A Bari c’è stata un’aggressione fascista dopo il corteo contro Salvini

Ieri pomeriggio, centinaia di persone hanno sfilato per le strade di Bari in un corteo antirazzista lanciato dalla rete “Mai con Salvini.” La manifestazione è partita da piazza Umberto per poi attraversare il quartiere Libertà, che la settimana scorsa era stato il teatro della visita del ministro dell’Interno Matteo Salvini.

Secondo i quotidiani locali, lo schieramento delle forze dell’ordine era abbastanza imponente, con “cinque camionette della polizia e diverse vetture della polizia locale a presidiare le aree toccate dal corteo.” Lo svolgimento di quest’ultimo, aperto dallo striscione con la scritta “A Bari sime tutti poveridde / Bianghe, gnore, gialle e virde,” è stato regolare fino all’arrivo, in piazza Redentore.

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Tuttavia, verso le 22 di sera si è verificata un’aggressione ai danni di cinque persone che stavano percorrendo via Crisanzio. A raccontare come sono andate le cose è l’europarlamentare Eleonora Forenza, eletta con la lista L’Altra Europa con Tsipras ed esponente di Potere al Popolo. “Ci siamo fermati perché c’era una donna eritrea con il passeggino impaurita,” racconta a Repubblica, “e aveva timore di salire a casa perché [in via Eritrea, sede di CPI] c’erano i militanti di Casapound schierati e in questo quartiere avere la pelle scura non ti fa certo stare tranquilla.”

A quel punto, prosegue Forenza, sono stati rincorsi da “una decina di persone che prima ci hanno gridato in dialetto barese ‘ve ne dovete andare’ e si sono infilati guanti neri con i tirapugni in acciaio e ci hanno aggredito con mazze e cinghie. Hanno aggredito noi inermi tra passeggini e bambini.”

Anche Claudio Riccio, attivista barese candidato con Liberi e Uguali alle ultime elezioni, ha spiegato su Facebook la dinamica dell’accaduto. “Un gruppo di trenta fascisti era schierato con mazze e catene davanti alla sede,” scrive, “non c’era traccia di alcun poliziotto. […] Non pensavamo che si sarebero lanciati su di noi che eravamo lì con diversi bambini piccoli. Ma a quel punto il gruppo di neofascisti è arrivato su di noi con mazze, cinghie e catene.”

Riccio spiega di essere stato “colpito da una cinghiata con una fibbia di palestra di quelle belle pesanti,” ma di essere riuscito a parare il colpo e di cavarsela con “qualche acciacco e dolore (7 giorni di prognosi).” Ad altri, invece, è andata peggio. Antonio Perillo—assistente di Forenza—è stato colpito alla testa riportando una ferita lunga nove centimetri, ricucita con nove punti di sutura. Un altro ragazzo, ferito sempre alla testa, è stato medicato al Policlinico con tre punti di sutura.

Dopo il pestaggio, gli antifascisti si sono radunati nuovamente in via Crisanzio, dove le forze dell’ordine hanno caricato. La situazione di tensione si è protratta fino a mezzanotte. La Digos, si legge su Repubblica Bari, ha portato in questura circa trenta militanti di CasaPound per l’identificazione.

La versione dei “fascisti del terzo millennio” è diametralmente opposta. Stando ai post su Facebook della sezione locale e quelli del vicepresidente Simone Di Stefano, le vere vittime sarebbero proprio loro. Secondo quanto riferito, un “gruppo sostenuto di persone” avrebbe “aggirato i controlli delle forze dell’ordine” sbucando “nella via dove è ubicata la sede di CasaPound Italia Bari, con il chiaro intento di assaltare la sede ed i suoi militanti. Fortunatamente sono stati respinti dai nostri militanti, che presidiavano per evitare vandalismi.” Resta da capire come si possa pensare di tentare un “assedio” con bambini e passeggini, ma tant’è.

