Come per la stragrande maggioranza delle persone, il 90 percento dei ricordi sulla mia infanzia e adolescenza riguarda la scuola. Nello specifico, spicca un’immagine: l’orologio a muro che mi ha accompagnato in ogni mia classe, simbolo della noia assoluta.
Tuttavia, anche in quei momenti strazianti in cui avevo la certezza che il tempo si fosse fermato, non ho mai neanche pensato al fatto che a quella classe ci fosse un’alternativa. E col senno di poi, credo sia una cosa positiva: la scuola non mi faceva impazzire, ma non cambierei niente del percorso che ho fatto.
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Eppure per molti ragazzi l’alternativa c’è. Infatti, anche in Italia si può ricorrere all’homeschooling, o educazione parentale. Il concetto di homeschooling è piuttosto semplice: sono i genitori, o altri famigliari, a impartire l’educazione, senza che gli “alunni” debbano frequentare la scuola. Si tratta di una pratica legale, in quanto la Costituzione sancisce l’obbligo dell’istruzione e non della scuola. Per farlo, bastano una autocertificazione e una lettera alla direzione di didattica responsabile che si tratti di elementari, medie o superiori. Inoltre, si possono fare degli esami ogni anno per assicurarsi di rimanere al passo con il programma scolastico e si può interrompere in ogni momento per ricominciare a frequentare la scuola.
Se negli Stati Uniti—con 2 milioni di persone e fino a terze generazioni di homeschooler— è un fenomeno radicato, in Europa è molto più recente. Nonostante non ci siano statistiche ufficiali, da noi l’homeschooling dovrebbe riguardare circa mille famiglie e sembra essere in continua crescita. E se i media ne parlano sempre più spesso, a dare rilevanza al fenomeno in questi giorni è arrivato nei cinema anche il documentario Figli della libertà.
Per capire le motivazioni che spingono un genitore a scegliere per i propri figli l’homescholing, come funziona e quali sono—secondo loro—vantaggi e svantaggi del sistema, ho contattato alcune famiglie che lo praticano.
Elena, 30 anni, casalinga e Michele, 27 anni, formatore in ambito professionale per giovani e adulti. Provincia di Bologna.
Genitori di Gregorio, 5 anni; Benedetta, 4 anni; Maria Marta, 2 anni
VICE: Quando avete deciso che i vostri figli avrebbero fatto l’homeschooling? Perché?
Elena e Michele: Abbiamo cominciato a interessarci all’homeschooling quando il nostro primo figlio era ancora molto piccolo, circa sei mesi. Ci siamo informati tramite blog di altre famiglie e successivamente partecipando ai meeting. Siamo partiti sempre molto scettici, con l’intento di fare una scelta il più possibile libera da pregiudizi da una parte e dall’altra.
All’inizio i principali motivi erano due: primo, per esperienza diretta da parte di Michele del mondo scolastico, constatavamo un continuo decadimento della didattica, del livello culturale e della motivazione di studenti e professori; secondo, riteniamo che la scuola sia un ambiente sempre più ideologizzato, fautore di una “cultura” che porta a pensare tutti allo stesso modo.
Avete mai avuto ripensamenti?
Sì. Periodicamente ci chiediamo se stiamo veramente offrendo qualcosa di più ai nostri figli. A volte dal punto di vista didattico, con la paura di essere carenti, e a volte dal punto di vista sociale. Solitamente dopo questi dubbi arrivano situazioni o avvenimenti che ci rassicurano e confermano la nostra scelta.
Se uno dei vostri figli vi dicesse di voler andare a scuola, quale sarebbe la vostra reazione?
Lo manderemmo a scuola, ma in ogni caso la responsabilità principale della sua istruzione ed educazione rimarrebbe in mano a noi, e sappiamo già che dovremmo integrare su parecchi aspetti.
Non avete paura che i vostri figli si sentano “diversi” dagli altri bambini?
Non pensiamo che ci sia nulla di male nel sentirsi diversi o nel constatare che effettivamente si è diversi. Il giorno in cui smetteremo di considerare la diversità come un ostacolo, sarà sotto gli occhi di tutti che in realtà è una ricchezza. Ci auguriamo che i nostri figli vedano già in noi che siamo genitori diversi rispetto agli altri, ma che ne portiamo la gioia e il peso nella consapevolezza delle scelte fatte.
