Una delle prime cose che scopri quando finisci a vivere a Roma, è che il cibo è ovunque, declinato in ogni modo per ogni occasione. Venditti, uomo saggio, cantava che “le bombe delle sei non fanno male”; ma tranquillo, Antonello, che manco quelle delle due di notte sono male. Le bombe, che in diverse parti d’Italia sono grosse canne, a Roma significano una cosa sola: bomboloni fritti cosparsi di zucchero e ripieni di crema pasticcera che deve rigorosamente schizzare fuori al primo morso per urlare al mondo “CIAO, SIAMO LA COSA PIÙ GODURIOSA DEL MONDO”. Se non esce roba, non è una buona bomba, secondo questo metro di valutazione scientifico.
E l’orario per mangiarle varia dalla quantità di alcol che abita il vostro corpo: sono l’antibiotico del fine serata, hanno il preciso compito di asciugare le decine di cocktail che vi siete scolati – e quello di mandarvi a letto con ancora un po’ di fiducia nel genere umano. I luoghi del cibo notturno romano vivono di vita propria, un mondo parallelo che inizia alle 23 e si chiude con le prime luci del giorno per poi scomparire lasciandoti frastornato, dopo incontri assurdi che vanno dalle ragazze in tacchi in procinto di azzannare voracemente cornetti al cioccolato al povero cristo che dorme su un cartone affianco fino all’impasticcato che si è fatto una tirata di techno per quattro ore. Ho deciso di passare un’intera notte alla scoperta del cibo notturno della Capitale in compagnia di Andrea, il fotografo, che ha fatto anche la parte di Cicerone e aiuto fisico e morale per la quantità di carboidrati che sarei stato autocostretto a ingerire. Il ritrovo delle 23 è diventato il ritrovo delle 23.30, secondo la regola romana per cui un orario preciso è sempre mezz’ora dopo. Ci siamo fatti un paio di peroncini – che sono le piccole Peroni, se non lo sapeste- e abbiamo parlato un po’ dell’itinerario da fare. Anche temporeggiare con una Peroni in mano è una regola romana imprescindibile. Dopo qualche chiacchiera perlopiù inutile, l’idea: cos’ha Roma che città come Milano invece non hanno? Risposta: il mare.
Videos by VICE
Per cui la prima tappa sarebbe stata proprio un posto al mare, dove google ci ha suggerito Angie, strano ibrido dalla dicitura “Disco-Pub”. 20 minuti di macchina, direzione Fiumicino.
La scritta Angie risplendeva malinconica e bellissima nella notte di una viuzza in cemento dove arrivava il profumo del mare.
La porta dava su un’anticamera in cui era seduto un vecchio uomo e le domande hanno cominciato a presentarsi: che cosa ci fa un uomo anziano in una discoteca? Per esempio.
Entriamo e ci troviamo di fronte a uno scenario strabiliante: una balera attivissima in cui uomini e donne che andavano dai 50 agli 80 anni ballavano senza pausa. Dopo lo shock iniziale, ho chiesto subito a quello che sembrava il padrone del locale se ci fosse qualcosa da mangiare.
“Da mangiare? La cucina è chiusa, è tardi, ragazzi. Al massimo posso farvi delle tagliatelle al ragù o un tagliere di prosciutti”. Per non discutere sul perché potessero farmi delle tagliatelle al ragù a cucina chiusa, le ho chieste e basta. Ed è così che ci siamo ritrovati con due piatti fumanti di, devo dire, ottime tagliatelle, accompagnate da birra Beck’s e dai grandi successi di Alberto Castillo. Prima ancora di finire una signora argentina – o almeno credo fosse argentina- ci ha offerto anche una fetta di torta con la panna. Ero più spaventato dall’idea di lasciare qual posto incredibile, che dal fatto di dover mangiare per altre sei ore, ma ho dovuto farlo. Il conto, per favore: 12 euro. La serata stava iniziando parecchio bene. Potrebbe sembrare che fossimo due malati di mente allo sbaraglio, e non nego che lo siamo in una certa misura, ma di certo avevamo in testa un itinerario più o meno preciso.
