Moltissime sottoculture, musicali e non, del Ventesimo secolo sono legate alla devozione per le sostanze psicotrope. Tranne una, gli straight edge, sottogruppo del movimento punk esploso negli anni Ottanta come reazione all’uso ormai fuori controllo di cocaina ed eroina. Quando ubriachezza costante e overdose con esiti fatali hanno cominciato a spogliare la scena di ogni credibilità ideologica, e a ucciderne i membri, molti hanno risposto nel modo che allora sembrava più rivoluzionario: smettere di bere e drogarsi per sempre. Molti sono andati oltre, diventando vegani e astenendosi dal sesso.
Se ubriacarsi e drogarsi era diventato normale, i veri punk non volevano assolutamente essere normali. Il gruppo Minor Threat ha creato l’inno di battaglia del movimento, con la canzone del 1981 “Straight Edge”, e da lì tutto è partito. Gli straight edge più devoti si riconoscevano facilmente dalle x nere tatuate sul dorso delle mani (simbolo preso in prestito da quelli che i buttafuori facevano a pennarello sui minorenni prima di farli entrare in discoteca). Come molte altre, anche questa scena era quasi morta a inizio anni Duemila. Secondo le testimonianze che ho raccolto, la maggior parte degli straight edge originari ha mollato dopo i trent’anni—ma c’è ancora un manipolo di duri e puri che rimane sobrio. Ecco come.
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Gregg Davis (aka xG-MONEYx), 44 anni, canadese
Batterista in gruppi punk e metal, come i Forces e Twinfold
Straight edge da 28 anni
“Non ho mai toccato droghe, e l’ultima birra che ho bevuto l’ho smezzata. Era il 1989. Ero ancora al liceo, nell’età in cui raccogli da terra i mozziconi di sigaretta per fumarli e rubi i sorsi di birra a tuo zio. Non fumavo né bevevo, ma dato che avevo i capelli lunghi e mi piaceva il metal, gli altri ragazzi pensavano che mi drogassi. Quando una volta mi è sanguinato il naso in classe, tutti hanno pensato fosse per la cocaina. Era fastidioso. Alle feste vedevo come si comportavano gli altri, e ho deciso che potevo dimostrare alla società che non avevo bisogno di bere o fumare per divertirmi. Ero davvero ribelle—se fare l’hippy, fumare erba, e ubriacarsi era una cosa da ribelli, io ero ancora più ribelle dei ribelli. Prendevo anche esempio dal mondo hip hop, dove persone come Chuck D e i Public Enemy volevano che la comunità afroamericana si rimettesse in piedi, evitando cose nocive come alcol e fumo—insomma la filosofia della Nation of Islam. Mi piaceva questa idea, quindi ho pensato, perché non essere ancora più diverso?”
Kyle Bishop, 45 anni, canadese
“Musicista fallito, ora servo dei ricchi”
Straight edge da 27 anni
“Ho cominciato a fumare hashish a 11 anni, e poi ho continuato con LSD, funghi, e tanto alcol. Al tempo le uniche cose che mi importavano erano il metal e distruggermi. Tutto è cambiato un paio d’anni dopo quando nella mia vita sono entrati lo skate, il punk e l’hardcore. E quando a 18 anni sono finito in un bad trip orribile con dell’LSD fortissimo, e ho chiuso col consumo di droga.
Ho deciso di cominciare a rapportarmi in modo diverso alla mia vita qualche mese prima di avere l’età legale per bere. Non ho smesso con le droghe per qualche motivo filosofico—penso che fare dello “straight edge” una legge morale sia una stupidaggine. Gli straight edge non sono persone migliori, ci sono stronzi anche lì. Solo che non possono trovarsi scuse tipo ‘ero ubriaco.’
Mi sono reso conto che andare alle feste non era una sfida. Mi attraeva la natura sovversiva della cultura straight edge, e la sua capacità di cambiare i miei preconcetti di ragazzino. Oggi, se dovessi ubriacarmi o prendere droghe, sarei insopportabile. Per fortuna non mi interessa, preferisco spendere soldi in libri, dischi, chitarre, auto—cose creative, non distruttive. Ma se fossi malato allo stadio terminale, prenderei sostanze che mi aiutino a sopportare il dolore? Certo. Se dovessi mangiare un ghiacciolo di metanfetamina e indossare calzettoni imbevuti d’eroina per vivere mille anni, lo farei.”
