Da più di tre mesi un detenuto italiano è in sciopero della fame per denunciare la sua condizione e protestare contro il 41-bis, il cosiddetto “carcere duro.”
L’uomo in questione si chiama Alfredo Cospito ed è rinchiuso nel carcere di Bancali a Sassari. Dal 19 ottobre del 2022 a oggi ha perso quaranta chili, e Angelica Melia—la dottoressa di fiducia che l’ha visitato di recente—ha dichiarato che “da un momento all’altro può crollare, siamo sull’orlo del precipizio.”
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Nonostante il pressoché totale silenzio della classe politica (a parte qualche manciata di interrogazioni parlamentari) e del governo, l’attenzione sulla vicenda è tenuta viva attraverso svariati appelli, presidi e manifestazioni.
Per molte persone, infatti, c’è un’evidentissima sproporzione tra la durezza della reclusione di Cospito e i fatti per cui è finito in carcere. Più in generale, poi, è proprio il regime del 41-bis a essere criticato perché ritenuto troppo crudele e potenzialmente anticostituzionale.
La vicenda processuale di Alfredo Cospito
Ma come siamo arrivati fino a questo punto? Per capirlo, bisogna partire dall’inizio di una vicenda giudiziaria piuttosto tortuosa e complicata.
Alfredo Cospito è un militante anarchico di 55 anni, che viveva a Torino con la compagna Anna Beniamino (anche lei attualmente in carcere).
Entrambi si rifanno alla Federazione anarchica informale – Fronte rivoluzionario internazionale (Fai-Fri). Più che un’organizzazione vera e propria, la Fai è una sigla in cui possono riconoscersi singoli individui o piccole cellule scollegate tra loro. L’assenza di una struttura gerarchica è un dettaglio importante da tenere a mente, perché è proprio su questo che ruota la disputa giuridica tra l’accusa e la difesa.
Nel 2013 Cospito viene condannato a 10 anni e 8 mesi di carcere per la gambizzazione di Roberto Adinolfi, amministratore delegato di Ansaldo Nucleare. Una volta in carcere è accusato di aver piazzato due ordigni davanti alla scuola allievi dei carabinieri di Fossano (in provincia di Cuneo), nella notte tra il 2 e il 3 giugno del 2006.
Le bombe erano esplose a distanza di mezz’ora di distanza tra loro, senza però causare danni a persone o immobili. Secondo i giudici, però, il tempo trascorso tra un’esplosione e l’altra “sarebbe stato più che sufficiente ad assicurare la presenza sul posto di personale incaricato dei primi rilievi.”
Per quell’episodio, Cospito è condannato in primo e secondo grado (nel 2017 e nel 2020) a vent’anni di reclusione per il reato di “strage contro la pubblica incolumità,” previsto dall’articolo 422 del codice penale. Mentre ha rivendicato il ferimento di Adinolfi, ha sempre negato ogni responsabilità per gli ordigni di Fossano.
A seguito delle varie condanne l’anarchico viene traferito nei reparti alta sicurezza “As2” delle carceri di Ferrara e Terni, che prevedono diverse limitazioni ma salvaguardano alcuni diritti, permettendo ad esempio ai detenuti di scrivere verso l’esterno. L’uomo aveva così continuato a mandare testi a pubblicazioni di area anarchica.
La richiesta di ergastolo ostativo
Nel 2022, senza che fossero intervenuti nuovi elementi di sorta, la situazione di Cospito è precipitata sul fronte processuale e detentivo.
Partiamo dal primo. A luglio la Corte di Cassazione, su richiesta del procuratore generale, ha riqualificato il reato: non più “strage contro l’incolumità pubblica” ma “strage politica” in base all’articolo 285 del codice penale, che prevede l’ergastolo anche in assenza di vittime o danni.
Se la pena fosse rideterminata in questo senso, Cospito rischierebbe l’ergastolo ostativo—una misura che non prevede alcun beneficio penitenziario né misure alternative alla detenzione per chi è stato condannato per reati di mafia o terrorismo; l’unico modo di uscire, in sostanza, è collaborare con la giustizia.
Nel 2021 la Corte Costituzionale l’ha ritenuto parzialmente incostituzionale, chiedendo al Parlamento di intervenire.
Nel dicembre del 2022, tuttavia, la Corte d’assise d’appello di Torino—a cui sono stati rinviati gli atti—ha deciso di sollevare una questione di legittimità costituzionale, ravvisando la possibilità che a Cospito possa essere riconosciuta l’attenuante della “lieve entità” dei fatti.
Prima che la Corte Costituzionale si esprima, però, passeranno diversi mesi.