Le reazioni istituzionali non si sono fatte attendere. Matteo Salvini—parlando alla festa di Fratelli d’Italia, Atreju—è apparso incredibilmente cauto: “Da ministro degli Interni ho il diritto-dovere di andare oltre la notizia dei giornali, quindi per capire bene mi baso solo sulle fonti dirette della polizia, altrimenti quest’estate avrei dovuto inseguire dei lanciatori di uova, che lanciavano uova a caso, anzi a cazzo.”

Il sindaco di Bari Antonio Decaro, al contrario, ha scritto su Facebook che “l’aggressione è un fatto gravissimo. Spero che i responsabili siano puniti.” Lo stesso ha poi aggiunto che “noi tutti sappiamo che esistono dei mandanti morali. Sono tutti quelli che ogni giorno, subdolamente, con parole di finto buonsenso, alimentano un clima di odio, di pregiudizio, di violenza.”

In effetti, che il clima nel quartiere Libertà non fosse dei migliori lo si era già capito negli ultimi mesi. Quest’estate, il movimento “Riprendiamoci il futuro” aveva avviato una raccolta firme contro gli “immigrati irregolari”—ossia i principali responsabili, a loro dire, del degrado in cui versa la zona. L’iniziativa aveva generato molte polemiche e prese di posizione contrarie, fino a quando la settimana scorsa Salvini ha sostanzialmente offerta la sua copertura politica al comitato.

Mentre faceva un (finto) bagno di folla, il vicepremier ha dichiarato che “ci sono troppi migranti” e di essere “qui per combattere l’illegalità di qualunque colore e qualunque nascita. Arriveranno uomini e mezzi delle forze dell’ordine in più, telecamere e non solo qua, controlleremo le scuole, combatteremo lo spaccio e il racket.” Nel corso della visita di Salvini si era inoltre verificato l’episodio del sequestro dello striscione che recitava “Salvini bimbominkia,” con tanto di irruzione della Digos a casa dell’attivista che l’aveva esposto sul balcone.

Quando successo venerdì 21 settembre, insomma, è una specie di quadratura del cerchio sia locale che nazionale. Lo schema “fascioleghista” è ormai ben collaudato: si parte da notizie di vero o presunto degrado in qualche zona; la colpa viene immediatamente scaricata sugli stranieri, senza andarci troppo per il sottile; infine, i partiti della destra più o meno estrema alzano al massimo la tensione e scendono in strada per manifestare.

Un simile schema va avanti da tempo, e recentemente lo si è visto all’opera nelle spiagge di Ostia oppure a Rocca di Papa—dove i militanti neofascisti si sono radunati per protestare contro l’arrivo dei migranti della nave Diciotti.

Inquadrando così la questione—cioè come un costante gioco di sponda tra i partiti politici istituzionalizzati e quelli extraparlamentari—si evita di incappare nell’errore post-elezioni del 4 marzo. Quello, cioè, di far finta che il magro risultato elettorale di partiti come CasaPound e Forza Nuova (entrambi sotto l’1 percento) li abbia fatti sparire.

In diversi, infatti, hanno fatto un ragionamento di questo genere: “Vedete? Non c’è nessun ‘allarme fascismo’ in Italia! Questi sono solo freak nostalgici che non contano niente!” E non a caso i commentatori “democratici”—magari gli stessi che hanno steso i tappeti rossi televisivi ai fascisti, al solo scopo di fare qualche punto di share in più—sono tornati bellamente a ignorare l’esistenza di queste forze politiche.

Ma il punto, con ogni evidenza, non è il loro peso elettorale; è che molti non possono permettersi il lusso di ignorare i fascisti. Come giustamente è stato fatto notare, sono i fascisti stessi a non ignorare certe persone (migranti, antifascisti, militanti di sinistra): le vanno proprio a cercare, e le colpiscono.

Questo è ciò che è successo a Bari ieri sera.

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