In attesa di capire se il nuovo accordo di tregua firmato a Minsk tra Russia e Ucraina condurrà davvero, in due giorni, al cessate il fuoco—senza fallire come un analogo protocollo siglato alcuni mesi fa—gli scontri nella regione del Donbass proseguono serrati. Nelle ultime settimane, l’escalation bellica tra esercito regolare e milizie indipendentiste nell’est Ucraina ha fatto impennare il bilancio delle vittime, arrivato secondo le Nazioni Unite oltre le 5400.
Proprio in uno dei nuovi epicentri della guerra, la cittadina di Debaltseve, un volontario italiano sembra essersi unito agli scontri dalla parte dei ribelli filorussi.
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Si tratta di Andrea Palmeri, 35enne di Lucca, ex gestore di un pub con un passato da capo ultras e un’appassionata militanza neofascista. In Italia, Palmeri ha collezionato alcune condanne penali per associazione a delinquere, minacce, lesioni, furto e—prima di partire per l’Ucraina nel luglio scorso—era un sorvegliato speciale.
Arrivato nel Donbass, il 35enne si è arruolato nella milizia popolare di Lugansk. Per la giustizia italiana è, tecnicamente, un evaso. Ma lui si considera un combattente al fianco del popolo insorto della Novorossija (Nuova Russia). Stando al resoconto di Palmeri, oltre a lui (e Gabriele Carugati, volontario filorusso di Varese, la cui storia è già stata raccontata da diverse testate), i foreign fighters italiani nel Donbass sarebbero in tutto nove o dieci.
Negli ultimi mesi, la vita di Andrea Palmeri è stata piuttosto concitata: si è convertito dal cattolicesimo alla fede ortodossa; è stato coinvolto negli scontri armati di Lugansk e Debaltseve; ha postato su Facebook status xenofobi e canzoni di Alessandro Mannarino. Tratteggiando, così, il tipico profilo del militante rossobruno.
Ho avuto la possibilità di chattare con Andrea mentre era in ospedale a Lugansk—una delle roccaforti dei separatisti nell’Ucraina dell’est—dopo la battaglia di Debaltseve, che sostiene di aver dovuto abbandonare pochi giorni fa a causa di una bronchite e di un “principio di congelamento agli arti inferiori.”
VICE: Andrea, com’è la situazione sul campo di battaglia?
Andrea Palmeri: Sono stato sul fronte di Debaltseve per 13 giorni. Il nostro battaglione—che è fornito di tank e blindati—ha contribuito a confinare i militari ucraini in una sacca senza uscita. Abbiamo avuto due scontri contro i carri armati nemici, con feriti e tre caduti, ma siamo riusciti a svolgere al meglio il nostro lavoro, in sincronia con gli altri battaglioni. Gli ucraini sono ormai bloccati e, a parte la resa, non hanno logiche alternative.
In questa fase il nemico è anche il gelo: fare qualsiasi cosa con 20 gradi sotto zero è molto difficile. Ora dovrei essere ancora al fronte, ma dopo diversi giorni di febbre alta, un parziale congelamento ai piedi e una forte bronchite, ho dovuto necessariamente cedere al ricovero in ospedale.
Da poche ore si sono conclusi i colloqui di pace a Minsk e la tregua sancita dovrà essere verificata sul campo. Pensi che una soluzione diplomatica al conflitto si possa davvero trovare?
Sono scettico, qualsiasi tregua non durerà molto. Il mio parere conta poco, ma bisogna rendersi conto che qui c’è un popolo in lotta per la propria identità. A gennaio abbiamo ripreso duramente gli scontri per finire il lavoro iniziato, e non penso che il compromesso in discussione sia accettabile per nessuna delle parti.
Non escludo che a breve nuove province si ribelleranno alla giunta golpista. In generale, credo che la guerra proseguirà e da marzo sarà ancora più dura, estendendosi oltre il Donbass. Anzi, prego perché gli scontri non coinvolgano tutta l’Europa. Del resto, se gli Stati Uniti non interverranno, la nostra superiorità non potrà essere messa in discussione, soprattutto in quanto a motivazione. In futuro, chissà che questa Nuova Russia non arrivi fino a Odessa, è il sogno di tanti.
La popolazione, qui, sostiene l’esercito di liberazione e tutti i volontari stranieri—francesi, russi, serbi, spagnoli—venuti a combattere. La gente è con noi e, pur volendo la pace, in tanti approvano la nostra lotta.
Tu continuerai a combattere?
Per ristabilirmi del tutto dovrò stare fermo un mese o poco più, dunque per il futuro prossimo intendo dedicarmi a un progetto di solidarietà, raccogliendo fondi per una scuola e un orfanotrofio.
Considerati i problemi che hai con la giustizia italiana, molti ritengono che tu sia fuggito da Lucca per evitare il carcere.
Sono scappato da una sorveglianza speciale e riceverò una condanna anche per essere evaso. In Italia ho un bel po’ di anni di carcere da scontare, anche per fatti del tutto inventati, dal momento che nel nostro paese la magistratura è politicizzata e pilotata.
A tempo debito, comunque, tornerò e pagherò il mio conto con la giustizia. Se sono arrivato fin qui è perché credo in questa lotta, sono un idealista e combatto dalla parte di un popolo che rivendica la propria identità. Credo, inoltre, che ognuno debba dare il proprio contributo per impedire il massacro di civili perpetuato dai golpisti e fermare l’imperialismo americano.
Il fronte dei ribelli filorussi è sostenuto, direttamente e indirettamente, anche da molte fazioni di estrema sinistra. La “carovana antifascista” organizzata dal gruppo musicale Banda Bassotti ne è un esempio. Tu come concili la tua fede politica di estrema destra con tutto questo ?
Per me comunismo e fascismo sono ormai definizioni vecchie. Il vero nemico, per tutti, è l’imperialismo degli Stati Uniti. Riguardo la Banda Bassotti, penso che chiunque appoggi la causa della Nuova Russia non vada combattuto.
In ogni caso, la loro idea di comunismo è molto diversa da quella dei comunisti russi. Per questo motivo non ho problemi a stare dalla loro stessa parte nel Donbass, mentre in Italia non lo farei mai. Qui l’omosessualismo, il sostegno alle droghe libere o i temi antireligiosi non sono ammessi, per fortuna.
Se dovessi tornare in Italia oggi, avresti un gruppo o una figura politica a cui fare riferimento?
La situazione politica italiana è deprimente. C’è una classe dirigente pessima e corrotta che non fa gli interessi dei cittadini, ma dei banchieri d’oltreoceano. Dovremmo uscire dall’Unione Europea, o quantomeno dall’euro, e rinegoziare diversi trattati.
Abbiamo un problema enorme come quello dei flussi migratori e l’Europa ci affossa. Praticamente tutti i politici italiani sono asserviti al solito padrone. Tranne, forse, Matteo Salvini, se è davvero sincero quando conduce le sue battaglie. Secondo me, in ogni caso, l’ultimo vero politico italiano degno di rispetto è stato uno: Bettino Craxi.
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