Se una volta era il MoVimento 5 Stelle ad accusare il Pd di pagare dei sedicenti troll per discreditarlo, oggi, in vista del referendum costituzionale del 4 dicembre, la situazione si è capovolta: il Partito Democratico ha presentato due interrogazioni, al Senato e alla Camera, in merito a una presunta “macchina del fango” facente capo proprio al M5S che avrebbe “il compito di diffondere notizie false e diffamatorie contro il governo e le istituzioni”.
Procediamo, come al solito, con ordine: il sottosegretario di stato alla presidenza del consiglio dei ministri, Luca Lotti, ha esposto una denuncia alla Procura di Firenze ai danni di Beatrice Di Maio, nome di un account Twitter molto popolare tra i sostenitori del Movimento 5 Stelle, che al momento conta 15.000 follower.
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Il 7 Aprile 2016, l’account in questione ha pubblicato un tweet in cui si associa il nome di Lotti alla mafia: “#intercettazioni #guidi: “Ho le foto di #Delrio coi mafiosi” abbinato a una serie di foto del Ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio in compagnia del premier Matteo Renzi, del Ministro Elena Boschi e dello stesso Lotti. Il tweet si riferisce alla vicenda delle concessioni Total a Tempa Rossa e all’inchiesta legata il ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi.
La denuncia di Lotti è stata presentata dal suo avvocato martedì in tarda mattinata. Ma, secondo quanto riporta Alessandro D’amato su neXtquotidiano, non avrebbe ancora raggiunto il tavolo del procuratore della Repubblica di Firenze, inoltre “sono ampiamente scaduti i termini per la presentazione della querela, Lotti dovrà dimostrare di esserne venuto a conoscenza soltanto di recente affinché la denuncia abbia un seguito.” Intorno a questa denuncia, si è creato un caso mediatico.
Ieri Jacopo Iacoboni, dalle colonne de La Stampa, ha ipotizzato l’esistenza di una rete creata ad hoc per gettare fango sul PD: “Beatrice si muove dentro quella che è configurata come una struttura: a un’analisi matematica si presenta disegnata a tavolino secondo la teoria della reti, distribuita innanzitutto su Facebook […] e – per le élite – su Twitter,” scrive nell’articolo.
“Tweet e post di account analoghi diventano virali in Facebook attraverso un sistema di connessioni, nel caso di Beatrice dall’andamento artificiale dentro cui è inserita, alimentando un florido business pubblicitario, legato al flusso di traffico.” La tesi di Iacoboni è che l’account in questione possa essere un bot legato direttamente alla comunicazione M5s e alla Casaleggio Associati.
L’ipotetica struttura viene descritta in questo modo “Su Facebook, la rete è costituita da un numero limitato di account di generali (da Di Maio e Di Battista a Carlo Martelli, figura virale importante, in giù) e – tutto attorno – da una serie di account di mediatori top e, aspetto decisivo, da pagine e gruppi di discussione che fanno da camera di risonanza.” Lo scopo di questa rete sarebbe quello di coinvolgere un numero crescente di attivisti reali, inconsapevoli della struttura di cui farebbero parte e, soprattutto, di stare diffondendo notizie false e calunniose rendendole virali.
Per concludere, viene fatta una lista di nomi sempre ricorrenti che “svolgono ruoli precisi: chi è anti-immigrati, chi anti-Renzi, chi pro-Putin, chi pro-Trump, chi dedito alla bastonatura. La condivisione esatta dell’andamento dei metadati, e la spartizione palese dei ruoli, non si configurano, algoritmicamente, come casuali. C’è una centrale che gestisce materialmente questi account? La Procura si trova ora a indagare anche su questo.”
Ci troviamo di fronte ad una caccia alle streghe oppure si tratta di affermazioni fondate?
Tuttavia, come sottolinea neXtquotidiano, le denuncia non è ancora arrivata sul tavolo del Procuratore capo di Firenze, Giuseppe Creazzo ma sopratutto “il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio lamenta di essere stato diffamato non da una rete di persone tra loro collegate ma solamente da una: Beatrice Di Maio.” Quali sono le fonti su cui basa le proprie affermazioni La Stampa? si chiedono sul periodico, riportando i dati disponibili pubblicamente che riguardano la rete social dell’account incriminato ricavati con MentionMap.
GIovanni Drogo, su nextquotidiano.it fa notare che gli account ritwittati dalla Di Maio hanno un numero di follower maggiore del suo, riportando anche un errore nei nomi segnalati. Sempre secondo il periodico, più che di accounti fittizi si tratta di influencer come, ad esempio, Marione, il disegnatore di vignette satiriche in linea con il Movimento, di cui riportiamo l’elegante risposta alle accuse.
Dal canto suo, Beppe Grillo ha commentato la vicenda dal suo blog: “Per i nuovi complottisti se un cittadino scrive su Twitter qualcosa a favore del M5S è un complotto, ci deve essere qualcosa sotto, è un fake, è un bot, è pilotato. Sveglia! E’ una persona che scrive su Twitter.”
Di fatto, come ha fatto notare Iacoboni ripostando su Twitter un articolo del blog di David Puente, uno dei profili citati all’interno dell’articolo per La Stampa—@teladoiolanius—è sparito dal social dopo avere pubblicato dei tweet critici nei suoi confronti. Ci troviamo di fronte ad una caccia alle streghe oppure Iacoboni è in possesso di informazioni che non ha condiviso con i suoi lettori? Per ora non lo sappiamo. Vero è che la procura di Firenze avrà un bel lavoro da fare, perché distinguere account fittizi da account reali non è così semplice. E se poi dovesse trattarsi di un bot, sarebbe imputabile del reato di diffamazione?
Abbiamo contattato sia il giornalista che il promotori delle interrogazioni al Governo, e restiamo in attesa di una loro risposta.