Il New York Times ha condiviso la notiziona del momento: l’acquisto di Pitchfork Media da parte di Condé Nast (la somma non è stata diffusa), con effetto immediato. Quest’acquisto è probabilmente un’ottima mossa per entrambe le parti: Pitchfork ha messo in banca il suo futuro unendosi a un’elite mediatica che include Vogue, Vanity Fair e il New Yorker, ed ora si godrà i frutti (leggi: dollaroni) che unirsi a questa cerchia porterà. Nel frattempo Condé Nast allarga il proprio portafoglio con il primo sito musicale della sua storia—e che sito: uno con un reparto video bello rodato e la firma su eventi di enorme importanza, in giro per il mondo.
Internet, come si poteva prevedere, è esploso a questa notizia. Molte delle risposte iniziali sui social sono stati una variabile del classico “MERDA!”, mentre altri si sono concentrati sulla frase realmente preoccupante di tutta la situazione: quella di Fred Santarpia, il capo del digital di Condé Nast, che si è occupato della trattativa. Secondo Santarpia, comprare Pitchfork porterà al gruppo Condé Nast “a very passionate audience of millennial males.”
Videos by VICE
Alcuni sono stati un po’ colpiti da questa affermazione. Altri hanno fatto spallucce. Ma in molti sono d’accordo che la definizione “millennial males” era un modo strano e per nulla inclusivo di definire il target di Pitchfork.
Ci è voluto poco a trasportare la gag sui #millenialmales su Twitter:
I media si sono subito messi in pista: mentre molti titoli di articoli si concentravano sulla portata offensiva di quella frase, per esempio loro: “Conde Nast Goes For Millennial Males with Pitchfork Purchase: Is It A Smart Move?” (Forbes); “Condé Nast Buys Pitchfork Media, Seeks ‘Millennial Male’ Demo” (Gothamist); “Conde Nast buys Pitchfork for its droves of “millennial male” readers” (Quartz), “Condé Nast Buys “High-Value Millennial Male” Website Pitchfork for Undisclosed Sum” (Gawker).
Forse la frase di Santarpia, fuori contesto, è fraintendibile. O forse è stata fraintesa dallo stesso reporter del Times. Dato che non eravamo lì quando è stata pronunciata, non lo possiamo sapere. Ma quanta verità c’è in questa frase? Secondo le cifre diffuse questo mese da QuantCast, i lettori di Pitchfork, per l’82%, sono uomini, e il 55% di loro ha un’età tra i 18 e i 34 anni. Quindi Santarpia non ha detto niente di così assurdo, anzi, ha detto semplicemente la verità.
Incazzarsi con quella storia dei “millennial male” significa mettersi le fette di salame sugli occhi: il mondo della musica è popolato per l’82% da maschi, e su questo non ci piove. La giornalista musicale Jessica Hopper, che, ironicamente, è senior editor di Pitchfork, ha raccolto molti consensi quest’anno quando ha pubblicato il suo libro The First Collection of Criticism by a Living Female Rock Critic, e ha creato una discussione su Twitter in cui chiedeva alle ragazze di raccontare le storie di discriminazione avvenute in ambito musicale. Parecchie grosse pop star—tra cui Grimes, Bjork, Miley Cyrus, e, più recentemente, Nicki Minaj—hanno fatto notare che nel mondo della musica ci sono, spesso, due pesi e due misure.
Quindi forse, ma forse, tutto il polverone sollevato dai #milennialmales è una cosa buona, perché ci dà un’altra opportunità per renderci conto delle vere forze in gioco nella musica, e soprattutto per attivarci per far sì che la situazione cambi. Oltretutto ci ha regalato alcuni tweet che vincono tutto a mani basse, tipo questo: