Dentro l’unico centro italiano contro il cyberbullismo

“È una troia come sua madre.”

I compagni di classe parlavano di Laura in terza persona, fingendo che non fosse tra i membri della chat di gruppo su WhatsApp. Quando poi hanno deciso di eliminarla, hanno iniziato a mandarle messaggi con gli screenshot degli insulti collettivi.

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“Perché a me? Cos’ho che non va?”. Laura non vedeva l’ora di andare al liceo, ma un gruppo di ragazzi aveva individuato nelle sue origini straniere un punto debole da colpire senza pietà.

Mara, invece, prima di iscriversi alla scuola di estetica aveva frequentato un liceo dove era stata bullizzata a lungo senza che i professori la proteggessero. Cambiare istituto non era servito a nulla: un gruppetto di ragazze più piccole aveva cominciato a deriderla su Facebook.

“Ma che mani hai? Sono tozze, un’estetista non può avere delle mani così brutte.”

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