Dagli Sloane Ranger agli yuppie, dai normcore agli health goth, la stampa inglese (e non solo) adora parlare delle nuove sottoculture. Se capita che più di cinque o sei persone facciano qualcosa nello stesso modo nel raggio di pochi chilometri e uno stagista di un quotidiano ne sente parlare, il risultato sono sempre articoli a tema “La nuova moda dei giovani.”
L’ultima di queste pseudo-mode è quella dei ” cutester,” termine coniato qualche settimana fa da Richard Godwin sull’Evening Standard. La definizione di cutester è abbastanza semplice: un giovane “creativo” che vive a Londra e che a uno stile di vita distruttivo a base di droghe e alcol “preferisce i festival dedicati allo street food, i bar dove si può giocare a ping pong e il Secret Cinema, un vero e proprio rito di passaggio tra i cutester.” I cutester indossano magliette e felpe con i personaggi dei cartoni animati. I cutester si tatuano emoji e hanno “barbe ben curate.” Probabilmente, anche voi conoscete un cutester. E se non ne conoscete, per farla breve i cutester sono dei poveracci innocui e infantili.
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È facile lamentarsi dei media, che fanno nascere e foraggiano stereotipi del genere, ma purtroppo queste persone esistono sul serio. A dire il vero, sono abbastanza certo che siano migliaia, ed è facile trovarli nei posti di cui sopra. Non penso che sia facile definirli, come invece vuole far credere l’articolo, perché non hanno un vero “stile” che li contraddistingue (a parte la barba, ma oggi persino i calciatori la portano così). Ad ogni modo, purtroppo, esistono.
Nel suo articolo, Godwin fa notare come il cutester segni l’allontanamento dallo stile di vita confusionario della precedente generazione di “hipster” londinesi, suggerendo che vi sia una nuova generazione di giovani, più cauti ma anche più infantili, che popola le zone orientali e meridionali della città. “Gli hipster sono ossessionati dallo stile e dall’autenticità. I cutester sono amichevoli, cauti e consapevoli del fatto che il concetto di divertimento può andare a spese di quello di cool,” continua l’articolo. “I cutester fanno parte di una generazione che si droga di meno, beve di meno e fa meno sesso di quella dei propri genitori—ma che ha una ricerca nell’abbigliamento,” dice Godwin.
Questo cambiamento è effettivamente avvenuto, e penso sia molto interessante. A mio avviso, però, la domanda non è, Chi sono i cutester?—a questa si è già risposto, più o meno. La domanda adesso è: Da dove cazzo sono spuntati? E perché una sottocultura così stupida e infantile si è sviluppata in una delle città più ostili e spietate del mondo?
Anche se la questione in sé mi deprime un po’—per come la vedo io, Londra dovrebbe restare per sempre quella del video ” It’s A London Thing” di Scott Garcia—non penso che i cutester siano delle persone orribili di loro. Penso che siano solo i clienti di una Londra che si sta vendendo in un modo diverso e forse sbagliato.
È facile incolpare i soliti sospetti dietro a questa epidemia di infantilismo—BuzzFeed, il Cereal Cafe, Secret Cinema, gli “abbracci gratis”. Ma Londra non è sempre stata così. Io ci sono cresciuto, e la mia idea della città in quel periodo era molto diversa. Per me è sempre stata la città in cui si promettevano amnistie perché la gente consegnasse i coltelli alla polizia, la città delle risse negli Irish pub, degli hooligan e di locali come il Caesars a Streatham. La cosa più vicina a un sindaco era il boss della malavita Terry Adams e un “secret cinema” era un posto in cui ci si masturbava in pubblico, non un posto dove si andava vestiti come personaggi di Ritorno al futuro.
Ma a un certo punto dev’essere cambiato qualcosa, e di certo tale cambiamento è stato pianificato. È difficile darne la colpa a qualcuno o qualcosa di specifico. Se dietro a questo cambiamento c’è stato un grande piano sociale, non è mai stato reso pubblico—non c’è mai stato alcun grande annuncio, solo un processo che è iniziato e non si è più fermato.
Tuttavia, se fossi costretto ad individuare le origini della grande trasformazione che ha fatto diventare i cutester la nuova immagine di Londra, direi che non hanno nulla a che vedere con l’elezione di Boris Johnson a sindaco o con la produzione delle prime ciambelle Krispy Kreme; stanno invece in quel momento in cui Londra ha deciso di spacciarsi di nuovo per l’insieme di paesotti che aveva smesso di essere con l’avvento della ferrovia nel diciannovesimo secolo. Nel momento in cui Londra si è involuta in una versione precedente di se stessa, solo con meno bambini spazzacamino e più cartelloni pubblicitari, un misto tra un grande centro commerciale, Disney World e una città d’altri tempi che non è mai esistita. Nel momento in cui Londra si è trasformata nell’immagine che di Londra hanno i turisti americani.
Prima di tutto questo, il sogno era che Londra diventasse una megalopoli utopistica e funzionale. La città e il suo governo credevano in questo sogno, tanto da provare più volte a realizzarlo. Il punto è che per diventare una megalopoli una metropoli deve crescere, e cioè vendere il proprio mito a più persone possibile. Se tutti coloro che vogliono vivere in città abitano già in città, allora è il momento di ampliare le proprie vedute e di tentare di attirare anche chi è meno disposto a sopportare le sfide e i disagi della vita urbana. Ripensare e rielaborare. Ciò ha significato trasformare Londra in una grande provincia. Le autorità hanno fatto esplodere il mercato immobiliare, e gli affitti sono aumentati a dismisura. La campagna si è riversata in città e nulla è stato più lo stesso.
