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Come due buchi neri che collidono

Per capire veramente cosa sia la forza di gravità, dobbiamo vederla in azione nei contesti più estremi. Un campo gravitazionale abbastanza potente dovrebbe mandare onde abbastanza potenti da essere osservate alla Terra. Ma la forza di gravità in tali concentrazioni è davvero difficile da trovare: le onde gravitazionali, come le onde sonore, perdono la loro forza sulle lunghe distanze.

Per trovare questi cosiddetti contesti estremi dobbiamo rivolgerci verso fenomeni come le collisioni galattiche e i sistemi di stelle di neutroni orbitanti. Per le più contorte distorsioni dello spazio-tempo, tuttavia, ci sono sempre i buchi neri, quelle entità cosmiche con potentissimi campi gravitazionali.

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Un buco nero, e tanto più un sistema di due buchi neri, è un fenomeno così estremo che trovarne le equazioni corrispondenti è una sfida enorme, ma un team di fisici della Cornell University sostiene di aver trovato i calcoli adatti a descrivere l’effetto di lensing gravitazionale di un sistema binario di buchi neri.

Immagine: Andy Bohn et al

Il problema di effettuare calcoli su un buco nero è il fatto che le sue viscere contengono sempre una singolarità, un punto in cui la gravità e i suoi effetti diventano infiniti, e l’infinito non è certo semplice da affrontare in matematica. Come possiamo sperare di coprire l’estensione dinamica tra una curvatura infinita di spazio-tempo e le deboli onde che potrebbero raggiungere la Terra? Si può iniziare con delle belle immagini.

I ricercatori della Cornell non stanno proponendo una soluzione completa alla questione, ma hanno elaborato una nuova visualizzazione (la prima, a loro parere) di come la luce si comporterebbe intorno a un sistema binario di buchi neri. Cosa vedrebbe un osservatore abbastanza vicino da vedere una coppia di buchi neri che orbitano, si muovono a spirale verso l’interno e alla fine si fondono? Come ci si può aspettare il risultato è incredibile.

“Questa simulazione è in contrasto con la maggiorparte delle visualizzazioni di sistemi binari di buchi neri, in cui le posizioni e gli orizzonti dei due buchi neri sono semplicemente mostrati come funziono di tempo in un qualche sistema di coordinate,” ha affermato il team. “Noi abbiamo calcolato le traiettorie dei fasci di luci che raggiungono l’occhio dell’osservatore o la macchina fotografica per capire cosa verrebbe visto.”

Per simulare questa circostanza impossibile, in cui andrebbe registrato il passaggio di un incalcolabile numero di fotoni che passano intorno a un sistema binario di buchi neri, il team della Cornell ha sovrapposto una griglia colorata sulla linea dell’orizzonte dove si trovavano i due buchi neri in collisione. Poi piuttosto che immaginare dei fotoni singoli che viaggiano verso l’orizzonte è stata elaborata una sorta di immagine specchiata o rovesciata della realtà.

“Un approccio ingenuo avrebbe tracciato tutti i raggi luminosi possibili emanati dalla fonte di luce per determinare quali fasci raggiungano la fotocamera e da quali direzioni arrivino, ma è matematicamente irrealizzabile,” ha spiegato il team. “Un approccio più efficace è quello di invertire il problema, tracciando i raggi di luce provenienti dalla fotocamera e andare indietro nel tempo.”

In grafica questo processo si chiama ray casting. In parole povere: immaginate un fascio di fotoni che esce dal vostro occhio o da una macchina fotografica verso una scena. Ogni fotone colpisce qualcosa e viene parzialmente assorbito e parzialmente riflesso secondo le proprietà del materiale e dell’ambiente. A questa collisione viene assegnato un valore corrispondente (in questo caso un colore).

Il fatto cruciale è che elaborare una simulazioni di fotoni che vengono sparati da un occhio o da una lente verso una scena non comporta nessuno spreco di calcoli sui fotoni che non tornerebbero indietro verso lente o che verrebbero oscurati.

Oltre a generare alcune immagini incredibile il team della Cornell è arrivato a un’ulteriore e importante conclusione: i sistemi binari assomigliano terribilmente a dei buchi neri singoli. “Su larga scala l’effetto lente di sistemi binari che si compenetrano, si comportano come singoli buchi neri,” hanno scritto, “ma su piccole scale le immagini risultanti mostrano strutture complesse e in alcuni casi strutture auto-similari su diverse scale angolari.”