Foto di case in Cina che chi ci abita si rifiuta di vendere

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Sono tutte note informalmente come dingzihu, o “case chiodo.” Sono case destinate a essere demolite per fare spazio ad autostrade, centri commerciali o qualche altro pezzo di infrastruttura privata che ha ottenuto il via libera dallo stato—ma i loro proprietari si rifiutano di venderle o abbandonarle. Per questo, le case somigliano a dei “chiodi” sporgenti e i progetti di costruzione non possono fare altro che girarci intorno. Alla fine, i residenti si ritrovano con parcheggi e strade a ridosso della loro abitazione, ma continuano a viverci dentro.

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Foto di REUTERS/Paul Yeung. Un condominio di sei piani nel cantiere di un distretto centrale di Shenzhen ad aprile 2007. Choi Chu Cheung, proprietario dell’edificio, e sua moglie Zhang Lian hanno rifiutato il rimborso offerto dall’impresa.

“Queste case catturano l’immaginazione delle persone perché rappresentano una lotta alla ‘Davide e Golia’,” spiega Steve Hess—professore di scienze politiche alla Transylvania University in Kentucky. Ha passato anni a studiare il fenomeno e nel 2010 ha pubblicato un paper intitolato Nail-Houses, Land Rights, and Frames of Injustice on China’s Protest Landscape.

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“Sono apparse per la prima volta a metà degli anni Novanta,” ha spiegato via email. “Nel 1994 una riforma aveva spostato molte delle entrate fiscali dal governo locale a quello nazionale.”

Il risultato, ha spiegato Steve, è che i soldi andavano al governo centrale, e le autorità locali restavano senza. Per risolvere il problema, tra le altre cose, le amministrazioni locali hanno iniziato a vendere terreni di cui avevano la giurisdizione a imprese private di vario tipo. E poiché non erano obbligati a pagare i residenti sfollati a tasso di mercato, hanno ricavato un bel profitto nel rivendere quelle proprietà. Nel tempo, questa scappatoia è diventata ufficialmente una truffa, di cui i residenti sono pienamente consapevoli solo oggi.

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Tao Weiren davanti alla sua casetta a due piani nel quartiere di Guangfuli a Shanghai, nel marzo 2016. Su carta, questo quartiere è il sogno di ogni grande costruttore immobiliare: uno spiazzo nel mezzo di uno dei mercati immobiliari più costosi del mondo. Centinaia di persone, tuttavia, continuano a vivere lì e si rifiutano di andarsene. Foto: REUTERS/Aly Song

Oggi, chiunque si rifiuti di lasciare la propria casa diventa in fretta un nemico dello stato. Ma queste persone sono viste sempre di più anche come eroi locali.

“Le case-chiodo e queste proteste fanno eco nella gente, per via della percezione diffusa che i funzionari locali siano corrotti e collusi con gli impresari,” ha spiegato Steve. “Il movimento è arrivato a simboleggiare la crescente ‘coscienza dei diritti’ in Cina, con sempre più cittadini che si oppongono a funzionari locali che abusano delle proprie posizioni.”

Ovviamente, opporsi ai funzionari statali cinesi è rischioso e sono molti i casi di questo tipo conclusisi con l’arresto dei proprietari. Per questa ragione, stando a Steve, chi protesta si rivolge spesso a organizzazioni mediatiche estere e social media. Negli anni Novanta e Duemila, molti ricorrevano invece a cartelli e striscioni e ad azioni di ostacolo fisico contro le squadre di demolizione.

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Una casa parzialmente demolita in un cantiere a Hefei, provincia di Anhui, il 2 febbraio 2010. Il proprietario dell’edificio stava cercando di ottenere un rimborso più alto. L’accordo è poi stato raggiunto e la casa è stata demolita il 9 febbraio. Foto: REUTERS/Stringer

“In casi estremi, i cittadini hanno attaccato o lanciato Molotov agli operai del cantiere,” ha detto Steve, citando un caso del 2008 in cui una donna del distretto di Minhang a Shanghai aveva tirato esplosivi fatti con bottiglie di vino e benzina agli operai. La donna è stata arrestata—ma online è diventata un eroe.

Perché molte persone sono disposte ad assumersi dei rischi del genere, se la ricompensa, alla fine, è continuare a vivere in una casa che diventa una rotonda per il traffico? Le risposte sono fiscali oltre che emotive. Per prima cosa, come già detto, le amministrazioni locali non pagano in modo adeguato per poter comprare una casa di dimensioni equivalenti nella stessa area. E, cosa più importante, le persone sanno che la protesta può far aumentare il rimborso.

Steve ha chiarito che questo non significa che le case-chiodo siano un movimento organizzato, ma piuttosto il sintomo di una consapevolezza crescente tra i cittadini cinesi. In aggiunta, un’altra legge federale entrata in vigore nel 2007 rinforza i diritti dei cittadini sulla loro terra, motivando molti a darsi alla “giusta resistenza.” Grazie a questi fattori, le case-chiodo stanno diventando sempre più comuni.

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Una casa-chiodo nella periferia di Nanjing, provincia di Jiangsu, a ottobre 2008. Anche in questo caso, i proprietari hanno insistito per un compenso maggiore prima di acconsentire alla demolizione. Foto: REUTERS/Sean Yong

“È un fenomeno molto rilevante oggi,” ha detto. “I prezzi delle case sono saliti, soprattutto in centri urbani dove c’è molta offerta di lavoro e dove i cittadini sono cinici nei confronti delle autorità locali—specialmente nel bel mezzo della campagna anti-corruzione di Xi Jinping.”

In questi luoghi, dice, sempre più persone si rifiutano di abbandonare ai demolitori le loro case.

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Un operaio raccoglie mattoni davanti a una casa-chiodo al centro di un cantiere che diventerà una nuova zona residenziale a Hefei. Foto: REUTERS/Jianan Yu
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Una casa-chiodo in un cantiere che diventerà una nuova zona residenziale a Hefei, provincia di Anhui, a gennaio 2008. Sullo striscione si legge: “chiedo con forza al governo di punire l’impresa che ha demolito la mia casa, ridatemi la mia casa.” Foto: REUTERS/Jianan Yu
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Una casa-chiodo rimasta in un cantiere a Guangzhou. La foto è stata scattata l’8 gennaio 2008, poco prima che fosse demolita. Foto: REUTERS/Joe Tan
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Un’anziana coppia si è rifiutata di permettere che la casa in cui abitavano fosse demolita, trasformandola nell’unico edificio lasciato nel mezzo di una strada nella provincia di Zhenjiang. L’edificio è stato poi demolito nel 2012. Foto: REUTERS/Aly Song

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