Interviste a persone che hanno affrontato un amico accusato di molestie

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Nella nostra società, siamo più a nostro agio a pensare a un/a survivor come “figlio/a di qualcuno” anziché pensare a chi stupra come “l’amico/a di qualcuno.” È difficile scoprire che una persona di cui ti fidi è in grado di commettere una violenza, e in alcuni casi la cosa viene taciuta per mantenere il rapporto.

Eppure, talvolta, affrontare una conversazione scomoda o tagliare i ponti può avere un impatto concreto sui comportamenti futuri di quella persona. VICE ha parlato con quattro giovani che hanno deciso di affrontare una persona a loro vicina che aveva commesso una violenza, per sapere cosa è successo dopo.

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Esther, 27 anni

Faccio parte di una cerchia di amici molto stretti e sono una delle sole due donne nel gruppo. Quando tempo fa uscivamo tutti insieme, notavo spesso che i ragazzi del gruppo si approcciavano in modo fisico e invadente a sconosciute. A giudicare dalle reazioni fisiche delle ragazze, era chiaro che non apprezzassero la cosa. Uno in particolare lo faceva spessissimo. L’ho visto spesso isolare delle ragazze. È grande e grosso, e può fare paura.

Gli ho chiesto più volte perché lo facesse. Sapevo che durante quelle serate beveva molto, ma lui non capiva mai di cosa stessi parlando. Sembrava incapace di riflettere sul suo comportamento. Ho smesso di frequentarlo per un po’—non pensavo fosse mio dovere tenerlo d’occhio.

Poi però la situazione si è fatta ancora più complessa. Questo tizio dorme spesso da amici dopo una serata fuori. A un certo punto è venuto fuori che a volte, se non incontrava nessuno da portarsi a casa, si masturbava di nascosto guardando qualche amico fare sesso, spiando dalla porta. Una volta, una ragazza se n’è accorta. La conoscevo perché era amica di amici. Quando l’argomento è saltato fuori in una chat di gruppo, lui ha ammesso di averlo fatto in più di una occasione. Gli altri ragazzi non ne avevano idea e hanno detto che gli avrebbero parlato.

Ho deciso di farlo anch’io. Gli ho detto che era una cosa disgustosa, che aveva passato il segno e che non aveva la minima idea dell’impatto delle sue azioni su quelle ragazze. Lui era silenzioso e ha cercato di capire il mio discorso. Ma era chiaro che, nel profondo, non capisse perché le sue azioni erano sbagliate. Alla fine, ha detto che avrebbe smesso. Ci frequentiamo tuttora.

Jeroen, 33 anni

Avevo poco più di vent’anni quando ho scoperto che il mio migliore amico—una persona che conoscevo da anni—aveva aggredito varie ragazze. Una volta, un’amica ha raccontato che l’aveva bloccata a una festa e le aveva detto che non l’avrebbe lasciata andare se prima non gli avesse promesso un pompino. Un’altra amica ha detto che si era addormentata vicino a lui dopo una festa e al risveglio lui la stava molestando con le dita. Ha anche baciato a forza un’altra amica, più volte.

Quando l’ho saputo, non ho più voluto vederlo. Non sentivo il bisogno di affrontarlo direttamente—non se lo meritava. Si sarebbe probabilmente scusato, ma le cose non sarebbero cambiate.

Da allora, ho troncato totalmente i rapporti. Ho smesso di rispondere alle sue chiamate e gli ho detto per messaggio svariate volte che non mi piaceva uscire con lui. Ha finto di non sapere perché, il che mi ha fatto incazzare ancora di più. Sette anni dopo, ha contattato una conoscenza comune e si è scusato per tutte le volte, in passato, in cui “si era comportato in modo strano.” Io ero deluso da quanta poca auto-analisi avesse fatto in tutti quegli anni.

Certe volte, mi compare ancora su Instagram. È triste aver perso una persona con cui condivido così tanti ricordi. Ma non voglio essere amico di qualcuno che abusa del potere che ha sulle altre persone, specialmente se sono persone che amo.

Dorien, 26 anni

Lavoro in un’azienda tech dove tutti conoscono tutti. Siamo un team giovane e uscivamo spesso in gruppo, prima del COVID. Una di quelle sere, un collega ha aggredito una collega. Io ero amico stretto di entrambi.

L’ho saputo la mattina dopo, quando lei si è presentata a casa mia in lacrime. Era rimasta a casa di lui perché aveva perso l’ultimo treno e lui le era saltato addosso. La mia prima reazione—che ho dissimulato—è stata di incredulità. Conoscevo il tizio in questione e lo rispettavo. Tutti gli volevano bene. Ma mi ci è voluto un secondo per farmi passare il ‘dubbio’: non c’era motivo perché lei mentisse.

Abbiamo parlato a lungo di cosa fare. Lei non era sicura di voler andare alla polizia né di far sapere cosa era successo all’azienda.

Ho dovuto trattenermi dal chiamarlo—lei mi ha chiesto di non farlo. Ho deciso di contattare il consulente aziendale perché ero preoccupato per la mia collega. Poter porre domande a una figura esperta è stato molto utile. Ho chiesto cosa potessi fare io, se lei decideva di non denunciare. Mi è stato consigliato di provare a incoraggiarla e alla fine si è decisa. C’è stata un’indagine e lui è stato licenziato due settimane più tardi. L’azienda ha gestito tutto prontamente e ha preso molto seriamente le parole della mia collega. 

Magari lui non è una persona intrinsecamente malvagia, ma ha sbagliato. Per me la situazione è stata complessa, perché erano entrambe persone amiche. A quanto pare, non lo conoscevo bene come pensavo.

Larissa, 20 anni

A novembre del 2018, durante una festa, il migliore amico del mio ragazzo mi ha molestata. All’epoca non l’ho detto al mio ragazzo perché avevo paura che la cosa avrebbe rovinato la loro amicizia.

Un anno dopo quell’evento, mi sono confidata con la sorella del mio ragazzo. Mi ha detto che quello stesso amico aveva fatto lo stesso con lei e con la sua migliore amica. Sono andata su tutte le furie. Le altre non sembravano sconvolte quanto me, ma era comunque stato superato un limite. Una delle ragazze mi ha detto che, semplicemente, “lui era fatto così.” È in quel momento che ho deciso di parlare. La sorella del mio ragazzo e la sua amica erano più giovani di me. Sentivo di doverle proteggere.

Ho mandato un messaggio al tizio in questione dicendogli che ciò che aveva fatto era profondamente sbagliato e che sapevo delle altre ragazze. Lui ha detto che gli dispiaceva sapere che io avevo vissuto la cosa in quel modo, ma che per quanto lo riguardava, non era successo niente. Poi mi ha chiamata e mi ha chiesto di passare da lui per fare due chiacchiere. Era l’ultima cosa che volevo—sapevo che non provava rimorsi. Per telefono, mi ha detto che quella volta aveva bevuto troppo e che le cose non erano comunque andate come le ricordavo io.

Dopo, mi ha bloccata. Nel frattempo ne avevo parlato col mio ragazzo—ora non si parlano più, era arrabbiatissimo. Anche se questa persona non ha ammesso alcuna colpa, sento comunque di aver fatto la cosa giusta difendendo me stessa e le ragazze.

Aggiornamento del 21/04/2021: l’articolo è stato rivisto per adeguarlo agli standard della VICE style guide.