente per far credere che fosse reale, e non avete idea di quanta gente ci abbia scritto perché voleva una copia della fantomatica cassetta.

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Era una gag o volevate dimostrare qualcosa?
Cambogia è volutamente un personaggio discutibile e provocatorio, a partire dal nome di ovvia derivazione. È uno specchio deformante riflesso sulla nuova guardia cantautorale che fa leva sugli stessi identici contenuti e riferimenti culturali e popolari. Cambogia è una gag che vuole dimostrare qualcosa: nello specifico , come sia abbastanza semplice prendere un tizio senza alcun talento e promuoverlo in modo da farlo arrivare a una fetta di pubblico più grande possibile, al di là dei meriti. Si potrebbe definire un vero e proprio esperimento sociale per esplorare le dinamiche del mondo musicale odierno fondato sulla predominanza dell’hype rispetto al contenuto effettivo.

In quanto tempo è stato scritto l’album?
Quando ci siamo resi conto che il pubblico stava inaspettatamente rispondendo bene al primo singolo abbiamo deciso di fare realmente un intero album, per rendere tutto più credibile e complesso. In maniera molto incauta avevamo precedentemente dichiarato che l’album sarebbe uscito a novembre. A settembre avevamo ancora un solo brano, per intenderci. Poi siamo stati costretti a fare slittare l’uscita a febbraio. La parte musicale del progetto è stata curata da due ragazzi che non avevano mai collaborato in precedenza e, in maniera quasi miracolosa, con diversi sacrifici, sono riusciti a creare un album di dieci brani dal nulla (con due strumentali, come da copione indie). Hanno realizzato il tutto in casa, in una piccola sala di registrazione, la Sonic Funhouse. Non è stato per nulla semplice non avendo alcuna produzione alle spalle, eppure nel giro di tre mesi scarsi, in una continua lotta contro il tempo, la tracklist era completa.

Come si scrive qualcosa in cui non si crede? E cosa pensate di chi ha sinceramente amato alcune canzoni di Cambogia?
Riccardo e Davide, che hanno composto i brani dell’album, non amano l’attuale musica indie italiana. All’inizio conoscevano a malapena il genere, ma si sono documentati e ne hanno appreso e assimilato i punti cardine al fine di riprodurre nella maniera più verosimile quel tipo di approccio. Nonostante Cambogia sia volutamente sopra le righe, più nei testi che nelle soluzioni musicali, risulta spesso indistinguibile da artisti reali della stessa fascia. L’ascoltatore può cogliere questo aspetto goliardico come una cazzoneria intrinseca dell’artista che sa di giocare con gli stereotipi del genere o prenderlo per coglione. Se a qualcuno è piaciuto Cambogia non c’è da vergognarsene, il bersaglio non è mai stato il pubblico, quanto l’industria musicale. La musica di Cambogia esiste. È reale. I brani sono stati composti con cura e professionalità e non possiamo che essere felici e grati che qualcuno abbia amato e canticchiato una strofa o un ritornello. Ogni singolo ascoltatore ci ha fatto sentire autentici nonostante il volto di Cambogia non fosse reale. È il personaggio ad essere finto, frutto di uno studio a tavolino, come lo furono a suo tempo Den Harrow, Corona e i Milli Vanilli. La finzione in questo caso era necessaria a svelare l’illusione mediatica, a far capire in maniera decisa quanto sia facile credere che qualcuno sia qualcosa che non è.

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Avete mai pensato, anche viste le possibili evoluzioni, di lasciare perdere l’aspetto ironico e concentrarvi sul progetto come se fosse serio? Smettere di considerarlo uno scherzo.
Abbiamo pensato solo che una volta conclusa l’esperienza Cambogia il progetto si sarebbe potuto trasformare in qualcos’altro, con un altro nome e un altro tipo di musica e di immagine. Cambogia come lo avete conosciuto fino ad oggi finisce qui, ma potrebbe continuare a vivere in futuro sotto altre forme.

È vero che avete ricevuto proposte discografiche serie?
Abbiamo avuto proposte di ogni tipo: da quelle discografiche (di vario livello), di management e booking, fino a proposte sessuali “prima di diventare troppo famosi” di alcune fan.

Non avete mai pensato di portare il progetto live? Magari con qualche stratagemma da studiare.
Ci abbiamo pensato diverse volte. Volevamo portare il trollaggio a livelli sempre più alti per vedere fino a dove si poteva arrivare. Volevamo capire la linea di confine tra realtà e finzione. Purtroppo Andrea ha un lavoro che non gli permette di spostarsi con facilità e Davide, la voce di Cambogia, suona già con altri due gruppi, per cui è spesso impegnato in altri progetti. Non si trovava mai il tempo per organizzare un tour, e non avevamo amici famosi da far salire sul palco al suo posto. L’unico esperimento live è stato quello proiettato al Monk durante un evento curato da “Sei tutto l’indie”. Sono stati molto carini e gentili a proporci questa soluzione, e il fatto che fossero totalmente inconsapevoli della natura di Cambogia ci ha fatto sentire un po’ in colpa. Perdonateci.

