Il caso Aquarius e i ‘vestiti infetti di Hiv’ sono l’ultima campagna contro le Ong

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È ormai da più di un anno e mezzo che le Ong impegnate nei salvataggi in mare dei migranti sono il bersaglio di campagne feroci.

In questo lasso di tempo sono piovute accuse di ogni tipo—accuse che, è bene precisarlo, o non hanno retto al vaglio dei giudici o devono arrivare ad una conclusione processuale. La principale è stata quella della collusione con la “mafia dei trafficanti”: partita da Gefira, think tank olandese di estrema destra, è diventato il teorema giudiziario (mai provato) del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro.

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Strettamente legata ai rapporti con i trafficanti c’è stata la storia dei “taxi del mare,” volta a dimostrare che le imbarcazioni erano in realtà dei “traghetti” (o addirittura “crociere” dotate di ogni confort) tra Libia e Italia. Oppure quella che voleva dimostrare un finanziamento occulto di Soros, o i naufragi simulati con attori pagati e la “sostituzione etnica” del popolo italiano.

Questa campagna ha avuto risvolti drammaticamente concreti. Prima l’ex ministro dell’interno Minniti con il codice di condotta, e poi il suo successore Salvini con la politica dei #portichiusi hanno fatto sì che al momento—se si esclude Mediterranea, che però non fa search and rescue—le navi sono state fatte sparire una dopo l’altra.

A ben vedere, in questo catalogo di accuse imputate alle Ong mancava solo quella di diffondere malattie letali. Anche se in maniera un po’ tortuosa, ora è successo.

Il 20 novembre 2018 il gip di Catania—su richiesta della procura—ha infatti disposto il sequestro della nave Aquarius di Medici Senza Frontiere e Sos Mediterranée, che da alcune settimane è attraccata al porto di Marsiglia dopo la revoca della bandiera panamense. Nel frattempo sono anche stati sequestrati più di 400mila euro su alcuni conti bancari di Msf.

L’inchiesta—chiamata “Borderless” e iniziata nel gennaio del 2017—ha messo sotto indagine 14 persone tra Msf e una società che si occupa di smaltimento di rifiuti. L’addebito è quello di aver “sistematicamente condiviso, pianificato ed eseguito un progetto illegale di smaltimento di un ingente quantitativo [ si parla di 24 tonnellate] di rifiuti pericolosi a rischio infettivo, sanitari e non, derivanti dalle attività di soccorso dei migranti a bordo della Vos Prudence e dell’Aquarius e conferiti in modo indifferenziato, unitamente ai rifiuti solidi urbani, in occasione di scali tecnici e sbarco dei migranti.”

In particolare, si legge nell’atto d’accusa, “non è mai stata dichiarata la presenza di rifiuti sanitari pericolosi a rischio infettivo” anche in presenza di “numerosi e documentati casi di malattie registrate dai vari Uffici di Sanità Marittima siciliani e del Sud-Italia intervenuti al momento dell’arrivo dei migranti nei porti italiani” nei quali sono stati “rilevati 5.088 casi sanitari a rischio infettivo (scabbia, meningite, tubercolosi, Aids e sifilide) su 21.326 migranti sbarcati.”

Ma è soprattutto grazie all’intervento di politica e media che la vicenda ha assunto toni molto più sinistri. Matteo Salvini si è immediatamente intestato l’aver fermato “non solo il traffico di immigrati clandestini ma, da quanto emerge, anche quello di rifiuti tossici.” Luca Morisi ha twittato: “PAZZESCO! Altro che vaccini! Smaltiti illegalmente nei porti italiani 24mila chili di rifiuti a rischio infettivo mai dichiarati.”

Alcune testate di destra hanno ulteriormente calcato la mano. Il Giornale, ad esempio, ha pubblicato titoli come “Sui rifiuti smaltiti dall’Aquarius infezioni di meningite, Hiv e tbc” o “Scabbia, tubercolosi e Aids. Dai migranti bomba sanitaria.” Il Secolo d’Italia ha denunciato: “Tbc, Hiv, meningite e sifilide: ecco virus e infezioni nei rifiuti di Aquarius.” Secondo Libero “Le Ong ci portavano i rifiuti oltre che gli immigrati.”

