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Il mistero delle patate sulla tomba di questo studioso francese

Parmentier Tomb

Se siete a Parigi, non potete non visitare il cimitero degli artisti di Père Lachaise. Qui, tra la tomba di Jim Morrison e quella di Oscar Wilde, potreste imbattervi in una lapide piuttosto singolare e circondata di patate con dediche a pennarello, “Merci pour les frites!” [Grazie per le patatine fritte!].

La tomba in questione è quella di Antoine-Augustin Parmentier. Non lasciatevi ingannare da questi messaggi entusiasti: non è lui l’inventore della tradizionale patatina fritta. Grazie a Parmentier, però, le patate sono diventate parte integrante della cultura culinaria francese. Sebbene oggi le patate siano ampiamente utilizzate nella cucina occidentale, dalle patatine fritte (tipiche del Belgio), alle tortillas e patatas bravas spagnole, fino al francesissimo purè di patate (che nella versione di Joël Robuchon aveva il 40 percento di burro), il tubero arrivò in Europa solo nel 1530, ovvero quando gli spagnoli raggiunsero il sud del Perù. Adottate prima dagli Spagnoli, e poi dagli Inglesi, le patate furono ben presto scoperte in tutta Europa e consumate in grande quantità soprattutto in tempi di carestia.

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Antoine-Augustin Parmentier
Un ritratto di Antoine-Augustin Parmentier, Fine Art Images/Heritage Images/Getty Images

In Francia, tuttavia, la situazione fu leggermente più complicata. Dal momento che i francesi iniziarono a coltivare patate come mangime per maiali, questo alimento non divenne mai popolare come nel resto del continente, e in America. Sospettate di essere portatrici di lebbra o addirittura peste, nel XVIII secolo le patate furono bannate dalla corona Francese per vent’anni. Inoltre, a causa del legame del tubero con la velenosa pianta della belladonna, la patata non divenne mai davvero diffusa in Francia, nemmeno nei periodi di carenza alimentare e grave povertà.

In questo scenario apparentemente irrecuperabile entra in gioco Parmentier: un farmacista di formazione che, in mancanza di fondi per aprire la sua farmacia, decise di utilizzare le sue conoscenze per fare carriera nell’esercito francese. Durante la Guerra dei Sette Anni, Parmentier fu catturato e tenuto prigioniero in Prussia. Qui scoprì questo alimento povero, già parte integrante dell’alimentazione prussiana, e diventato ancora più diffuso dopo il blocco delle importazioni di cereali dalla Francia. In prigione, Parmentier mangiò patate quasi ogni giorno e non solo le trovò particolarmente gustose, ma soprattutto, osservò che queste non gli avevano fatto venire né la lebbra, né la peste.

Tornato in Francia, Parmentier iniziò la sua personale missione per promuovere le patate in ogni modo. Ma i francesi, si sa, sono piuttosto restii al cambiamento. La Tour Eiffel, ad esempio, ora simbolo iconico della città, fu criticata per anni per la sua bruttezza, e oggi al centro di un dibattito simile c’è la piramide del Louvre—che polarizza allo stesso modo l’opinione pubblica. Le patate, considerate nocive per la salute ma anche per l’agricoltura, perché sottrarrebbero nutrienti al suolo, necessitavano quindi di una radicale trasformazione per essere presentate al pubblico francese in modo accattivante.

E così, Parmentier si mise d’impegno. Come prima cosa, offrì in dono alla Regina Maria Antonietta e al Re Luigi XIV dei bouquet di fiori di patata, indossati sul capo dalla Regina e all’occhiello dal Re. Poco dopo, il Re concesse a Parmentier di coltivare un campo di patate nella periferia di Parigi. Dopo aver piantato le patate, Parmentier assunse dei soldati per fare la guardia di giorno e di notte, poi incoraggiò i paesani del luogo (e forse pagò anche loro) a “rubare” le patate, contribuendo così ad accrescerne la loro popolarità. Allo stesso tempo, Parmentier si stava ingraziando i membri della burocrazia francese per diffondere una reputazione migliore di questo nobile alimento.

Parmentier's tomb with potatoes
Foto dell’autore

Nel 1771, Parmentier vinse un contest organizzato dall’Académie de Besançon per eleggere l’alimento che avrebbe sfamato i poveri in tempo di carestia, e nel 1772 la patata fu finalmente dichiarata commestibile dall’Università di Medicina di Parigi. Da questo momento in poi, la sua fama non fece che crescere, ed è grazie alle patate che i Francesi riuscirono a sopravvivere alla lunga carestia che precedette la Rivoluzione Francese del 1789.

Nel 1783, poi, Parmentier organizzò una cena e offrì ai suoi ospiti illustri un ricco menù di 20 portate, tutte a base di patate. Tra gli invitati c’erano anche Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, e alcuni attribuirono a questa cena il merito di aver presentato ai commensali, e di conseguenza agli Stati Uniti, le patatine fritte. Questa pietanza arrivò infatti alla Casa Bianca per la prima volta grazie a Jefferson.

Grazie a Parmentier anche il mais e le castagne divennero noti in Francia, ma il suo nome rimase tradizionalmente associato alla patata. Per molti anni alcuni sostenitori cercarono di dare alla patata un nome in suo onore. Questo riconoscimento, però, non gli fu mai attribuito (oggi i francesi la chiamano pomme de terre, o mela di terra), ma molti piatti tradizionali francesi a base di patate contengono alcuni riferimenti inequivocabili, tra cui l’hachis Parmentier, un piatto a base di macinato di carne di manzo e purè di patate, e le pommes Parmentier, cubetti di patate fritte.

Se avete voglia di rendere omaggio a questo pioniere, passate a fargli un saluto al cimitero di Père Lachaise, ma mi raccomando, non mangiate quelle patate intorno alla sua tomba.

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