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Effetto Mandela: come la teoria dei falsi ricordi ha conquistato Internet

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“Il mio primissimo effetto Mandela è stato con la gamba di C-3PO. Non mi ricordavo assolutamente che avesse dell’argento. Nei mesi successivi, mi sono messo a cercare delle prove a supporto dell’effetto straniante di quella scoperta.” Per 9_demon_bag, che ha chiesto di essere identificato con il suo nome utente, venire a sapere che C-3PO non era completamente dorato è stato scioccante. Si era sbagliato per tutti quegli anni su un personaggio di Star Wars, o c’era dell’altro? Facendo delle ricerche online, ha scoperto di non essere solo.

L’effetto Mandela descrive quella condizione per cui ci si ricorda qualcosa in maniera diversa da com’è in realtà, e 9_demon_bag è il moderatore della più grande community su Reddit dedicata all’argomento. Il canale r/MandelaEffect è stato fondato nel 2014 e conta più di 120.000 iscritti.

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L’effetto prende il nome da Nelson Mandela, che alcuni ricordano essere morto negli anni Ottanta in una prigione in Sudafrica, invece che nel 2013 come documenta la storia. Un altro effetto Mandela diffuso è quello della serie di libri per bambini Gli orsi Berenstain—sì, Berenstain, non Berenstein. Altri esempi banali: i cereali sono Froot (non Fruit) Loops, e il logo della marca d’abbigliamento Fruit of the Loom, che non è una cornucopia.

Subire l’effetto Mandela non significa soltanto notare che ci ricordiamo qualcosa in maniera sbagliata. Spesso, porta anche a cercare spiegazioni più complesse a falsi ricordi collettivi, prove che è il mondo ad aver subito un malfunzionamento e non la mente umana.

Su r/MandelaEffect, piccole incongruenze diventano abissi. Notare uno di questi effetti dà alle persone una missione: bisogna cercarne altri, studiarli e mettere in discussione la natura stessa della realtà. Le spiegazioni sono a volte banali e a volte metafisiche; su r/MandelaEffect, alcuni sono scettici e credono che sia la mente a fare brutti scherzi. Altri collegano l’effetto Mandela alle teorie del complotto sull’attività dell’acceleratore di particelle del CERN, il Large Hadron Collider, e la rottura del continuum spazio-temporale, o chiamano in causa teorie terrapiattiste. Altri ancora sostengono che stiamo viviamo in una simulazione controllata da una computer quantico, sospesi in un aldilà digitale.

Ma di cosa stiamo parlando, allora? Di un meme culturale? Di una vera e propria “condizione” psicologica? Definire l’effetto Mandela significherebbe darne una spiegazione e nessuno è ancora riuscito a farlo.

Nonostante tutte le teorie e le analisi scientifiche, c’è un certo misticismo che lo avvolge. Funziona da spunto filosofico che porta ad affrontare l’unheimlich—il diverso che è contemporaneamente familiare e misterioso. Diventa terreno fertile su cui costruire altre teorie, le cui spiegazioni possono trovare fondamento nella scienza, nella religione, e spingersi fin dove arriva l’immaginazione.

“Scoprire che è un effetto reale, e che i tuoi ricordi sono diversi da ciò che vedi, ha un effetto un po’ diverso su ognuno,” ha detto 9_demon_bag. “Per i primi giorni cerchi una direzione, cerchi di capire che cosa sia appena successo.”

La confusione è un tema ricorrente, “ma tutti cercano di rimanere con i piedi per terra, e in questo la comunità aiuta.” Gli utenti si rivolgono l’uno all’altro per rassicurarsi, e per documentare altri possibili “glitch”. Nei primi due anni, dopo aver notato la gamba di C-3PO, 9_demon_bag ha detto di aver accumulato quante più informazioni possibili. “È interessante, dato che alcune delle cose che ricordi all’inizio quando hai ‘scaricato’ tutta questa idea non sono necessariamente le stesse cose che vedi quando ci torni sopra.”

La comunità di r/MandelaEffect si contraddistingue per una certa sfiducia nei confronti della tecnologia, dei media e delle figure di autorità. I post sul subreddit tentano di mettere insieme una memoria comune e, forse inavvertitamente, un’immagine dell’infanzia americana, perché molti degli effetti riguardano film in lingua inglese, cibi e altre forme di cultura popolare arrivate dagli Stati Uniti negli anni Novanta. Questo, insieme al picco di menzioni online dell’espressione “effetto Mandela” alla fine del 2016, mostra un fenomeno prevalentemente statunitense che emerge allo stesso tempo del termine “fake news” e che comprende la paura, la confusione e la sfiducia che caratterizzano la vita online contemporanea.

