Questo racconto fa parte di Terraform, la nostra rubrica bisettimanale di narrativa sci-fi. Racconti sul futuro dell’uomo, della Terra e dell’universo—tra nuovi approcci alla realtà e evoluzioni distopiche del nostro presente. Ogni due giovedì una nuova puntata: se hai un’idea da proporre o un racconto da pubblicare, scrivici a itmotherboard@vice.com.
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Corsi a perdifiato per quelle che mi sembrarono ore, ma per quanto mi riguarda avrebbero potuto anche essere pochi minuti. Il silenzio spettrale di quel posto dimenticato dal consorzio umano, in cui da secoli nessuno uomo aveva osato mettere piede neanche sotto lauto compenso, mi fece raggelare il sangue nelle vene.
Ormai sfinito, durante una ripida salita inciampai e rimasi a terra, approfittandone per recuperare forze e fiato e tuttavia al tempo stesso in preda ad un atavico terrore. Solo il pallido bagliore lunare illuminava qua e là, come una torcia incantata, quelle distese infinite, ulteriormente sulla questione. A questo punto pensai chedovevo essere veramente diventato pazzo, e che probabilmente il povero Jack era stato vittima del mio stesso morbo se non addirittura di un’azione sconsiderata del sottoscritto! Quanti casi si leggono sui giornali di omicidi causati da folli che asseriscono di non ricordare le loro azioni, o di averle messe in pratica sotto il comando di voci demoniache appostate all’interno della propria mente?
Il rombo si faceva sempre più vicino, quando d’un tratto compresi che non si avvicinava in senso orizzontale ma in verticale: non dalle vallate lontane illuminate dal chiarore lunare, bensì dalle raccapriccianti profondità del regno sotterraneo! In preda al terrore più indicibile, ormai incapace di intendere e di volere così come di muovermi di un solo metro, chiusi gli occhi e mi arresi al mio destino: se le potenze infere avessero voluto portarmi nel Tartaro come avevano fatto con Jack, che lo facessero.
Fu proprio in quel momento che, ancora con le palpebre serrate, comparve all’occhio della mia mente un grottesco carosello che non potrebbe assolutamente esistere in qualunque mondo governato da una ratio numinosa e misericordiosa. Orde di esseri inconcepibili, ripugnanti giullari, nani conciati con vestiti medievali e ridicoli berretti, fanciulli aggraziati dai capelli bianchi e dal colorito del rubino, dotati di un’espressione ferina e di appuntite orecchie e talvolta corna arricciate su se stesse, creature che nessun occhio pio può avere mai visto nemmeno solo in sogno, si dipanavano in quel momento di massima follia come in una processione circense nella mia mente. Altri sembravano un agghiacciante incrocio di orsi primitivi e grandi scimmie antropomorfe, che mi fecero venire in mente le agghiaccianti leggende che avevo sentito da bambino sull’inquietante Uomo Grigio di MacDhui che molti escursionisti avevano asserito di aver avvistato sulle Highlands sozzesi. Altri erano bassi e qualcosa nel loro muoversi all’unisono mi suggerì che erano sicuramente dotati di un’intelligenza collettiva simile a quella di api e formiche.
L’inconcepibile processione avanzava inesorabile e festosa, mentre il rombo dei loro passi aumentava a ritmo sempre più sostenuto, fino al suo zenit. In quel momento di massimo terrore compresi che il rombo che avvertivo ormai da diversi minuti non giungeva né da valli lontane né da sotto: non da fuori, ma da dentro! Essi sono in me, nelle intersezioni tra lo spazio ed il tempo! Essi in un altro eone erano come noi, ma con il nostro avvento rimasero prigionieri della materia! Non se ne sono mai andati, entrano nella nostra mente quando si interconnettono gli angoli giusti! Non vi è nulla di più immortale del sangue che fu e che non è più!
Come avrei potuto rendere partecipe la mia adorata madre di queste assurde infamie! Io, Ölver Huldurr McGrain, portavo dentro di me, negli oscuri recessi del mio codice genetico millenni di atavici genomi dimenticati, elementi bastardi di epoche incalcolabili, il sangue di coloro che ci precedettero! Come avrebbe potuto mia madre convivere con la sconcertante idea che l’unico figlio che ella avesse mai cresciuto e adorato come una parte stessa di sé portasse in realtà dentro il suo sangue le maledizioni demoniache di eoni che non esistono, una coscienza extra-umana, un marchio esecrabile destinato a legarlo per tutta l’eternità a coloro che furono i suoi veri avi! Chi avrebbe fermato la mano irosa di mio padre qualora avesse sentito anche solo la metà di tutto ciò, l’incidente sull’Hekla, la distruzione delle sue costosissime attrezzature, la morte inspiegabile di Jack Sheldon, la mia fuga apparentemente imperdonabile! Ringrazio il cielo che entrambi mi abbiano anticipato nell’Aldilà, cosicché oggi non siano qui presenti con voi a leggere queste mie memorie fino ad oggi inconfessate!