C’è qualcuno che ha fiutato lo scherzo? Per quanto mi riguarda all’inizio ero del tutto convinto che lo fosse, poi visto che la cosa andava avanti ho cominciato a accettare che fosse seria.
Il personaggio fin da subito doveva stabilirsi su una precisa linea di confine: un limbo tra troll e artista vero. La gente doveva chiedersi se stesse facendo sul serio o se fosse solo una presa in giro, e alla fine non doveva capirci più niente.

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Qual è stato il riconoscimento più clamoroso? Le recensioni, la playlist di Spotify, la cover di Asia Ghergo?
Questi riconoscimenti sono serviti solo a rendere Cambogia un personaggio più reale e più inserito all’interno della comunità indie, così come lo sono stati i meme e i gruppi privati delle principali pagine indie che sono il vero cuore di questi fenomeni.

Siamo sicuri che il tanto vituperato hype sia per forza un male? Credo che alla fine si tratti di saper padroneggiare i meccanismi della promozione (come si è sempre fatto), solo aggiornandosi alla realt à contemporanea. Poi le proposte possono essere buone o cattive, ma quello non dipende dall’hype. L’hype è come avere una bella copertina per il disco.
L’hype non è un male di per sé, come una pistola non è per forza uno strumento di morte. Però sono entrambe delle armi che, se utilizzate in maniera sbagliata o eccessiva, possono arrecare grandi danni. Poniamo un esempio. Tizio, Caio e Sempronio sono persone influenti e sono seguiti da gente che ascolta il loro parere. Un giorno iniziano a dire in giro che Pincopallino ha un pene di trenta centimetri. La notizia in poco tempo inizia a prendere piede e si sparge a macchia d’olio. Un bel giorno la maggioranza finirà per pensare che Pincopallino sia superdotato, anche se magari non lo è affatto o magari lo è ma non a quei livelli. Un giorno anche Pincopallino finirà per pensare di essere un miracolo della natura. In pratica ci danno in pasto prodotti strapompati pieni di anabolizzanti e steroidi di hype.

Nel video che ci avete mandato, nella scena al cinema, Cambogia viene costretto a guardare video di alcuni musicisti indie: ho riconosciuto Stato S ociale, Motta, I Cani, Calcutta e Pop X. Ho perso qualcosa? C osa significa? Piacciano o meno, quelli comunque sono tutti gruppi che hanno fatto una certa gavetta, quindi non credo che la critica del progetto sia verso di loro. Significa che sono i modelli da copiare per quelli che cercano di emergere ora?
Si, hai perso Tommaso Paradiso. Nel video si ironizza sul fatto che Cambogia sia una specie di Frankenstein sottoposto ad una cura Ludovico indie, e come lui tanti altri emergenti che emulano quei modelli. D’altro canto la bella coniglietta è un simbolo di come sia facile cadere in inganno di fronte all’esaltazione di un fenomeno o un artista, e di come non sia tutto oro quello che luccica.

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Il testo molto serio che accompagna il video non rischia di far diventare un po’ reazionario e un po’ moralista quello che poteva essere un progetto quasi situazionista? L’idea era da subito quella di impartire anche una lezione?
Il testo non è affatto serio, è solo un elenco di cose successe durante questo anno di Cambogia. Da questa esperienza nasce la domanda che viene posta nel video, che non ha nessun connotato morale. Non forniamo alcuna risposta rivelatrice o sopra le parti, ognuno può farsi una propria idea, al massimo è uno spunto di riflessione. Nello specifico se la musica conta ancora qualcosa o basta una buona strategia di marketing.

Cosa avete capito da questa storia?
Che siamo felici di non fare parte di questo mondo. È parecchio più frustrante e duro del videomaker. Non avevamo la minima idea di quali dinamiche ci fossero dietro un semplice cantante e sinceramente scoprire certi meccanismi (a quanto pare consolidati), che si avvicinano di più al mondo della politica e delle porte aperte a suon di amicizie e scambio di favori, ci ha fatto un po’ paura. Abbiamo letto tanti commenti che volevano far intendere che Cambogia avesse chissà quale spinta da non si sa chi (il che ci ha fatto ridere dato che è esattamente il contrario), perché era arrivato dal nulla senza gavetta e senza aver mai fatto un live e nonostante ciò aveva bruciato molte tappe arrivando ad una piccola ribalta. Noi siamo dalla parte di chi le cose se le suda e fa sacrifici per far diventare la propria passione un lavoro. Hanno ragione ad essere incazzati con quello che Cambogia rappresenta.

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