“C’è un aspetto esistenziale”, mi ha detto la neuroscienziata Ylva Østby, “perché se non riesci a ricordare, puoi fidarti di te stesso?” Insieme a sua sorella Hilde, Østby ha scritto Adventures in Memory: The Science and Secrets of Remembering and Forgetting, un libro sugli studi scientifici collegato al ruolo dell’arte, della cultura popolare, della comunità e dell’immagine di sé nel funzionamento della memoria, descrivendola come complessa, imprevedibile e sociale. Le storie si ripetono, il passato è smontato e riassemblato con ogni racconto, ed è naturale, sottolinea Østby, dimenticare molto più di quanto ricordiamo. “In realtà è più normale non ricordare che ricordare le tue esperienze,” ha spiegato Østby. “Tutti i dettagli della vita quotidiana vengono filtrati immediatamente in modo da non doverli conservare. Quando ci pensi, avverti una sensazione di perdita, di perdita di controllo, e questo fa paura. Ma dobbiamo semplicemente conviverci.”

Le notizie, in particolare, possono avere un impatto sui nostri ricordi visivi, e le storie incomplete, “presunte” possono portare a conclusioni che vengono suggellate nella memoria come verità. In uno studio del 2015 pubblicato dall’Università della California, Irvine, il 33 percento dei soggetti ha ammesso di aver visto video (in realtà inesistenti) di varie notizie, incluse le immagini del volo 93 della United, l’11 settembre. I risultati hanno senso: gli incidenti aerei sono ricchi di orrori visivi, sono spesso raffigurati in film e in TV, e sono facili da immaginare nonostante l’assenza di riprese di quello specifico evento del 2001.

Dato il livello di esposizione mediatica che ha ricevuto negli anni Ottanta e Novanta, potrebbe essere abbastanza facile immaginare Nelson Mandela che muore in prigione, anche se è improbabile che qualcuno in Sudafrica faccia questo errore. “Questo dipende anche da quanto siamo inclini a usare la nostra immaginazione,” ha detto Østby. “Le persone più inclini alla fantasia e all’uso di immagini visive, sono anche più inclini ad avere falsi ricordi. Non perché ci sia qualcosa di sbagliato in loro, è solo che il sistema di memoria che abbiamo interagisce tantissimo con le immagini.”

Alcune parole e frasi compaiono molto frequentemente nella comunità sull’effetto Mandela: “Rasoio di Occam,” “confabulazione” e la “teoria dei molti mondi,” un’idea presa dalla meccanica quantistica, utilizzata per spiegare un ragionamento comune, tra chi lo sostiene, secondo il quale si sarebbe passati attraverso dimensioni diverse, arrivando in un posto familiare ma non del tutto uguale. Chi non è d’accordo si dice che sia nativo di questa “linea temporale,” non sapendo che le cose stanno diversamente.

Rick & Morty, l’episodio “Bandersnatch” di Black Mirror e, ultimamente, la serie Russian Doll di Netflix hanno reso popolare la teoria dei molti mondi, ma l’idea regge nella comunità scientifica? “Sì, ci sono sicuramente molti fisici che credono nell’interpretazione dei molti mondi della meccanica quantistica,” mi ha detto Adam Becker, l’autore di What Is Real? The Unfinished Quest for the Meaning of Quantum Physics. “Ci sono anche molti fisici che non ci credono, e persino alcuni che considerano l’interpretazione dei molti mondi un’assurdità pseudoscientifica. Io sto nel mezzo: penso che l’interpretazione dei molti mondi sia una teoria scientifica abbastanza ragionevole. Ma non sono convinto che sia corretta.”

L’interpretazione secondo l’effetto Mandela della teoria dei molti mondi, tuttavia, fa acqua quando si passa all’applicazione pratica. “È impossibile viaggiare da un universo a un altro nell’interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica, che uno lo voglia o meno”, ha detto Becker. “Potrebbero esserci altri universi, ma nessuno in questo universo ci è mai stato.”

Una possibile spiegazione dell’effetto, ha aggiunto, si può trovare nella psicologia, piuttosto che nel campo della fisica. “Il cervello è straordinario e complesso”, ha detto Becker, “ma non possiede la capacità di passare fisicamente tra universi. Nemmeno il Large Hadron Collider ha quel potere. Per quanto ne sappiamo, niente ce l’ha. E, comunque, potrebbe anche non esistere nessun altro universo. ”

Se quelli che sperimentano l’effetto sono passati tra dimensioni diverse, cosa significa questo per il resto di noi? Che le nostre vite sono in qualche modo meno autentiche? Questo è ciò che rende il dibattito sull’effetto Mandela così intrigante: si dirama in luoghi che Internet non può raggiungere, come i recessi del cervello umano o altre dimensioni. Mette la mente umana contro internet, ma nessuno dei due è infallibile. Una cosa che distingue l’effetto Mandela da una teoria della cospirazione, tuttavia, è che non pretende di aver trovato una risposta. In ultima istanza, pone soltanto altre domande

Questo articolo è tratto dall’ultimo numero del magazine di VICE US. Ti è piaciuto? Iscriviti alla newsletter di VICE per avere accesso a contenuti esclusivi, anteprime e tante cose belle. Ogni sabato mattina nella tua inbox. CLICCA QUI .