Da un po’ di tempo nella Capitale sta succedendo una cosa piuttosto anomala: molti romani escono e si incontrano in una delle piazze più turistiche della città, una di quelle evitate per anni. Piazza Navona, per quanto suggestiva e unica, è sempre stata considerata un luogo bello, ma nel quale passarci di fretta per poi tirare dritto verso qualche posto lì dietro, meno caotico. Impossibile pensare di passare del tempo lì o mangiare qualcosa di decente in uno di quei ristoranti che sembrano essere nati per i turisti.
Uno non ci pensa mai, ma anche nel centro storico o nelle zone altamente turistiche ci sono ‘persone del quartiere’ , solo che è sempre difficile capire chi abita da queste parti, sembrano tutti solo di passaggio
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Ma da qualche mese a questa parte le cose sono diverse, sarà che dopo il Covid-19 molto anche a Roma sembra essere cambiato. Dal 4 maggio, fine del lockdown, la città era incredibile: strade deserte, niente traffico, niente grupponi di turisti, niente bici, niente pedoni. Un po’ triste, certo, ma per chi vive a Roma indubbiamente uno scenario mozzafiato.
Un solo bar era aperto e poche persone stavano lì davanti, a pochi passi. Stranita mi avvicino: il bar si chiama Camillo e a maggio serve solo poche cose da bere e d’asporto: qualche birra, acqua e degli spritz da portare via, fatti sul momento e messi dentro delle bottigliette.
In poco tempo la sera ci si incontra lì e si beve una birra con davanti lo spettacolo che è piazza Navona di notte: semi deserta e bellissima. Diventa in breve il mio posto preferito. Ci porto nuovi amici perché: “quando ti ricapita di uscire il venerdì sera in una delle piazze più suggestive al Mondo e perdipiù senza turisti?”. Piazza Navona di nuovo in mano ai romani.
Non passa poi troppo tempo da quando diventa possibile consumare sul posto e sedersi ai tavoli.
Camillo diventa un po’ la mia seconda casa. Standoci praticamente ogni giorno, conosco poco a poco Tommaso de Sanctis, colui che sta dietro a tutto questo: “il mio intento era ridare ai romani il gusto di vivere la propria città in tutta la sua bellezza, ma allo stesso tempo smontare la teoria per cui un sito storico e turistico debba per forza essere di basso livello o lontano dalla vita dei romani”.
Durante la quarantena facevo la doccia giù nel bagno dipendenti dove l’acqua calda durava solo pochi minuti e mi preparavo da mangiare nella cucina del ristorante
L’ultima volta che vado trovarlo, mi indica un tavolo poco lontano dove una coppia di americani stava assaggiando diverse cose della cucina di Tommaso. “Sono venuti qua perché una ragazza su Instagram aveva consigliato di mangiare da Camillo” mi dice, “io voglio essere questo: un posto che consigli quando dei tuoi amici vengono a Roma e vogliono mangiare bene con vista su Piazza Navona. Un posto vero, particolare, con la sua identità; un posto dove però anche tu che sei romana andresti”.
Gli chiedo da dove è nato tutto questo, come ha iniziato. “Il locale nonostante fosse di proprietà della mia famiglia non era mai stato gestito da me. Quando però il 10 marzo è scattato il lockdown, ho pensato di trasferirmi qui, sopra al ristorante c’è un piccolo spazio dove posso dormire. Facevo la doccia giù nel bagno dipendenti dove l’acqua calda durava solo pochi minuti e mi preparavo da mangiare nella cucina del ristorante”. Lui di cucina ci vive, l’ha studiata e poi messa in pratica nelle diverse esperienze lavorative. Poi durante la quarantena, da solo, passava il tempo a sperimentare e spadellare ipotizzando nuove idee per un menu e facendo qualche video ricetta. “Delle volte, con le belle giornate, mi cucinavo qualcosa di buono e me lo mangiavo fuori, su un tavolino del locale chiuso. Era uno dei momenti più belli in assoluto: piazza Navona era totalmente deserta, l’erba cresceva tra i san pietrini e le uniche forme di vita umana erano le persone del quartiere. Uno non ci pensa mai” mi dice, “ma anche nel centro storico o nelle zone altamente turistiche ci sono ‘persone del quartiere’ , solo che è sempre difficile capire chi abita da queste parti, sembrano tutti solo di passaggio”.
Durante il lockdown quelle persone sono iniziate a diventare facce amiche. Di tanto in tanto alcuni che passavano davanti al locale si fermavano per un saluto, poi due chiacchiere e infine una birra “ovviamente tutto a distanza”, mi rassicura.
Camillo era diventato il bar del quartiere. Non sorprende infatti che, finito il lockdown, molti abbiano continuato ad andare lì, sperando che quel ragazzo seduto sui tavolini di un ristorante chiuso avesse aperto finalmente il suo locale. “All’inizio non è stata proprio una passeggiata” mi dice, “ma l’idea balenava in testa già da un po’, bisognava solo capire come realizzarla”. Se in un periodo antecedente al Coronavirus mi avessero detto che stava per aprire un locale non turistico a piazza Navona, non ci avrei scommesso mezzo euro.
Oggi Camillo sfoggia fantastici tendoni verde scuro in contrasto con quelli bianchi (ormai grigi per quanto sporchi) e tutti uguali di Piazza Navona. Tommaso ha sistemato la parte fuori con nuovi tavolini, sedie e piccoli dettagli che ridanno vita a quella piazza. Chiunque abbia seguito questo locale dalla riapertura post quarantena fino ad oggi può confermare che il cambiamento è impressionante. Sono partiti con qualche birra e patatine fino ad avere oggi il pane e le paste fresche fatte interamente da loro. Il menu poi spazia e scopre nuove fusioni di cucina, come dei tortelli fatti con un ripieno emiliano, il sugo d’arrosto piemontese e una tecnica di cucina giapponese.
Oppure il malto di farro: “Prendo il farro, lo faccio germogliare e ne sviluppa la cariosside. Poi lo tosto, lo essicco e ci faccio un risotto. L’ho provato ieri e devo dire è una bella bombetta” mi dice ridendo. La sua idea non è un classico ristorante italiano: solo perché siamo a piazza Navona non vuol dire che si debba fare solo cucina tradizionale. “Questo nuovo menu sarà un mix di culture, partendo da una base unica che è la cucina italiana. Ci divertiamo a sperimentare”.
Parlo di Tommaso e del suo locale Camillo perché è stato il posto che mi ha insegnato qualcosa di importante in un momento anomalo come il post lockdown. Mi piacerebbe vedere Piazza della Rotonda (il Pantheon) o Campo de’ Fiori piena di posti come questo, in cui turisti e romani si incontrano e condividono gli stessi spazi.
Camillo è l’esempio che a volte basta avere una buona idea, anche nel periodo più nero e drammatico per ristorazione e turismo.
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