Se ti ricordi gli anni Duemila, probabilmente ti ricordi anche di Pete Doherty, il cantante delle band inglesi Babyshambles e Libertines famoso per la sua vita spericolata. Ha combattuto pubblicamente una lunga battaglia con la dipendenza da eroina e una volta ha spruzzato del sangue con una siringa contro una telecamera di MTV. A quei tempi, era fidanzato con la top model Kate Moss. La coppia divenne rapidamente oggetto di costanti attenzioni da parte dei media, mentre il pubblico non poteva fare a meno di seguire morbosamente ogni alto e basso della loro relazione—e annesse droghe.
Di sicuro quando pensi a Doherty non ti viene in mente l’arte, eppure è proprio su questa che si è concentrato dopo aver concluso la carriera da musicista. I suoi dipinti, tutti prodotti tra il 2005 e il 2022, sono in mostra alla Galleria Janine Bean di Berlino dal 10 settembre alla fine dell’anno. Si possono anche acquistare: il più costoso te lo porti a casa per 35.000 euro.
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Doherty non è l’unica celebrità che si è data alla pittura dopo aver abbandonato il primo lavoro: ci sono Sylvester Stallone, Courtney Love, Jim Carrey e addirittura l’ex Presidente degli USA George W. Bush. Abbiamo chiesto a Harriet Häußler, storica dell’arte dell’Università Libera di Berlino, di recensire i suoi lavori per noi.
VICE: Allora, come si giudica una mostra?
Harriet Häußler: Il processo è sempre lo stesso. Prima di tutto, scopro che cosa viene esposto, e poi mi informo sull’artista. Che formazione ha? Quali sono le sue influenze?
Questa volta è stato facile, perché sapevo già chi è Pete Doherty. Quindi mi sono interessata più che altro a come le opere erano disposte nello spazio, visto che Doherty è stato coinvolto anche in queste decisioni.
All’ingresso, la prima cosa che si vede è una scultura associata alla Gran Bretagna. La mostra si apre con “orgoglio nazionale,” diciamo. In fondo, c’è una nicchia in cui Doherty presenta i suoi pensieri più profondi. L’opera ha un carattere molto intimo, per questo l’ha voluta esporre per ultima.
Come distingui l’arte fatta bene dall’arte fatta male?
C’è una sola regola oggettiva, a dir la verità: è un lavoro originale o un’imitazione? In altre parole: l’artista è un copista o un autentico creatore? Tutto il resto è soggettivo.
Quindi Pete Doherty è un copista o un creatore?
Pete Doherty è un creatore. Qui ha creato una cosa nuova e individuale. Ovvio, puoi riconoscere influenze di altri artisti, ma non si tratta di imitazioni. Ha prodotto qualcosa di nuovo. Tematicamente, mescola poesia, politica, identità, arti visive e musica. Usa un metodo misto: disegno, stencil, collage, schizzi di colore. A volte lavora anche con materiali atipici come il sangue.
Credi che il sangue sia un riferimento alle sue dipendenze passate?
Trattandosi di una persona che ha abusato di droga per via endovenosa, ha di certo una connessione particolare con il sangue. Ma il sangue ha sempre rappresentato una tematica forte nell’arte.
È stato il primo colore della storia umana. Pensa alle pitture rupestri, per esempio. Nel Medioevo dipingere con il sangue e altri fluidi corporei era vietato, perché erano considerati frutti di Dio. Nel Rinascimento, il divieto fu abrogato e si ricominciò a usare sangue animale.
Da allora, molti artisti hanno usato fluidi corporei per dipingere. Le Ossidazioni di Andy Warhol sono molto famose: Warhol usava vernice al rame su svariate tele e poi ci urinava sopra. La reazione chimica faceva cambiare i colori in maniera imprevedibile.
Come descriveresti lo stile di Pete Doherty?
Astratto figurativo. Doherty rappresenta figure consce e inconsce nei suoi dipinti: ritrae delle figure sullo sfondo e poi le copre con colate di vernice. Le figure consce hanno un aspetto controllato, mentre il primo piano inconscio è più istintivo.
L’inconscio mette parzialmente in ombra il conscio; Doherty lo fa assai spesso. Scrive sopra i suoi vecchi lavori. Crea una cosa e poi, più tardi, usa quella cosa per crearne una nuova—ma non voglio psicanalizzarlo e collegarlo alla sua vita.