In cosa il programma scolastico dei vostri figli è diverso da quello proposto dalla scuola tradizionale?
Stiamo usando il metodo analogico di Camillo Bortolato sia per l’italiano che per la matematica, e in parallelo sviluppiamo secondo le inclinazioni personali dei figli tutto l’apprendimento collaterale, sfruttando ogni risorsa, dalla biblioteca a internet.
Elisa, 39 anni, educatrice di asilo e scuola dell’infanzia. Cento (FE).
Madre di Margherita, 11 anni; Camilla, 10 anni; Mariangela, 9 anni; Giovanni, 8 anni; Tommaso, 5 anni
VICE: Da dove nasce la decisione dell’homeschooling?
Elisa: È venuta naturalmente, mano a mano che i bambini crescevano. Io sono un’educatrice, lavoravo nella scuola materna prima della gravidanza e mi è sempre venuto spontaneo intrattenere i bambini con giochi e attività. Poi vedendo i miei figli crescere, è cresciuta la curiosità di imparare cose sempre più adatte alla loro età, quindi leggere e scrivere è stato naturale come insegnare loro a camminare o andare in bici.
Se aggiungiamo i problemi in generale con la scuola, e il fatto che due brevi scolarizzazioni ci hanno lasciati molto insoddisfatti, a maggior ragione l’educazione parentale ci sembrava la scelta più adatta.
A livello burocratico come vi siete mossi?
All’inizio dell’anno scolastico è necessario dare comunicazione alla scuola del territorio di voler realizzare l’educazione parentale, e noi personalmente ci siamo sempre avvalsi della possibilità di far fare l’esame a fine anno—un po’ per mantenere buoni rapporti con le istituzioni e un po’ perché è successo che una bambina abbia avuto voglia di tentare di andare a scuola. Se ogni anno il loro percorso viene riconosciuto, e ciò avviene tramite un esame che si sostiene a giugno, non c’è alcun problema nell’inserimento.
Come è stata l’esperienza con la scuola tradizionale di sua figlia?
Al secondo semestre della quinta elementare aveva voglia semplicemente di provare ad andare a scuola. Si sentiva diversa dai coetanei e ha espresso il desiderio di cominciare. Alla fine dell’anno scolastico ha però scelto di tornare a casa, in quanto ha capito che a scuola imparava le stesse cose che imparava a casa ma in tempi molto più lunghi. Per quanto riguarda me, ho accolto in modo totalmente tranquillo la sua richiesta. L’homeschooling non deve assolutamente essere un’imposizione.
Per quanto riguarda il programma, come si organizza?
Fino a che erano piccoli mi sono basata sui loro interessi e sulle loro curiosità. Siamo sempre partiti dall’osservazione diretta: le stagioni, gli animali della fattoria, adesso che due delle mie figlie studiano le regioni, per esempio, cuciniamo piatti tipici. Ora la ragazzina più grande è in seconda media, la complessità degli argomenti cresce e siamo più vincolati ai programmi ministeriali, quindi studiamo ciò che c’è da studiare—sempre prediligendo i loro interessi.
I ruoli di mamma e maestra sono distinti?
Non sono distinti, anche il mio è un imparare assieme a loro, mettermi al loro fianco, quindi non sono la mamma che si mette in cattedra. Non è necessario dare voti né fare verifiche: parliamo insieme, l’apprendimento può essere anche la chiacchierata a tavola, guardare insieme il telegiornale, parlare di un fatto di attualità che ci ha colpito.
Non ha paura che crescano con qualche carenza sul lato della socializzazione?
È l’obiezione che ci fanno tutti, ed è uno degli obiettivi che ci poniamo come principali. Con i coetanei hanno altre occasioni per socializzare, quali catechismo, parco, sport, l’oratorio—attività che per gli altri sono extra scolastiche e che per noi fanno parte del loro percorso di apprendimento. I miei figli frequentano altri bambini e non hanno problemi da questo punto di vista. In più, socializzano bene con persone di tutte le età: non essendo abituati a essere incanalati sul binario delle varie età, per loro non c’è alcuna differenza nel relazionarsi alla persona di 80 anni o al bambino di due.
Marzia, 44 anni, traduttrice e scrittice e Alessandro, 40 anni, ingegnere informatico. Ravenna.