Medici senza Frontiere ha respinto queste accuse. Nel rivendicare il salvataggio di 80mila persone in tre anni di operazioni SAR, l’Ong ha parlato di un “estremo, inquietante tentativo di fermare a qualunque costo la nostra attività di ricerca e soccorso in mare” e ribadito “la legittimità e la legalità della nostra azione umanitaria.”

Gabriele Eminente, direttore generale di Msf Italia, ha spiegato nel corso di una conferenza stampa che “lo sbarco è uno dei momenti più controllati dalle forze dell’ordine, tant’è vero che può durare ore. Abbiamo messo in piedi un traffico illegale sotto gli occhi dell’autorità più di 200 volte?”

Sulla minaccia dei “vestiti infetti” è intervenuto con forza il dottor Gianfranco De Maio di Msf. “La cosa peggiore che mi si dica è di aver messo in pericolo le persone,” ha detto a margine della stessa conferenza stampa, “affermare che epatiti e tubercolosi siano trasmissibili dai vestiti e dagli avanzi è una cosa assurda.”

In effetti, la leggerezza con cui si è parlato delle modalità di contagio di determinate malattie è davvero sconvolgente. In un intervento su Quotidiano Sanità, la presidente del Network Persone Sieropositive (NPS) Margherita Errico si è detta “sgomenta” per le “cose inaudite [ scritte] in merito alla modalità di trasmissione dell’HIV, cose che non si sarebbero lette nemmeno negli anni Ottanta.”

Errico ha poi duramente criticato la diffusione di informazioni scientificamente scorrette e la “speculazione strumentale in ambito di HIV,” che hanno l’unico effetto di “aumentare il pregiudizio già esistente sull’infezione da HIV per di più associandola alla questione migranti, […] criminalizzandoli al solo scopo populistico e creando così un doppio stigma.”

Il caso di specie, insomma, ha riattivato per l’ennesima volta il panico sui “migranti che ci portano malattie” —nonostante sul tema ormai esistano svariati debunking e articoli scientifici. In uno di questi, pubblicato nel 2017 sulla rivista Epidemiologia e Prevenzione, quattro medici hanno evidenziato come l’“effetto ‘migrante sano’” possa applicarsi “anche ai profughi che arrivano sulle coste italiane.”

Nel gergo tecnico, quell’“effetto” indica “una sorta di selezione naturale all’origine, per cui decide di emigrare solo chi è in buone condizioni di salute.” La controprova, scrivono i medici, “sta nella bassa occorrenza di patologie infettive di importazione tra gli immigrati che arrivano nel nostro paese (oltretutto con rischi di trasmissione alla popolazione ospite trascurabili, in assenza di vettori specifici e/o delle condizioni socioeconomiche favorenti la loro diffusione.”

Il vero tema, sostengono, è quello della salute mentale che “rimane ancora oggi ampiamente sottaciuto, nonostante l’alta incidenza di problemi psichici causati dalle violenze subite in patria o durante il viaggio.” Per il resto, il cliché del “migrante-untore”—con tutto il carico apocalittico che si porta dietro—andrebbe quanto meno ridimensionato.

Andrebbe, per l’appunto. Perché nella realtà costruita dalla triangolazione magistratura-politica-media succede l’esatto contrario. E l’ultimo attacco a Msf non fa altro che impiantare nella testa delle persone l’immagine di navi stracolme di “bombe sanitarie” pronte a far fuori gli “italiani sani,” nonché la scena di volontari che scaricano quintali di barili tossici sulle nostre coste illibate—il tutto, si noti, sotto il naso delle forze dell’ordine.

Dopo aver demolito il principio del soccorso in mare—con risultati letali, visto l’aumento senza precedenti del tasso di mortalità nel Mediterraneo—ora si aggiunge l’accusa più infamante possibile per un gruppo di medici impegnati in tutto il mondo: quella di essere degli untori.

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