Essi mi parlarono! Non lo fecero con la voce, ma vi giuro che quelle creature mi parlarono! Rivolgendomi il pensiero, io compresi nell’angoscia più inesorabile che essi mi reclamavano, in quanto essi erano i miei antenati occulti ed io la loro progenie, preziosissimo anello di congiunzione tra il loro mondo sotterraneo ed incorporeo e la nostra terra, su cui poggiamo i piedi ogni giorno senza sospettare nemmeno la minima parte di tutto questo orrore.
***
Non so per quanto tempo persi conoscenza. Forse ore, forse giorni interi. Mi risvegliai su una nave diretta in Scozia, con la febbre altissima. Gli uomini inviati da mio padre mi avevano trovato in fin di vita e, dopo essersi presi cura di me, stavano ora provvedendo a condurmi ad Aberdeen. Mi dissero che, durante la mia convalescenza, avessi proferito parole senza alcun significato, di una lingua sconosciuta che ad alcuni marinai più anziani ricordava l’antico gaelico.
Sta di fatto che, dal momento in cui giunsi nuovamente in Scozia ho evitato per tutta la vita di mettere nuovamente piede su quell’isola sinistra che risponde al nome di Islanda e tanto meno ho continuato a lavorare con mio padre nell’ambito delle risorse del mondo sotterraneo. Come avrei potuto acconsentire ancora a compiere personalmente sopralluoghi in posti simili, a introdurmi in anfratti sotterranei, nel buio più totale enell’umidità che governa il regno infero? Mi ripromisi allora che sarei sempre rimasto lontano da monti e vallate, da vulcani e grotte, da minerali e vegetali e dal terrificante colore verde!
Grazie ad alcune conoscenze di mio padre acquistai una barca ed intrapresi l’attività di pescatore. Così come secoli prima avevano acconsentito a fare gli antichi islandesi, spostandosi dai monti governati dalle divinità infere al mare e dedicando la loro vita alla rassicurante attività della pesca, così io pure feci. La vastità blu del mare mi permise di nascondere le mie esperienze assurde in qualche cassetto inaccessibile all’interno della mia mente. Per tutti gli anni che mi restarono da vivere, il cielo azzurro e il mare bonario mi diedero la speranza fino in fondo di poter evitare il mio destino. Col passare dei decenni, ormai divenuto un uomo, maturai persino l’opinione che forse tutto l’orrore di quella notte fosse stato solo un dannato incubo.
Tuttavia, adesso sono ben consapevole che, quando la morte verrà, non potrò fuggire in alcun modo e che non vi è alcun destino previsto per me se non quello codificato dal mio ancestrale genoma. Per questo, giungo finalmente alla richiesta di questo allegato alle volontà testamentarie che, senza questo necessario preambolo, sarebbe stata facilmente vista da voi signori tutti come bizzarra e di poca importanza.
Desidero che, in seguito alla mia dipartita, il mio cadavere venga posto sul battello di mia proprietà e condotto, da chiunque di voi accetti l’incarico, in terra islandese, nel porto di Vik. Qui, colui che verrà incaricato del trasporto si accorderà con la gente del luogo per disporre il trasporto delle mie spoglie sulle pendici del monte Hekla, o almeno fin dove quella povera gente sarà disposta ad avventurarsi. Io certo non li posso biasimare se si rifiutassero di condurre i miei resti fin sui versanti del vulcano demoniaco, sede del simposio infero! Perché tale operazione sia possibile, dispongo che solo dopo il trasporto della mia salma in terra islandese il notaio, dopo aver comprovato il buon esito dell’operazione, proceda alla divisione dei beni che lascio a tutti voi.
Non credetemi folle, miei cari, e fate assolutamente in modo che le mie ultime disposizioni siano seguite alla lettera! Essi mi reclamavano in vita ed io sono fuggito, ma almeno da morto dovete concedere loro di avermi!
Essi sono i miei avi ed io il loro discendente: non sottovalutate le mie parole e guardatevi bene dal mantenere nella nostra ridente Aberdeen le spoglie di un figlio degli Antichi! Ascoltatemi, io vi prego, o tramite i miei resti loro potranno accedere al nostro amato paese e nel giro di poche generazioni l’avranno colonizzato unendosi alle nostre donne, così come fecero decenni fa con la madre biologica di cui non ho alcun ricordo!
Il tempo stringe! Mi stanno reclamando, fate come vi ho detto! Sento che il rombo si avvicina sempre di più,riesco a vederli!
Ah, quell’esecrabile colore verde!…
Ölver Huldurr McGrain, 23 marzo 1969
Illustrazione di Andrea Cancellieri