Patrick Coleman, 35 anni, americano
Regista e motion designer
Straight edge da 22 anni
“Alle medie, un paio di volte ho provato a bere, mi sono un po’ ubriacato ma non troppo, e fumavo sigarette regolarmente. Ma poi ho sentito parlare, al liceo, degli straight edge, e subito ho capito che era la cosa giusta per me. Per chi ci crede davvero non è stata una moda passeggera, è un impegno che dura tutta la vita. Ero sicuro che ce l’avrei fatta: da piccolo ho avuto problemi di salute, non volevo fare casino. E poi sono sempre stato un po’ un ribelle, e per molti versi essere straight edge è davvero essere ribelli. Il mio primo tatuaggio, che ho fatto a 17 anni, è stato quello straight edge. Per un po’ ho anche evitato cioccolato e Coca cola perché contenevano caffeina e sono stato vegetariano per non dovermi preoccupare degli ormoni. Poi mi sono reso conto che non avevo bisogno di essere così rigido.
Penso che essere straight edge sia più una questione identitaria generale che la definizione di una persona che semplicemente non beve. Io non bevo e non mi drogo, e lo faccio talmente da tanto che mi sembra normale. Ma non mi importa che le persone intorno a me siano come me: mia moglie per esempio non è straight edge. Vivo e lascio vivere, non mi metto certo a controllare gli altri. Avevo più amici una volta che erano come me—soprattutto nella musica—ma di tutti i miei amici che una volta erano straight edge, credo che solo il 25 percento lo sia ancora.”
Emma Charleston, 29 anni, inglese
Grafica e illustratrice
Straight edge da sempre
“Quando i miei amici hanno cominciato a bere, intorno ai 14 anni, ho visto le cose terribili che succedevano loro—baciare persone che poi si pentivano di aver baciato, litigare per niente, vomitare, rompere le cose. La parte che per loro era divertente—essere disinibiti, ‘ubriachi’—a me non sembrava affatto divertente. Allora ho pensato che avrei aspettato che imparassero a gestirla e poi mi sarei buttata anche io, ma quel momento non è mai venuto. L’alcol mi sembra causare un sacco di problemi e non offrire niente in cambio.
Un altro punto è il sapore: orribile. Ultimamente poi avere il controllo sta diventando molto importante per me, e l’idea di perderlo a causa di sostanze chimiche è un incubo. Non mi ha mai tentato nemmeno un po’. Mi sembra di averne già avuto abbastanza solo sentendo i miei amici raccontare. Ma non mi sono mai identificata come “straight edge” perché a 15 o 16 anni non mi pareva di avere le conoscenze o la comprensione della storia del movimento o delle implicazioni politiche di dirsene parte.
Ricordo distintamente di aver preso in considerazione di scrivere “StraightXEdge” sotto il mio nome su MySpace, e di aver deciso di non farlo. E poi era una scena molto maschile, e in quanto ragazzina roscia gallese non mi sembrava di potermi sentire a mio agio con tutti quegli omoni rasati, magri e tatuati di dieci anni più di me che suonavano in band metal.”
Aron Bow, “Old enough to know better, too young to care,” canadese
Responsabile delle operazioni per una ONG
Straight edge da tutta la vita perché “ci sono nato”
“Fin da piccolo ho visto i lati negativi della dipendenza, quindi non l’ho mai considerata una cosa figa o romantica—entrambi i miei genitori sono alcolizzati, e quando ho sentito che è una cosa ereditaria non ho nemmeno voluto provarci. Erano disgustosi, puzzavano. Ho fatto voto da giovanissimo di non diventare mai come i miei genitori, dato che li disprezzavo. Ho pensato che il modo migliore per riuscirci sarebbe stato fare il contrario di quello che hanno fatto loro. La mia ribellione è stata non bere.
A differenza degli altri ragazzini che si sentivano ribelli a sfondarsi di alcol, io vedevo i miei genitori e l’alcol non mi sembrava figo in alcun modo. Non mi piacevano nemmeno molte persone intorno a me, quindi la loro opinione non mi interessava e questo ha reso la “peer pressure” totalmente inefficace nel mio caso. Una zia che mi faceva da babysitter mi ha passato una dipendenza molto salutare, invece: la musica.
Non ho mai fatto uso di alcol o altre sostanze—non mi è mai interessato avvelenarmi. Ho visto persone intorno a me vendere i dischi e le chitarre per comprarsi la droga. Ma per me quelle sono le cose più importanti. Ho sentito anche la campana che dice che bere e drogarti ti aiuta a maturare, ma non saprei. Immagino dipenda dalla persona. Penso che maturi quando maturi. Un po’ come la gente che sente di doversi drogare per essere creativa. O sei creativo o non lo sei. Le droghe non aiutano.”
Questo articolo è tratto da Tonic.