Prossima fermata, Ostiense, da Dolce Notte. La parentesi su Dolce Notte è doverosa, perché è uno di quei luoghi notturni in cui vado da sempre. In sostanza si trova attaccata a una via di locali e discoteche, quindi è il luogo perfetto per scofanarsi di pizzette quando si è distrutti dalle 3 della mattina in poi. Il mio migliore amico mi ci portava sempre, e giusto un mese fa ho passato il testimone ai colleghi di Noisey che erano lì per lavoro e non riuscivano a non succhiare le pizzelle come delle anatre. Fui molto fiero di me.
Dolce notte è la coccola notturna del romano: ci puoi trovare dai cornetti ripieni, al latte caldo che va molto in voga tra le ragazze che escono dalle serate, alle mitiche pizzette tonde e piccole che ti mangeresti in quantità industriale. Per tenere fede all’anima del posto ho ordinato proprio loro, una bella busta che non è durata nemmeno il tempo di dire “ne vuoi un…?”
Morbide, il pomodoro acidino, la mozzarella carbonizzata e tanti, tanti carboidrati semplici che si trasformano immediatamente in zuccheri. Il paradiso. All’una era popolato perlopiù da ragazze vestite benissimo e non abbiamo fatto a meno di chiedere una foto di gruppo in cui si ingozzano di cornetti facendo strabordare i ripieni al cioccolato nero, bianco e alla crema. Ore 1.20. Si riparte alla volta di uno degli storici locali notturni della Capitale.
Ma prima, visto che eravamo di strada, abbiamo avuto la brillante idea di fermarci al cocktail bar del Marco Martini Restaurant, un ristorante stellato che fa dei drink pazzeschi. Daniele Gentili, il bar manager, ci ha accolto con un Old Fashioned e un Negroni, accompagnati dalla vera anima della festa: le fave essiccate con pepe, sale, alghe, peperoncino e bucce di agrumi. Il modo migliore in assoluto per aprire lo stomaco se dovete affrontare ancora del cibo. Da mangiare in quantità rigorosamente calcolabile in tonnellate.
Alle 2 di nuovo in macchina, stavolta davvero per andare in quello storico locale notturno. Il Caffè Merulana è famoso perché è un ristorante vero e proprio e lo trovate aperto fino alle 5. In genere lo si trova frequentato da uomini in giacca e cravatta e escort, ma quella sera era particolarmente vuoto.
Da quello che mi ricordavo aveva dei supplì al telefono spaziali. Ne ordiniamo due e la consueta birra. Sono arrivati caldi, con la doppia panatura, croccanti e pronti per essere mangiati, non prima di essersi bruciati completamente le mani. Apro il primo: niente mozzarella filante. Apro il secondo, nemmeno. Ero un po’ incazzato, soprattutto perché mi sognavo quella foto da giorni, ma almeno erano buoni. Forse un po’ sciapi. Altro giro, altro regalo, prossima tappa uno dei posti più incredibili della città. In una via che non dirò mai c’è un laboratorio che sforna cornetti caldi a 60 centesimi l’uno e potete vedere perfino le vecchine che li tirano a mano. In entrata venite sovrastati da muri di scatole piene di felicità, ma non quella sera, perché le serrande erano abbassate. Ci vado spesso quindi posso dirvi che sembrano fritti e non ne bastano due a testa, ce vai a rota. Voglio solo sperare che non abbiano chiuso per sempre. Vi prego. Ore 3.30. un po’ abbacchiati, un po’ appesantiti, abbiamo deciso di fare la cosa più saggia, quella che devi essere un romano vero per conoscere. E io non lo sono, perciò Andrea mi ha dato una mano. Via Tuscolana, oltre a essere lunghissima, è anche l’incredibile teatro del mangiare notturno.
