Da qualche giorno il dibattito politico e i litigi sui social network sono monopolizzati dall’uscita di Debora Serracchiani su un caso di violenza sessuale commessa da un richiedente asilo a Trieste. “La violenza sessuale è un atto odioso e schifoso sempre,” ha detto la presidente della regione Friuli-Venezia Giulia, “ma risulta socialmente e moralmente ancor più inaccettabile quando è compiuto da chi chiede e ottiene accoglienza nel nostro Paese.”
Come prevedibile, la provenienza di quella considerazione—ossia una politica in vista del Partito Democratico—combinata con il contenuto stesso della considerazione ha scatenato un putiferio. Roberto Saviano ha twittato che il PD è ormai indistiguibile dalla Lega Nord, alcuni deputati di Articolo 1-MDP hanno parlato di “delirio,” e persino qualche collega di partito ha dichiarato che “è inaccettabile valutare la gravità di un’azione guardando alla nazionalità o all’estrazione sociale.” Non a caso, Serracchiani stessa è dovuta tornare più volte su quel comunicato, ampliando e precisando il concetto:
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Ma più in generale, sul tema si è espresso davvero chiunque—con menzione speciale per “l’Amaca” di Michele Serra—e la polemica ha subito un’escalation tale per cui il volto di Serracchiani è finito addirittura nei flyer di partiti neofascisti (e non per essere criticata).
Personalmente non abbiamo dubbi sul fatto che quell’affermazione sia sbagliata. Vista la confusione che si è creata, e i mille distinguo avanzati per trovarci qualcosa di buono, abbiamo quindi pensato di fare un po’ di ordine e raccogliere interventi utili a spiegare cosa non torna.
LA DONNA COME SUOLO PUBBLICO
Il primo problema è che la frase di Serracchiani—inconsapevolmente, certo—suggerisce che ci sia una diversa gradazione nella gravità della violenza sessuale, ma soprattutto che il corpo di una donna violato da uno straniero “appartenga” all’intera società.
Come ha fatto notare la scrittrice Giulia Blasi, si tratta di un atteggiamento che è ben radicato nella cultura italiana, e che va in parallelo con la rimozione di una categoria di stupri implicitamente considerati ‘meno gravi’”—quelli commessi dai partner, amici o parenti, che sono i più difficili da denunciare, e per i quali è quasi impossibile ottenere giustizia.
In secondo luogo, l’affermazione “utilizza le donne come complemento oggetto dell’accoglienza,” nel senso che lo stupro commesso da uno straniero risulta “più odioso” in quanto rivolto contro la società indistinta. “La donna,” chiosa Blasi, “da persona diventa corpo pubblico, demanio pubblico, suolo che il richiedente asilo […] non deve violare.”
LA ROTTURA DEL FANTOMATICO “PATTO DI ACCOGLIENZA”
In un tweet successivo al comunicato, la presidente della regione FVG ha scritto che “in questo caso all’atrocità si aggiunge la rottura del patto di accoglienza,” che sarebbe basato su un “atto di fiducia che non va tradito.” Michele Serra le ha dato ragione, sostenendo che “Serracchiani ha detto, con qualche goffaggine, una cosa che in molti sentiamo essere vera: chi è ospite e riceve assistenza ha degli obblighi di comportamento,” che vanno fatti rispettare con “intrasingenza assoluta.”
E a prima vista sembrerebbe così, no? Io ti accolgo (generosamente), e tu rispetti le regole della casa. Se sgarri, sei fuori. Stop.
Solo che, appunto, non stiamo parlando di una festa in cui un ospite dà fuoco alla casa, ma di diritti e Stato di diritto. A questo proposito, lo scrittore Tommaso Pincio ha correttamente rilevato che “il rispetto delle leggi non è cosa che si chiede in cambio di qualche altra cosa,” ma “vincola chiunque si trovi a vivere in un paese regolato da leggi”—e non importa se “nel paese in questione ci si trovi a vivere per nascita, per disperazione, per turismo, per sbaglio o altro,” e nemmeno se sia sottoscritto o meno un patto.
Sempre a questo proposito, la traduttrice Martina Testa ha scritto che “non c’è nessuna generosità nel concedere a un richiedente asilo di stare in Italia, o a una donna di abortire, o agli omosessuali di sposarsi.” È il motivo è semplice: non stiamo parlando di favori, ma di “diritti fondamentali su cui si basa lo stato figlio dell’Illuminismo.”
IL PARAGONE CON LA FAMIGLIA
Punto strettamente connesso a quanto sopra, Serracchiani sostiene che “un richiedente asilo chiede un atto di solidarietà e la comunità che lo accoglie instaura con lui un rapporto di fiducia. Solidarietà e fiducia tengono insieme le famiglie.” In pratica, il rapporto tra un migrante e la comunità locale sarebbe lo stesso che incorre tra i membri di un nucleo famigliare; e il corollario è che se un migrante commette un reato, questo non rimane tale ma diventa un tradimento.
Ed è del tutto evidente quanto sia strumentale e pericoloso questo paragone con la famiglia.
Per il ricercatore Alessandro Coppola, non solo si ribalta la realtà fattuale del caso di cronaca da cui è partita tutta la polemica—l’aggressione di uno sconosciuto nei confronti di una sconosciuta—ma si introduce una chiave di lettura moralizzante con cui si alimentano “una serie di immagini e paragoni ingannevoli che confondono famiglia, comunità e società anche attraverso un registro emotivo—riconoscenza, tradimenti della fiducia, sdegno—che fa sostanzialmente dimenticare la logica dei diritti e delle responsabilità che é quella propria allo stato di diritto.”
LA PRESUNTA “SCOMODITÀ” DELL’AFFERMAZIONE
Nel giustificare le sue affermazioni e deflettere le critiche, Serracchiani afferma di essersi limitata a “dire una cosa di buon senso, anche se scomoda,” ed evidente alla “stragrande maggioranza dei nostri concittadini.”
Al di là del fatto che l’ultima parte è tutta da dimostrare—spiacente, i commenti su “NO al razzismo verso gli italiani” non sono un buon campione—cosa si intende esattamente per “scomoda”?
Come spiega ancora Alessandro Coppola, Serracchiani sta implicando che “vi siano dei non detti, delle omissioni, una vasta area grigia di cose di cui non si parla—evidentemente in relazione all’oggetto dei profughi—e che lei invece per coraggio politico ha reso visibili.” E qui, continua il ricercatore, c’è poco da fare: “l’identità con il discorso della destra é assoluta (gli immigrati sono difesi dal politically correct e dai media) e l’effetto é di nuovo spingere le persone a considerare scomode e quindi coraggiose le prese di posizione che riguardano la condizione dei profughi.”
L’APPROPRIAZIONE DELL’ESTREMA DESTRA
E infine, c’è una circostanza politicamente auto-evidente. Ed è la seguente: se la tua affermazione di “buon senso” è ripresa, condivisa e applaudita in successione da Giorgia Meloni;
CasaPound;
e Forza Nuova,
ecco, in quel caso, forse—ma dico forse, eh—hai leggermente calibrato male il tiro.
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