Genitori di Sara, 19 anni; Simone e David, 15 anni; Francesco, un anno
VICE: Da dove nasce la decisione di far fare l’homeschooling ai vostri figli?
Marzia e Alessandro: Simone e David hanno iniziato a fare homeschooling nel 2012 (cioè quando abbiamo scoperto la legalità di questa scelta, all’inizio della quinta elementare), mentre Sara—che iniziava allora il secondo anno al liceo classico tradizionale—ha lasciato la scuola per un percorso autonomo nel 2014, al quarto anno delle superiori.
Per i gemelli si è trattato inizialmente di una reazione a una situazione di disagio a scuola, ma ben presto si è tramutata nella convinzione che l’homeschooling fosse il percorso giusto per loro e per noi come famiglia.
Una volta deciso, come vi siete mossi? Come vi regolate con il programma?
La richiesta di fare homeschooling arrivò direttamente da Simone e David, stanchi e infinitamente delusi da una situazione che proprio nulla aveva di educativo e costruttivo; accogliendo la loro richiesta, raccolsi in rete le informazioni necessarie (ed entrai in contatto per la prima volta con il portale di Educazione Parentale), comunicai alla scuola la nostra decisione di seguire questo percorso e iniziammo la nostra avventura. L’aspetto burocratico è decisamente il più semplice. Il primo anno seguimmo un po’ la programmazione scolastica per far sostenere ai gemelli l’esame di quinta elementare, ma dall’anno successivo ce ne discostammo sempre più.
Cosa direste a uno dei vostri figli se questo chiedesse di abbandonare l’homeschooling?
L’homeschooling, esattamente come la scuola, non dev’essere un’imposizione ma una scelta motivata e condivisa e per questo lasciamo liberi i ragazzi di decidere il loro percorso. Quest’anno Simone ha deciso di rientrare a scuola per frequentare l’istituto agrario.
In cosa credete sia migliore rispetto alla scuola tradizionale?
Chiariamoci bene: non ritengo che la scuola tradizionale sia il Male e l’homeschooling la risposta. Credo che per la nostra famiglia sia la scelta giusta, questo sì. Non credo nella competizione e non credo assolutamente nei voti e nei giudizi: l’homeschooling permette (e parlo sempre della nostra realtà) di seguire i talenti dei nostri figli e soprattutto di farli crescere a contatto con la comunità e con persone di ogni età, estrazione e provenienza. Ma il “dono” più grande dell’homeschooling, oltre a una dimensione famigliare intensa e sana, è che ha reso i miei figli consapevoli e responsabili del loro stesso apprendimento.
Non temete che se un domani uno dei vostri figli decidesse di frequentare l’università si troverebbe svantaggiato rispetto agli altri ragazzi?
Certo, in Italia senza un diploma di maturità non si può accedere all’università. Sara non ha conseguito il diploma, ma ad aprile si trasferirà in Scozia dove è stata ammessa a un Higher National Diploma di giornalismo sulla base del suo portfolio e della sua passione; David, che non ha intenzione di prendere il diploma, mira a entrare all’École 42 di Parigi, scuola d’eccellenza per l’informatica che non richiede titoli d’accesso.
Fuori dall’Italia, soprattutto nei Paesi anglofoni, la formazione degli homeschooler è considerata ai più alti livelli. Eppure anche in Italia, se quello che si cerca è la conoscenza e non il pezzo di carta, le strade ci sono: le lezioni universitarie (ovviamente nelle università statali) sono a libero accesso, e infatti anche Sara ha frequentato i corsi dell’università di Bologna.
Come reagiscono di solito le persone quando dite di aver scelto l’homeschooling per i vostri figli?
Incredulità e scetticismo sono le prime reazioni. Molti fanno domande e poi concludono che è una scelta interessante ma che loro non la farebbero mai per i loro figli (perché non si sentono in grado, perché non saprebbero come fare, perché il figlio non farebbe niente, ecc.); altri purtroppo, si sentono attaccati nella loro scelta di mandare i figli a scuola e reagiscono con stizza e pregiudizio. Tuttavia sono sempre di più le famiglie che ci contattano perché vogliono iniziare a fare homeschooling.
Thumbnail via Flickr. Segui Flavia su Twitter
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