Si parte dal Cornetto Notte, proprio di fronte alla Zecca di Stato, un piccolo bar specializzato in caffetteria, latte art e, soprattutto, in maritozzi. Il maritozzo è, credo, l’unico dolce romano, ed è così composto: una brioche allungata che si apre a metà e si riempie completamente di panna. Punto. Fine.
Flavio ce l’ha preparato con tanta maestria e amore per la modica cifra di 2 euro e noi gli abbiamo reso onore finendolo in due mozzichi. Un po’ gnucco, ma a quell’ora chissenefrega. “Andiamo dallo zozzone ora?”, mi fa Andrea. Eh certo, che me lo chiedi? Saliamo in macchina, facciamo letteralmente 5 metri e la rifermiamo. I romani hanno un problema con gli spostamenti a piedi.
Sono le 4, credo, non conto più il tempo e sto per entrare in uno dei templi della notte di Roma: da “Orfeo, il Re della Notte”, come recita la targa in marmo con tanto di leone sul muro fuori. Dentro, ad accoglierci, c’erano Louis, Omar e Omar, in assetto da panino. Orfeo non è un paninaro, è il paninaro.
Scelgo una bella salsiccia e per farmi male riempio il panino con cicoria, pomodori secchi, cipolla, peperoni, mais (credo), ketchup e insalata, per pulire. “Da Orfeo c’è la felicità, perché nessuno è come lui. E poi c’è la musica sudamericana, perché la notte non muore maiiiiii”, dice Louis. “Sembri un attore americano”, dice invece Omar giovane. “Di che film?” “Di Film”. Ok, è troppo tardi per discutere.
Il panino arriva, enorme e bellissimo, e ce lo finiamo con fatica, devo dire. Ma ho sbagliato a metterci la cicoria, riempiva inutilmente. Altra birra, altro giro, si riparte.
Saranno state le quasi le cinque, la pancia era gonfia come un pallone e mi aspettava la prova più temibile: il kebab di Alì Babà. Il kebab di Ali ha questa particolarità: puoi prenderlo in dimensione piccola, media o grande. Calcolando che quella media è gigantesca, provate a immaginare quella grande sul serio.
Ho optato per quello medio, ricco di cipolle, olive, pomodori e la salsa bianca, che dopo decenni ancora non ho capito bene di cosa sia fatta. Un morso, due, tre e poi no. Scusate ma non ce la potevo fare. Grazie Ali, il tuo ingresso con luci al neon e due kebab che si illuminano è stato comunque bellissimo.
Ore 5.15, l’ultima tappa. Quella più zozza. Arrabbiato per non aver trovato cornettari aperti, che sono la vera cucina notturna romana, ho optato per consolarmi con un hamburger di McDonald’s. Dite quello che volete, ma la ricetta dell’hamburger credo ancora sia la più perfetta mai creata. E per farlo in grande stile, abbiamo portato la macchina sul Grande Raccordo Anulare e abbiamo ordinato in modalità McDrive. Un hamburger, un cheeseburger e dei polletti fritti, perché che fai non te li magni?
Il dolce del panino, l’acido del ketchup, l’umami della carne e l’acqua del cetriolo sono davvero la perfezione gastronomica, specialmente se gustati al volante. I polletti facevano cagare, stranamente, ci sono rimasto male. La notte era finita, rivedendo le foto di Andrea mi sono reso conto dello stato simile a quello di un Batman tossico a cui ero giunto. Era tempo di tornare a casa. Sfrecciando lungo il Raccordo vuoto, fatti di zuccheri e carboidrati, ci siamo goduti le prime luci dell’aurora. “Senti, io ho tra due ore ho un treno per Milano”, mi dice Andrea. “Andiamo da me e ci facciamo un gin tonic?” E chi sono io, per dire di no? Con un gin tonic l’alba sulla periferia romana è davvero bellissima.
Segui MUNCHIES su Facebook e Instagram . Segui Andrea anche su Instagram.
Vuoi restare sempre aggiornato sulle cose più belle pubblicate da MUNCHIES e gli altri canali? Iscriviti alla nostra newsletter settimanali.