Anche se non sappiamo di preciso cosa sia successo, questo cambiamento è stato la ragione per cui molti si sono trasferiti a Londra, ed è stato probabilmente causato da questo afflusso di nuovi residenti. Prima, Londra era famosa per la grinta alla base del suo mito. Londra era una città ostile e maligna, dove ogni tanto interveniva la minaccia di una bomba dell’IRA a ravvivare le cose—ma c’erano anche le feste nei magazzini di South Bank, le radio pirata e così via.
Chi era interessato a questo genere di cose si trasferiva in città, e chi non lo era rimaneva dove stava. Molti di quelli che qui ci erano nati vivevano in quel mondo; gli altri in uno parallelo fatto di Tatler e di Lady Diana, completamente distaccato da quello reale. Anche se questi due mondi avevano poco in comune a prima vista, erano uniti da una cosa fondamentale: erano entrambi Londra. Erano mutevoli, prepotenti e fatti di moda, sesso, droga e musica.
Ecco. Con tutto questo, i cutester, non c’entrano. Non sembrano avere nulla a che spartire con la vecchia Londra. Sono più caratterizzati dalle loro immagini sui social media che dai vestiti che indossano; alla domenica si trovano al bar e si prendono gioco della folla di conformisti mentre cercano di replicare le gite familiari del fine settimana in mezzo alla natura che hanno contraddistinto quell’infanzia che idealizzano.
Il trailer di The Long Good Friday. Il film meno cutester in assoluto.
Per capire la rapidità e la portata di questo cambiamento basta dare un’occhiata a quanto sono cambiate le nostre aspirazioni. In The Long Good Friday, un grande film londinese del 1980, il criminale e yuppie Harold Shand (interpretato da Bob Hoskins) si dà da fare per costruire la Londra del futuro. Vuole appropriarsi dell’indotto della ricostruzione della vecchia zona di Locklands, che si riempirà di appartamenti di lusso, stereo Bang & Olufsen e vestiti di Valentino. È deciso a non fermarsi di fronte a nulla. Sarà anche stato un criminale, ma rappresentava anche il sogno di molte persone di quegli anni. Sarà anche stato snob, ma l’essere snob attestava il suo far parte della città, e il suo essere a un livello superiore rispetto alla feccia. La gente aveva questo tipo di aspirazioni: qualsiasi fossero i loro obiettivi, erano ben diversi da quelli dei cutester.
Questa concezione della vita in città proveniva dai sogni più radicali del Brutalismo ed è proseguita negli anni della recessione fino ad arrivare al momento in cui le aspirazioni sono diventate appannaggio esclusivo dei ricchi e l’ex primo ministro Margaret Thatcher ha cambiato l’accezione del termine “proprietà” facendolo coincidere con la privazione piuttosto che con il desiderio. Poi sono arrivati i primi anni Duemila, lo stile di vita del New Labour Party e del video di Daniel Bedingfield “Gotta Get Thru This,” un reperto culturale che sono sicuro diventerà famoso quando si tratterà di studiare l’arte a cavallo tra i due millenni.
Quello che è successo dopo penso sia da attribuire agli scandali e alla crisi dei settori che un tempo tenevano in piedi Londra—la City, i mercati azionari, i pub, i negozi a conduzione familiare, finché a un certo punto la scelta del posto di lavoro non è più stata tra banchiere e agente immobiliare, ma tra barista e social media developer. In questo modo è cambiata anche la demografia della città, perché per fare il macellaio o il banchiere devi avere delle caratteristiche ben precise. Non devi essere una persona che si impressiona alla vista del sangue, devi saper negoziare e—magari—devi essere anche un bastardo.
Ma per lavorare in un bar o per scrivere i tweet di un’azienda ci vuole un altro genere di persona. Non per forza una persona cattiva—o almeno, di certo non peggiore dei banchieri—ma il genere di persona che un tempo non sarebbe venuta a vivere a Londra. È più o meno così che ha avuto luogo il cambiamento. Quando i tipi dolci e sensibili della provincia sono diventati la maggioranza rispetto a gente come Harold Shands.
Ecco perché adesso tutti i bar sembrano posti usciti da Il vento tra i salici, devono servire birra che ha un buon sapore—anche se sappiamo tutti che la birra non dovrebbe avere un buon sapore—e sfoggiano insegne volte a enfatizzare i loro deliziosi prodotti. Mirano tutti ad attirare quella clientela disposta a spendere, che ha tempo libero e non vede l’ora di trovare nuovi posti dove andare per poi pubblicarne le foto su Instagram. I cutester non sono interessati ai bar o alle radio pirata. Sono persone più gentili, dei tipi casa e chiesa. La città si sta adattando. Loro vogliono ricreare il mondo dal quale provengono, mentre imprenditori e affaristi che sentono il profumo di soldi facili sono ben disposti a distruggere la vecchia immagine di Londra per esaudire le loro richieste.
Ecco perché i cinema devono essere qualcosa di più che una semplice sala buia dove si guarda un film mangiando pop corn raffermi, perché le banche devono sembrare “amichevoli,” e perché c’è bisogno di un Cereal Cafe a Brick Lane.
Un cutester è semplicemente chi prova a condurre una vita tranquilla e rispettabile in una città ostile. E non bisogna serbare rancore nei loro confronti, anche se sembra che tutto il resto venga messo da parte perché loro, che hanno i soldi, sono il nuovo punto di riferimento. Tolta la sua crudeltà naturale, Londra diventa il posto ideale per queste persone.
Le città devono cambiare, questo è certo, e la capacità che ha Londra di rinnovarsi continua a renderla interessante laddove altre città restano ferme. Ma alla fine della fiera Londra è una città, non un paesino, e il tentativo di farla apparire come un luogo dove condurre una vita felice e spensierata come in campagna rischia di essere alquanto anacronistico.
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