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‘Pronti!’: foto dalla piazza del comizio finale della destra a Roma

comizio piazza del popolo settembre 2022

Mai come questa volta la destra è convinta di vincere le elezioni che si terranno il 25 settembre. I sondaggi, del resto, sono dalla loro parte: la coalizione—formata da Fratelli d’Italia, Lega, Forza Italia e Noi Moderati—è data tra il 43 e il 46 percento, e a causa dei meccanismi della legge elettorale potrebbe avere la maggioranza assoluta del Parlamento.

Questa sensazione di vittoria è piuttosto palpabile nel comizio conclusivo del 22 settembre a Piazza del Popolo a Roma, che contrariamente alle aspettative non è così gremita: a parte lo spazio antistante il palco, mezza piazza è praticamente vuota.

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Essendo la città la roccaforte di Giorgia Meloni, la maggior parte delle persone presenti è di Fratelli d’Italia. Il volto della leader con lo slogan della campagna elettorale (“Pronti”) è onnipresente su cartelloni e striscioni, così come la fiamma tricolore—il simbolo del partito, lo stesso del Movimento Sociale Italiano (Msi), su cui molto si è discusso in queste settimane.

Molte meno numerose e visibili sono le bandiere degli alleati, a riprova che i rapporti di forza sono chiaramente sbilanciati a favore di Meloni. E questo nonostante dicano di andare tutti molto d’accordo tra loro, a differenza della sinistra.

In realtà, le divisioni sono parecchie. La più importante è sull’invasione dell’Ucraina: Meloni si dice favorevole alle sanzioni contro la Russia e all’invio di armi; Salvini è convinto che le sanzioni non funzionano e vanno ridiscusse; Berlusconi sostiene che Vladimir Putin non voleva la guerra ma è stato “costretto” dal suo partito e dalla popolazione—lui al massimo voleva sostituire Zelensky con un “governo di gente perbene.”

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A ogni modo il primo leader a parlare a Piazza del Popolo è proprio Silvio Berlusconi, introdotto come uno “statista” nonché come la persona che più di ogni altra ha dato prestigio all’Italia all’estero.

Più che un comizio, quella del leader di Forza Italia è sembrata una macchina del tempo: Berlusconi, che compirà 86 anni il prossimo 29 settembre, ha ripetuto i suoi soliti tormentoni su tasse, burocrazia e i giudici cattivi che “usano il loro potere per eliminare gli avversari politici.”

Dopo di lui è toccato a Maurizio Lupi, ex ministro e presidente di Noi con l’Italia, un piccolo partito che fa parte del raggruppamento Noi Moderati. Il suo intervento è breve, e si chiude con un attacco alla coalizione di centrosinistra che—a suo dire—descrive la destra come “il mostro e il male assoluto,” un atteggiamento che non ha “mai portato bene a nessuno.”

Il terzo a salire sul palco è Matteo Salvini, il segretario della Lega, che in questa campagna è apparso in evidente difficoltà tra calo di consensi a livello nazionale, dissidi piuttosto accesi dentro al partito e capovolte sulla pandemia di Covid-19 e sulla Russia.

In nome dell’unità, per l’appunto, Salvini non ha mai parlato di guerra in Ucraina o altri temi spinosi. Un po’ come Berlusconi, ha preferito rispolverare i suoi vecchi cavalli di battaglia: contrasto all’immigrazione, abolizione del canone Rai (come se fosse una priorità in questo momento), contrarietà al politicamente corretto che sostituisce “la mamma” e “il papà” con “genitore 1, genitore 2, genitore 32,” nonché i soliti attacchi alle “cancellerie di Parigi, Bruxelles e Berlino” che direbbero agli italiani come votare.

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La situazione si è ravvivata, e non poteva essere altrimenti, soltanto con Giorgia Meloni. La leader di Fratelli d’Italia è stata introdotta dall’attore Pino Insegno, che ha citato un passaggio de Il signore degli anelli—il romanzo di J. R. R. Tolkien che, in un caso unico nel mondo, dagli anni Settanta a oggi è un feticcio dell’estrema destra italiana.

Poi Meloni è apparsa sul palco, tra le grida di “Giorgia! Giorgia! Giorgia!”, i fumogeni tricolori accesi dai giovani della Gioventù Nazionale (l’ala giovanile del partito) e applausi scroscianti.

Nel suo discorso ha attaccato a testa bassa la “sinistra estremista” e chi dice che “siamo pericolosi,” ha garantito che “noi siamo pronti” e ha annunciato che è finalmente arrivato il momento di “non turarsi più il naso e respirare a pieni polmoni, perché l’aria che si respira qui è aria di libertà.” La leader di Fratelli d’Italia ha infine assicurato che “il nostro governo durerà cinque anni” e “sarà stabile, unito e serio.”

Di sicuro, l’evento di Piazza del Popolo segna un passaggio importante all’interno della destra italiana: certifica il declino irreversibile di Berlusconi e Salvini, cioè del vecchio “centrodestra,” e l’ascesa definitiva di Giorgia Meloni.

La sua eventuale vittoria ha implicazioni che vanno ben al di là dei confini nazionali, e la stampa internazionale ne ha preso nota da tempo. L’Italia potrebbe infatti diventare il primo grande paese europeo con un governo di estrema destra, che non solo ha rapporti a dir poco ambigui con il passato fascista, ma si ispira apertamente ai modelli illiberali dell’Est Europa.

E se Meloni ripete di essere “pronta,” lo è anche l’Unione Europea. Qualche giorno fa, infatti, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha dichiarato che “se le cose andranno in una direzione difficile” ci sono gli strumenti per contrastarle, “come nel caso di Polonia e Ungheria.”

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