L’applicazione del 41-bis
Passando al fronte delle condizioni detentive, invece, sempre nel maggio dello scorso anno il ministero della giustizia (allora guidato da Marta Cartabia) ha deciso di sottoporlo al 41-bis proprio a causa dei “numerosi messaggi” inviati ai “propri compagni anarchici, invitati esplicitamente a continuare la lotta contro il dominio, particolarmente con mezzi violenti ritenuti più efficaci.”
Come ha spiegato Flavio Rossi Albertini, l’avvocato di fiducia di Cospito, siamo dunque di fronte “al primo anarchico a cui viene applicata questa misura.”
A questo punto, è utile aprire una breve parentesi sul 41-bis.
Questo regime detentivo speciale è stato introdotto nel 1992, sull’onda dell’emergenza della strage mafiosa di Capaci in cui hanno perso la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e tre agenti della scorta.
Originariamente doveva durare solo tre anni, ma di proroga in proroga è entrata in pianta stabile nell’ordinamento penitenziario italiano. Secondo l’ultimo rapporto dell’Associazione Antigone, al novembre del 2021 le persone al 41-bis sono 749, di cui 13 donne; la quasi totalità è stata condannata per reati di mafia.
Si tratta, per l’appunto, di una condizione detentiva davvero estrema. Da un lato c’è chi—a partire da magistrati e amministratori penitenziari—lo ritiene uno strumento fondamentale nella lotta alla criminalità organizzata; dall’altro chi parla di una norma incompatibile con la Costituzione.
Negli ultimi anni alcuni aspetti del 41-bis sono stati censurati dalla Corte Costituzionale e da organismi internazionali come la Corte europea per i diritti dell’uomo (Cedu) e il Consiglio d’Europa per la prevenzione della tortura (Cpt).
Il detenuto sottoposto al 41-bis è quasi completamente isolato: deve dormire in una cella singola, non può accedere agli spazi comuni, può uscire solo due ore al giorno (contro le quattro degli altri reclusi), ha un solo colloquio al mese con i familiari oppure una telefonata di dieci minuti, e tutta la posta in entrata e uscita è controllata.
Altri divieti sono puramente gratuiti e crudeli. Secondo quanto ha riferito il senatore Silvio Lai del Partito Democratico, Cospito non può tenere in cella “le foto dei genitori defunti in quanto viene richiesto il riconoscimento formale della loro identità da parte del sindaco del paese d’origine.”
A ogni modo, lo scopo dichiarato del 41-bis è sempre stato quello di impedire ai mafiosi di comunicare con l’esterno—e dare ordini o indicazioni alla loro organizzazione criminale—nonché rendere la vita più dura possibile all’interno del carcere.
Le critiche al 41-bis per Alfredo Cospito
Ma nel caso di Cospito, come ha sottolineato l’avvocato Rossi Albertini, non c’è alcuna “organizzazione” da dirigere. E l’uomo, che si definisce un “anarchico individualista,” non può di certo essere un capo né dare ordini ad altre persone.
In un’intervista a Radio Black Out, Caterina Calia—un’avvocata che si occupa di diritti dei detenuti—ha spiegato che l’applicazione del 41-bis a un anarchico è un fatto grave, che ha un chiaro intento politico e punitivo. A suo dire, il messaggio implicito è il seguente: “Tu non devi più comunicare col mondo, non devi più sapere nulla, devi essere sepolto vivo.”
“La vita non ha senso in questa tomba per vivi”
A dicembre del 2022 il tribunale di sorveglianza di Roma ha respinto il ricorso della difesa confermando il 41-bis: secondo i giudici Cospito possiede ancora “un profilo elevatissimo di pericolosità sociale” e non ha mostrato “alcun segno di ravvedimento o dissociazione.”
Il 13 gennaio il legale dell’uomo ha invece presentato un’istanza di revoca del 41-bis al ministro della giustizia Carlo Nordio, il quale ad oggi si è limitato a dire che “segue con la massima attenzione la vicenda.”
Il grosso problema è che i tempi sono sempre più stretti, e le condizioni di salute peggiorano giorno dopo giorno. Ma l’anarchico è comunque intenzionato ad arrivare fino alle “estreme conseguenze” per “far conoscere al mondo gli abomini repressivi di questo paese.”
Nell’ultima lettera recapitata al suo avvocato, Cospito ha inoltre dichiarato che si opporrà “all’alimentazione forzata perché ultimamente mi è stata adombrata la possibilità di un Tso” (acronimo di trattamento sanitario obbligatorio).
“Alla loro spietatezza ed accanimento opporrò la mia forza, tenacia e la volontà di un anarchico e rivoluzionario cosciente,” si legge ancora. “Andrò avanti fino alla fine. Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.”
“La vita non ha senso in questa tomba per vivi,” ha concluso.