4/20 BLAZE IT — Come ogni anno, il 4/20 è la settimana della cannabis. Dai un’occhiata alla guida di VICE alla cannabis in Italia, ci siamo anche noi!
Da almeno vent’anni, sentiamo i fumatori più anziani accusare la cannabis di avere raggiunto livelli di potenza troppo alti, talmente imparagonabili a quelli a cui erano abituati da portarli a considerare la “nuova” erba come una droga completamente diversa. Il culmine di questa psicosi risale al 2007, quando le autorità in Gran Bretagna lanciarono l’allarme sulla cosiddetta “skunk”, un nuovo devastante tipo di erba che avrebbe superato anche il 30% di THC, il principale responsabile delle proprietà psicoattive della pianta.
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Sicuramente un fondo di verità c’è: decenni di sapiente ibridazione ci hanno fruttato genetiche dalle caratteristiche sempre più desiderabili e dunque più resinose, e soprattutto sono cambiati i metodi di coltivazione, ora molto più efficienti e in grado di sfruttare al meglio il potenziale della pianta. Ma cosa c’è esattamente nell’erba che fumiamo oggi?
Per la prima volta oggi possiamo rispondere a questa domanda anche senza passare dal sequestro, grazie ai kit casalinghi di profilazione dei cannabinoidi. Abbiamo provato il test kit di Alpha Cat, che sembra godere di una buona reputazione tra gli esperti per la precisione e l’ampiezza della gamma di cannabinoidi che è in grado di identificare.
Già, si parla di cannabinoidi al plurale perché oltre al THC ce ne sono decine di altri (la scienza non ha ancora stabilito univocamente un numero preciso) in grado di svolgere una gamma sorprendente di funzioni. Il più celebre è sicuramente il CBD (cannabidiolo), salito alla ribalta negli ultimi anni per le comprovate proprietà terapeutiche. Una curiosità: recentissimi studi sembrano aver scoperto che il CBD, piuttosto che legarsi ai recettori per cannabinoidi di cui il nostro corpo è disseminato, agisce stimolando il corpo umano nella produzione dei propri endocannabinoidi. Il CBD è il cannabinoide su cui puntano i produttori dell’erba legale che sta invadendo la penisola, proprio a causa dei molteplici benefici offerti a fronte di nessuna azione psicotropa.
Oltre a questi due capisaldi il nostro kit rileva il CBN (antidolorifico, antinfiammatorio, calmante), THCV (euforico e ansiolitico) e i misteriosi CBG e CBC, dei quali la medicina ha già intuito grandi potenzialità (addirittura oncologiche nel secondo caso) anche se gli studi a riguardo non si possono ancora ritenere esaustivi.
Un aspetto interessante della misurazione di queste sostanze è che ci verranno rivelate proprietà dell’erba che fumiamo che difficilmente avremmo potuto rilevare in autonomia, e che potremo ricavare informazioni utili su età e qualità del prodotto (i cannabinoidi possono degradare nel tempo a determinate condizioni).
Apriamo il kit e ci sentiamo subito piccoli chimici: set di guanti sterili, provette, siringhe, piastrine di prova, microscopici tubicini e un vasetto di vetro. Naturalmente partiamo dalle istruzioni, che ci terrorizzano immediatamente con la prima indicazione: leggere PIU’ volte tutte le istruzioni per assicurarsi di avere familiarità con il processo.
Ci sembra ragionevole e decidiamo di dedicarci totalmente al manuale cercando di memorizzare tutti i passaggi: effettivamente molti step suonano delicatissimi! Intimoriti dalla responsabilità di maneggiare reagenti e coloranti chimici decidiamo di proseguire il test seguendo passo passo il video dimostrativo, dove l’espertissimo fondatore di Alpha Cat in camice bianco esegue l’intera routine senza fatica. Lo riguardiamo tre volte: basterà?
Il primo passaggio è il più semplice: si tratta di sminuzzare 100 millgrammi di ciascun campione di erba che vogliamo analizzare, e di inserirlo in una sorta di provetta. Abbiamo deciso di testare due sample: uno di erba legale, acquistata al tabaccaio vicino alla redazione, e uno tradizionale. D’altronde questo kit può rappresentare una soluzione anche per chi si vuole accertare che la legal weed che ha acquistato sia veramente priva di THC: siamo dunque curiosi di capire quanto è affidabile.