Quali temi riconosci nelle sculture?
C’è un corpo di donna che indossa un paralume acceso sulla testa, con una chitarra appoggiata alle gambe. La sua metà inferiore è coperta da, parrebbe, una bandiera. I colori di questa bandiera—rosso, bianco e blu—sono, naturalmente, i colori della Gran Bretagna, ma anche della Francia. Sapevi che Doherty ora vive in riva al mare in Normandia con sua moglie, che è francese? A quale bandiera sente di appartenere di più oggi? Probabilmente entrambe.
La forma di questa specie di toga mi ricorda le onde vigorose che s’infrangono sulle coste della Normandia. E se la vedi da questa prospettiva, il paralume sembra quasi un faro, che ha la funzione di far arrivare i marinai salvi a riva. Penso che Doherty sia anche alla ricerca di una casa, di un’identità che sia sua. La chitarra, ovviamente, è un simbolo dei tanti anni che ha passato a viaggiare con il suo strumento in tutto il mondo—forse, senza mai sentirsi veramente a casa.
Noti altri riferimenti?
Doherty si occupa anche della storia passata della Gran Bretagna. L’opera a destra della scultura contiene un vecchio volantino di un concerto dei Libertines. L’informazione su luogo e data del concerto è stata trasformata in uno stencil e riprodotta in rosso, bianco e blu. Anche la parola “Hong Kong” è riportata con gli stessi colori.
Il tutto si posiziona sopra una vecchia pubblicità di una marca di tabacco cinese. Mi rimanda immediatamente alle Guerre dell’Oppio, che hanno avuto come conseguenza la trasformazione di Hong Kong in una colonia britannica. Allo stesso tempo, mi fa pensare anche ai milioni di cittadini cinesi che sono diventati pesantemente dipendenti dall’oppio a causa di ciò. Gran Bretagna e tossicodipendenza: è qui che Pete Doherty si rivede.
Sei in grado di capire, soltanto dai dipinti, che Doherty ha passato una vita avventurosa?
No, non la metterei così. Ovviamente vediamo il suo sangue e in un quadro troviamo anche il numero di telefono del suo spacciatore. Ma più che altro emerge che tipo di persona è Doherty: una persona che lavora costantemente, che rivolta i propri stessi pensieri avanti e indietro, avanti e indietro. Non è possibile ridurlo al suo passato da celebrità con un problema di droga. È troppo sfaccettato.
Da dove estrapoli l’idea che pensi in continuazione?
Nei dipinti di Doherty si incontrano tantissimi metodi e tematiche. Ha strappato poster dalle pareti, li ha ridisegnati, poi ne ha grattato via degli strati e li ha riassemblati. Aggiunge nuovi temi con gli stencil e la scrittura, creando connessioni che prima non esistevano. È alla costante ricerca di nuovi livelli. È qui, in particolare, che brilla la sua natura sfaccettata; è sempre alla ricerca, spesso della sua stessa identità.
In cosa differisce l’arte di Doherty dal resto dell’arte contemporanea?
L’arte di Doherty non sembra per nulla contemporanea. Questi lavori sarebbero potuti andare in mostra anche 60 anni fa. L’arte contemporanea lavora molto digitalmente e con i social media—e qui non troviamo niente di tutto ciò. Al contrario, la sua arte è più un viaggio nel passato.
Molte persone famose si danno alla pittura a fine carriera. L’arte fatta dalle celebrità arricchisce il mondo artistico? O sarebbe irrilevante se non fosse fatta da persone famose?
Pochi artisti visivi hanno ottenuto pari successo in altri campi. Ma essere un cantante famoso, un politico o un attore non significa necessariamente che tu non sia un buon artista. Hai ragione: gran parte delle opere prodotte da persone famose sono conosciute solo perché sono persone famose. Ma se ciò le renda irrilevanti, non sta a me determinarlo.
L’arte che vediamo qui, quindi, è “bella”?
Sì, penso che questa mostra sia molto bella. Pete Doherty è un artista vero, su molti livelli. Trovo notevole il modo in cui coniuga poesia, musica e arte visiva; può sicuramente competere con altri artisti.