‘Igor il Russo’ – Come un presunto killer ha fatto impazzire l’Emilia, la polizia e i giornali

Negli ultimi giorni, una figura misteriosa sta turbando la quiete dell’Emilia Romagna. Sulle sue tracce ci sono agenti di polizia e corpi speciali dell’esercito, con cani, elicotteri e droni, e la narrazione giornalistica ne ha fatto un mito attorno al quale si è già sviluppata un’isteria che non si vedeva dai tempi dell’Audi gialla. Si tratta di “Igor il russo”—il latitante accusato di due omicidi che si nasconderebbe nelle “paludi” tra Bologna, Ferrara e Ravenna.

“Igor il russo” sarebbe Igor Vaclavic, un presunto cittadino russo con precedenti per rapina—”presunto” perché non è chiaro se si chiami davvero così. Che sia russo, poi, è soltanto un’ipotesi: sulle sentenze di condanna e sul mandato di cattura europeo, accanto alla data di nascita, manca il luogo, indicato con un generico “nato in Russia.” Un procedimento per il suo rimpatrio che doveva avvenire nel 2015 sarebbe rimasto bloccato perché la Russia non l’ha mai riconosciuto come suo cittadino.

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Vaclavic (se è questo il suo vero nome) era già noto alla polizia italiana. Sarebbe stato arrestato una prima volta nel 2007 per alcune rapine compiute nel ferrarese, occasione in cui era stato soprannominato dai giornali locali “il ladro ninja.”

[…] un uomo, alto e robusto, abbigliato come un ninja e armato di arco e frecce (faretra sulle spalle e coltello legato a una gamba), che quando scendeva la sera depredava gli agricoltori che vivono isolati. […] con un armamentario medioevale li obbligava a cedere oro e denari. L’uomo li teneva a bada con la freccia sull’arco teso.

Per quelle vicende avrebbe scontato due anni di carcere. Nel 2010 sarebbe stato arrestato di nuovo, ancora per delle rapine, stavolta fatte armato di ascia e con il volto coperto da un casco integrale. In quest’ultima occasione sarebbe stato condannato a cinque anni di carcere.

Il caso di cronaca che l’ha fatto finire al centro dell’attuale caccia all’uomo risale invece a una decina di giorni fa. La sera del 1 aprile a Budrio, un paese di 20mila abitanti in provincia di Bologna, un uomo entra in un bar tabaccheria indossando un passamontagna e una giacca mimetica e con in mano una pistola calibro 9 (rubata a una guardia giurata qualche giorno prima) e una doppietta a pallini. Spara per terra con la doppietta, urla “dammi la cassa” e costringe il titolare, il 52enne Davide Fabbri, a seguirlo nel retrobottega. Qui, dopo uno scontro in cui Fabbri riesce a strappargli di mano la doppietta, il ladro estrae la pistola e gli spara, uccidendolo. Poi minaccia la moglie, si fa consegnare l’incasso e se ne va. “Dopo qualche istante, con freddezza e calma criminale, rientra e si riprende pure il fucile rimasto per terra.”

Nei giorni successivi vengono organizzate ricerche e posti di blocco nella zona che va da Bologna a Ferrara. Una settimana dopo, sabato 8 aprile, una pattuglia anti-bracconaggio ferma per caso, nei pressi di Portomaggiore, in provincia di Ferrara, un Fiat Fiorino—che poi si rivelerà rubato a un agricoltore della zona. Ne scende un uomo che ruba la pistola d’ordinanza a Marco Ravaglia, 53 anni, agente di polizia provinciale, e spara cinque colpi. Ravaglia rimane ferito mentre Valerio Verri, una guardia ecologia volontaria di 62 anni, muore.

Quella sera, lo stesso furgone viene intercettato da una pattuglia di carabinieri che si mette all’inseguimento e riesce a speronarlo. L’uomo abbandona il furgone e riesce a scappare a piedi. Ma l’area delle ricerche si restringe: per tutta la notte si susseguono voci sulla sua cattura, poi smentite. C’è “chi afferma che avrebbe sparato anche a dei cani il cui abbaiare lo avrebbe potuto smascherare, chi ha visto elicotteri inseguirlo con i fari puntati lungo gli argini,” scrive Repubblica.

