Chexx Italia, società fondata nel 2015 nel centro storico di Genova, si occupa di “contabilizzazione e gestione dei pagamenti.”
Il 22 settembre scorso, la compagnia e i nomi di alcuni dei suoi rappresentanti sono finiti nel mirino dal Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti, che l’ha inserita in una lista di “cittadini a designazione speciale” (SDN) accusati di compiere attività illegali ai danni del paese americano.
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Secondo le imputazioni, che tuttavia non sono state appurate da un regolare processo, Chexx farebbe parte di “un’organizzazione criminale transnazionale” accusata di “aver riciclato milioni di dollari in tutto il mondo.”
L’azienda italiana è un’associata del PacNet Group, network presente in 18 paesi che – stando alle asserzioni del Dipartimento – avrebbe “intenzionalmente” accettato e gestito denaro frutto di frodi perpetrate online.
Ma PacNet Group ha prontamente negato ogni attività fraudolenta e, con un comunicato pubblicato sul proprio sito, ha respinto “categoricamente le accuse mosse nei suoi confronti” dalle istituzioni statunitensi.
“I consumatori americani ricevono tutti i giorni decine di migliaia di frodi postali di false lotterie e altre sollecitazioni fraudolente, contenenti rappresentazioni false congegnate per vittimizzare i più anziani o altri individui vulnerabili,” si legge nel comunicato stampa diffuso dal Tesoro americano.
In parole povere, stando allo scenario fornito dal Dipartimento, i truffatori invierebbero messaggi via email o posta tradizionale annunciando la vincita di una fantomatica lotteria. Per ritirare il montepremi, però, la vittima deve prima spedire un assegno in denaro — con cifre che variano da centinaia a decine di migliaia di dollari.
È qui che PacNet e le sue filiali giocherebbero un ruolo fondamentale. I soldi delle vittime verrebbero infatti incanalati attraverso la società, la quale, dopo aver trattenuto una propria commissione, li renderebbe disponibili ai truffatori.
In questo modo, sostiene il Tesoro, PacNet “aiuterebbe a offuscare la natura e impedire la prevenzione di queste operazioni fraudolente.”
“Da quasi vent’anni PacNet processa consapevolmente i pagamenti collegati a questi schemi di sollecitazione fraudolenta, che risultano nella perdita di milioni di dollari da parte dei consumatori americani,” si legge ancora.
Accuse che l’azienda respinge in toto: “PacNet fa affidamento su un rigoroso programma di controllo,” si legge in un comunicato. “Ci atteniamo a tutti gli standard globali per quanto riguarda la due diligence dei clienti e aggiorniamo continuamente le nostre politiche, procedure e il nostro addestramento. Al centro di tutte queste operazioni c’è la sicurezza del pubblico.”
Il presidente di PacNet è l’avvocato inglese Paul Davis, che sull’Isola di Man conduce un’azienda agricola specializzata nella produzione di carne di razze bovine pregiate. Davis è anche l’unico azionista di Chexx Italia, mentre l’amministratore della società genovese è Raffaella Ferrari, anch’essa residente nel Regno Unito. I loro nomi, da un paio di settimane, compaiono sulla lista diffusa dal governo americano.
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Ferrari e Chexx Italia si sono uniti a centinaia di soggetti legati al nostro paese già presenti sull’elenco dei “cittadini a designazione speciale” (SDN) stilato dal Dipartimento del Tesoro.
La lunghissima lista sembra essere un potpourri di soggetti ritenuti a rischio, sia “entità” che “individui”, ma per ragioni molto diverse tra loro: tra di essi si trovano infatti diverse società simili a PacNet, ma anche camorristi, presunti jihadisti e un neofascista latitante in Sud America.
L’elenco include, infatti, “i regimi stranieri, i terroristi, i narcotrafficanti e tutti coloro che rappresentano una minaccia alla sicurezza nazionale, alla politica estera o all’economia degli Stati Uniti.”
Il documento non si riferisce a indagini svolte e condanne inflitte dall’Autorità Giudiziaria americana. Tuttavia, oltre al carattere simbolico della designazione, nei confronti di chi finisce sull’elenco vengono comminate sanzioni economiche: il sequestro dei beni detenuti negli USA e il divieto a tutti i cittadini americani di fare affari con loro.
L’ultimo italiano a finire nel mirino del Tesoro, in ordine di tempo, è stato il rapper bresciano di origini marocchine Anas el-Abboudi, noto anche con l’alias di MC Khalif. Accusato di terrorismo internazionale, il 24enne si sarebbe unito allo Stato Islamico in Siria e avrebbe fatto proselitismo online.
El-Abboudi appartiene a una lunga fila di presunti jihadisti già da tempo presenti sulla lista nera. Molti di loro erano stati aggiunti a cavallo tra la guerra dei Balcani e il post-11 settembre, quando su spinta di George W. Bush tutti i governi occidentali intensificarono le attività antiterrorismo. Spiccano i nomi di appartenenti a cellule di al-Qaeda sradicate nei primi anni ‘2000, come quelle di Cremona, Bologna e Napoli.
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Al pari di organizzazioni terroristiche vengono poi trattate ‘ndrangheta e Camorra, inserite nella lista per il loro ruolo di primissimo piano nel narcotraffico mondiale.
“L’azione del governo mira a espellere la Camorra dal sistema finanziario globale e tutelare il sistema finanziario americano dal riciclaggio dei suoi proventi criminali,” spiegava nel 2012 il Dipartimento.
All’interno della lista figurano anche alcuni degli storici boss della mafia campana. A partire dai padrini di Gomorra, Antonio Iovine, Francesco Schiavone e Michele Zagaria, leader del clan dei Casalesi tutti arrestati dopo lunghi periodi di latitanza.
A essere colpiti dal provvedimento sono stati anche Paolo di Lauro, esponente del clan Contini di Napoli, il figlio Marco, tuttora latitante, e alcune giovani leve della Camorra come i boss Michele Abete e Mario Riccio, entrambi di 24 anni.
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