Con una pipetta graduata misuriamo un decilitro di reagente, che aggiungiamo ai due campioni di erba e shakeriamo per dieci secondi. Tutto procede serenamente. Sarà il prossimo passaggio a metterci purtroppo già a dura prova: dobbiamo prelevare dalle provette un microlitro del liquido che abbiamo fatto reagire con la cannabis, attraverso un tubicino capillare che dobbiamo infilare in una sorta di apposita pompetta. Non crediamo che la presenza di un numero di tubicini molto più grande del numero di test che si possono effettuare con il kit possa essere casuale: Alpha Cat evidentemente sa molto bene che questo passaggio è drammaticamente ostico.
La quantità di liquido raccolta dovrà essere ESATTISSIMA se vogliamo ricevere dei risultati affidabili, e dopo un primo tentativo disastroso decidiamo di esercitarci prelevando microlitri di acqua da un bicchiere, in modo da padroneggiare lo strumento. Purtroppo prelevare il liquido dal campione si rivela molto più complicato, e commettiamo qualche errore che più tardi pagheremo carissimo.
Una volta marchiate le piastrine con i microlitri prelevati, accendiamo il forno a 150° per decarbossilare i campioni. Si tratta del procedimento di riscaldamento della cannabis che rimuove un gruppo di acido carbossilico, trasformando così il precursore THCA in THC vero e proprio, che vogliamo analizzare. È lo stesso processo che si attiva con la combustione quando fumiamo e che si usa per attivare l’erba in modo da poterla mangiare: qui è stato applicato alle tracce di cannabis depositate sulla nostra piastrina.
Lasciamo raffreddare le piastrine, dopodiché le inseriamo una alla volta in un barattolo di vetro insieme a 2 millilitri di reagente, di cui le piastrine si imbeveranno. Una volta asciugate le piastrine è finalmente arrivato il momento dell’ultimo passsaggio: cronometro alla mano, le immergiamo per un secondo in un vaschetta dove abbiamo sciolto lo speciale colorante.
Siamo arrivati alla fine: i risultati saranno leggibili e affidabili in una finestra tra i 4 e gli 8 minuti dopo questo ultimo passaggio, dopodiché l’equilibrio chimico decadrà e i risultati visibili non saranno più affidabili.
Saremo sinceri: abbiamo fallito questa prova. Nonostante abbiamo maneggiato i vetrini con i guanti per tutto il tempo si notano delle piccole ditate alle estremità (non prendeteli mai in mano con i guanti sporchi di reagente!!) e, in ogni caso, l’intera affidabilità del test era venuta meno ancora prima, nel momento in cui non siamo stati in grado di apporre con la dovuta precisione il nefasto MICROLITRO sulla piastrina. Non ha aiutato nemmeno il fatto che abbiamo inavvertitamente posato uno dei vetrini sul suo lato reagente, macchiandolo con l’inchiostro di una etichetta sul quale era poggiato.
Se il test fosse stato utilizzato a dovere, con la precisione chirurgica necessaria, ora potremmo confrontare i pallini rossi sul nostro vetrino con quelli sulla guida plastificata trasparente e scoprire (un po’ a occhio a dire il vero) quanto forte è la presenza dei vari cannabinoidi nei nostri campioni. Ciascuna delle “corsie” verticali di pallini rossi infatti rappresenta l’intero spettro analizzato, e contiene tutte le informazioni che cerchiamo.
Il nostro test purtroppo non è affidabile, pertanto non possiamo identificare con sicurezza i livelli che volevamo misurare. Riusciamo comunque a notare che i pallini rossi nel vetrino con il campione di erba tradizionale sono decisamente più grossi di quelli emersi sul vetrino del campione legale, che dovrebbe confermare la differenza nei profili di cannabinoidi che ci attendevamo.
In conclusione si tratta di un test molto interessante, che però vi sconsigliamo se avete scarsa dimestichezza con l’equipaggiamento chimico, se avete poca pazienza o una manualità meno che ottimale. Assicuratevi di leggere almeno CINQUE volte le istruzioni e non affidatevi al solo video dimostrativo, che potrebbe in più passaggi ingannarvi ed illudervi che il processo sia semplice!
E mi raccomando: mai togliersi i guanti, nemmeno per un istante.