In realtà, non ci sono così tanti elementi che colleghino Vaclavic all’omicidio di Budrio: in quell’occasione, infatti, l’assassino indossava un passamontagna e non è stato visto in faccia da nessuno. Sul luogo del delitto sono state trovate delle tracce di sangue ma, scrive Il Post, “per ora non hanno dato maggiori certezze sull’identità dell’aggressore.” Per ora Vaclavic sarebbe ricercato “per un riscontro” visto che la rapina di Budrio sarebbe simile per modalità a quelle da lui compiute in precedenza.

Nonostante tutti questi distinguo, gli elementi concorrono a creare un mito. C’è lo slavo senza pietà, il lupo solitario in fuga stile Luciano Liboni, il bandito introvabile nascosto nelle paludi della zona. Ci sono gli ex complici e i compagni di detenzione che parlano di lui: Ivan Pajdek—un croato condannato in appello a 30 anni per omicidio, suo presunto ex complice—fa sapere che “se gli inquirenti lo vogliono, sono disponibile a collaborare nelle ricerche di Igor Vaclavic, perché lo conosco bene.” Mirko, suo ex compagno di cella per quattro anni nel carcere di Ferrara, dice che “se non si è già ucciso non si farà mai prendere vivo. Ha detto che non sarebbe tornato dentro.”

Intanto i giornali lo chiamano “il Rambo russo” e lo descrivono come una specie di super-criminale, un ex soldato dell’esercito russo che parla sei lingue, è addestrato all’uso delle armi, sa sopravvivere in qualsiasi condizione.

Per La Stampa “da due anni vive alla macchia, nascondendosi tra paludi, fienili, fossi, argini e campi nei casolari abbandonati emiliani, un territorio che conosce ormai a menadito.” Repubblica scrive invece che è “un uomo feroce, spietato, disperato, un animale ferito e braccato, pronto a tutto,” che “viene dall’inferno.”

Ancora Mirko, il suo ex compagno di cella, lo ricorda così:

Ci ha detto di essere siberiano, di essere un cecchino che ha disertato le forze speciali. Aveva una cicatrice sulla caviglia di 20 centimetri. Pare che si sia tagliato via il numero di matricola. Ogni giorno si svegliava alle sei e poi 12 mila addominali. Poi faceva la doccia e andava al catechismo col prete del carcere.

Compaiono interviste a esperti di survivalism secondo cui “Igor il russo” può stare nascosto per mesi; se si costruisce un arco o una lancia e riesce a cacciare, dicono, “ha risolto.” Vengono fatte ipotesi su come si comporti durante la latitanza, come se fosse un davvero un animale che sfugge ai suoi cacciatori:

Quando è giorno si muove il meno possibile. Meglio la notte, nascosto dal buio. Le cose fondamentali sono nutrirsi e bere e avere un riparo. Le piante commestibili che si trovano in questa stagione come la cicoria […] forniscono sali minerali e vitamine.

La vicenda assume sempre di più i contorni dello spauracchio. “Igor il russo” è “un soldato da prima linea, addestrato per ammazzare.” “Aveva occhi di ghiaccio, senza pietà,” commenta la moglie di una delle vittime. “Non ha bisogno di armi, è lui stesso un’arma,” dice il suo ex avvocato, Stefania Smanio. Un telegiornale che ho sentito di persona lo definisce—con scarso senso del ridicolo—”il killer con gli occhi di ghiaccio venuto dall’est.”

I tg nazionali cominciano a mandare, in ogni edizione, almeno un servizio dedicato a qualche reparto speciale d’élite di militari che starebbe dando al caccia al killer, con immancabili video di soldati in mimetica che irrompono in casolari abbandonati.

Intanto, nella realtà inizia a montare una vera e propria psicosi. “Abbiamo preso il nostro furgoncino e abbiamo fatto il giro dei campi. Mi sono portato dietro il fucile, però. Non lo uso, non lo voglio usare. Ma l’ho preparato e me lo tengo vicino,” racconta un abitante del posto.

Nei vari gruppi cittadini dei comuni della zona, come “Sei di Molinella se…” o “UNA BUDRIO PEGGIORE E’ POSSIBILE,” i residenti si mettono in guardia a vicenda, condividono le sue foto, invitano a “non lascia[re] auto aperte o in moto nemmeno per pochi istanti,” e fanno girare foto segnaletiche artigianali.

Una foto di Ezechiele Norbert Feher dal suo profilo Facebook

Una foto di Ezechiele Norbert Feher dal suo profilo Facebook

Ma nonostante “Igor il russo” sia già diventato uno degli uomini più ricercati d’Italia, ci sono dubbi sulla sua identità così come sul suo effettivo coinvolgimento negli omicidi. L’ipotesi secondo cui sarebbe russo, ad esempio, crolla quando dal confronto tra le sue impronte digitali in possesso delle autorità italiane e quelle nel database dell’Interpol si scopre che risulterebbe in realtà serbo, nato a Subotica.

Oltre a questo non è chiaro nemmeno se Igor Vaclavic sia il suo vero nome: secondo la polizia nel corso del tempo avrebbe usato diverse identità, tra cui quella di Ezechiele Norberto Feher—nome collegato anche a un profilo Facebook dove dà un’immagine di sé molto diversa da quella del “gelido killer” raccontato dai media: “nelle foto di Facebook è in giacca e cravatta, ride, scherza, fa il simpaticone,” scrive Repubblica. “Si fa fotografare coi cosplay [ sic] in giro per Ferrara (…) Fa gli auguri di Buon Natale, di Capodanno.”

Nel profilo Ezechiele Norberto Feher/Igor Vaclavic si ritrae con selfie in giro per Ferrara, come un turista qualsiasi. Addirittura in una foto del suo album personale, Ezechiele-Igor si mostra assieme ad “un grande amico”—scrive lui stesso nel post alla foto—don Antonio Bentivoglio, cappellano del carcere dell’Arginone col quale aveva una amicizia, da detenuto a religioso. Questa la conferma assoluta della stessa persona.

Per Repubblica basta questo per fare di lui “un killer senza pietà dalla doppia identità.”

Anche la storia secondo cui sarebbe un disertore dell’Armata Rossa si rivela falsa. “Igor, o comunque si chiami, non è russo e non ha nessun passato da militare, come ha raccontato ai suoi complici delle tante rapine in villa messe a segno fra il 2007 e l’estate scorsa,” conclude il Corriere della Sera.

Ma cambia poco: da “Igor il russo” si passa a parlare del “Rambo serbo”; l’ex soldato diventa semplicemente qualcuno che “potrebbe aver ricevuto un addestramento paramilitare nell’ex Jugoslavia.”

Gli indizi sul suo coinvolgimento in almeno uno degli omicidi iniziano però a essere consistenti: Marco Ravaglia, il poliziotto rimasto ferito in uno scontro a fuoco di sabato scorso, avrebbe riconosciuto nella sua foto segnaletica l’aggressore e l’omicida di Valerio Verri. A bordo del furgone che ha usato per la fuga e poi abbandonato sono stati ritrovati diversi effetti personali e diverse “tracce biologiche che potrebbero aiutare a risalire all’identità” dell’assassino, anche se non ci sono ancora i risultati delle analisi.

L’emergenza “Igor il russo” potrebbe essere dunque sul punto di rientrare—sul punto di tornare al piano di semplice cronaca locale a cui dovrebbe appartenere e da cui si è misteriosamente staccata. Ma la sua immagine romanzata continua a dominare le cronache: “è una persona con grande capacità di movimento, non si arrende alla prima difficoltà, il suo passato e la conoscenza del territorio lo aiutano certamente a mimetizzarsi,” ha dichiarato il capo della polizia Franco Gabrielli appena due giorni fa.

Aggiornamento del 15 dicembre 2017: “Igor il Russo” sarebbe stato arrestato in Spagna dopo altri tre omicidi. L’identità dell’uomo sarebbe stata confermata dalla polizia italiana e dal ministro dell’interno Marco Minniti.