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Questo videogioco racconta l’evoluzione come simbiosi anziché competizione

In Other Waters key art

Mentre lo intervisto via Skype sul suo nuovo videogioco, In Other Waters, Gareth Damian Martin tira fuori il saggio Symbiotic planet: a new look at evolution della biologa Lynn Margulis e ne legge un brano. “Non importa quanto la nostra specie sia ossessionata da se stessa: la vita è un sistema molto più vasto. È un’incredibile rete di materia ed energia tesa tra milioni di specie interdipendenti oltre (e dentro) la nostra pelle. Questi alieni terrestri sono i nostri familiari, i nostri antenati, sono parte di noi. Fanno parte dei cicli della nostra materia, ci portano acqua e cibo. Senza l’altro non sopravviviamo. Il nostro passato simbiotico, interattivo e interdipendente è connesso attraverso [le] acque agitate [della vita].”

In In Other Waters interpreto l’intelligenza artificiale dello scafandro meccanizzato che accompagna una scienziata alla scoperta dell’ecosistema marino di un pianeta alieno. Sono io a controllare movimenti e azioni della tuta, scegliendo che punti di interesse raggiungere, quali forme di vita aliena studiare, quali campioni raccogliere e come utilizzarli. Ma non posso vedere realmente il mondo che mi circonda, che avverto solo attraverso mappe e radar e grazie alle descrizioni che ne fa la protagonista: In Other Waters è un videogioco interamente vissuto attraverso cartine, interfacce e testi, ed è spesso la fantasia del giocatore a doverne riempire i vuoti.

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In Other Waters. Screenshot dell’autore

Ci sono certamente molti elementi magari non unici ma almeno insoliti rispetto a quello che siamo abituati nei videogiochi, ma quello che colpisce di più sono le ispirazioni che hanno fatto da base all’opera. C’è la fantascienza—da Il mondo sommerso di J. G. Ballard ad Annientamento di VanderMeer—ma soprattutto c’è la scienza. Damian Martin è un appassionato di biologia marina, come risulta subito chiaro dalla cura con cui è raccontato l’ecosistema oceanico che esploriamo. “Tutte le descrizioni scientifiche del gioco hanno una qualche base in un qualche fenomeno biologico reale,” mi ha detto durante l’intervista. E la visione simbiotica e cooperativa di ecosistemi ed evoluzione—sviluppata a partire dal 1967 da Margulis—ha plasmato i rapporti tra gli esseri viventi del suo mondo alieno.

“Di simbiosi si parla da inizio Novecento,” mi ha spiegato su Skype il professore Claudio Bandi del dipartimento di Bioscienze dell’Università degli Studi di Milano. Ma la teoria dell’endosimbiosi di Lynn Margulis è ciò che ha convinto la comunità scientifica—seppur con qualche fatica—della sua importanza nell’evoluzione.

L’endosimbiosi è una relazione simbiotica in cui un organismo vive all’interno di un altro, a volte persino dentro le sue cellule: i nostri mitocondri (dove avviene la respirazione cellulare, cioè dove viene prodotta la nostra energia) deriverebbero da un batterio che si sarebbe introdotto in una cellula oltre 2 miliardi di anni fa, evolvendosi e modificando il suo genoma in parallelo al modificarsi di quello dell’ospite. Come nel caso dell’arrivo dei mitocondri nelle cellule, una simbiosi prolungata può portare a una “simbiogenesi”, cioè allo sviluppo di un nuovo organismo.

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In Other Waters. Immagine via Steam

“Negli anni Quaranta e Cinquanta si era sviluppata quella che si chiamava teoria sintetica dell’evoluzione, una teoria elaborata soprattutto da genetisti di popolazione e statistici che enfatizzavano le piccole variazioni,” ha detto Bandi, e tutta la varietà della vita veniva spiegata attraverso l’accumulo di minuscole mutazioni casuali nel materiale genetico. Ma se questo poteva riuscire a spiegare le piccole variazioni, non sembrava capace di spiegare specie tanto diverse tra loro e alcune delle grandi transizioni evolutive. “Qui interviene l’endosimbiosi,” ha continuato Bandi. ”Il processo che avrebbe portato una cellula semplice—di tipo batterico—a diventare più complessa non sarebbe stato l’accumulo di piccole variazioni ma il fatto che questa cellula si sia associata in simbiosi con un’altra cellula.”

“È ormai un sapere condiviso che la nostra salute dipenda dalla simbiosi con i microbioti—molteplici diverse specie batteriche che vivono nel nostro intestino, sulle nostre mucose e sulla nostra cute,” ha spiegato Bandi. “Senza di loro non sviluppiamo un sistema immunitario efficace, non sfruttiamo in modo adeguato gli alimenti… non è concepibile Homo sapiens come un’entità singola: noi siamo noi più tutte le specie di microrganismi che vivono insieme a noi.”

La simbiosi non riguarda, insomma, solo il microcosmo: anche noi siamo “olobionti” (un termine introdotto da Margulis nel 1990), cioè organismi/ecosistemi costituiti da un ologenoma, la somma dei genomi di tutti gli organismi che li compongono, e coinvolti come un’unica unità nella selezione naturale, che resta arbitro ultimo dell’evoluzione. Il concetto di olobionte è scientificamente controverso, ma affascinante.

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In Other Waters. Screenshot dell’autore

“Possiamo applicare principi simili anche al mondo macro, per esempio riguardo alla simbiosi tra funghi e piante,” mi ha spiegato via email Raymond Pierotti del dipartimento di Ecologia e Biologia evoluzionistica dell’University of Kansas. “Un caso su cui cerco di portare l’attenzione è la relazione tra esseri umani e lupi, perché è un chiaro caso di coevoluzione e cooperazione.”

Un altro esempio di complesso rapporto tra specie diverse ce lo presenta la teoria della costruzione della nicchia. Come ha spiegato Pierotti, la teoria della costruzione della nicchia sostiene che “tutte le forme di vita creino la propria nicchia ecologica attraverso una combinazione di processi metabolici e comportamenti.” Adattamento e selezione non sono quindi due momenti successivi, perché le specie modificano l’ambiente che le seleziona e facendolo influiscono anche sulle nicchie degli altri organismi.

“Darwin era chiaramente un uomo del suo tempo e come i teorici del capitalismo enfatizzava la competizione,” ha continuato Pierotti, ma non bisogna dimenticare che la teoria dell’evoluzione di Darwin è stata anche un importante passo nella fine della distinzione tra uomo e natura. Come la teoria di Darwin, pure la ricerca di Margulis riflette il clima culturale e politico della sua epoca, in questo caso degli anni Sessanta e Settanta, della beat generation e dell’opposizione alla Guerra Fredda. “Margulis era stufa di questa visione in cui tutto dovesse essere necessariamente in competizione,” ha aggiunto Bandi, che ha conosciuto personalmente la biologa. “In biologia si usa il termine ‘arms race’—corsa agli armamenti—proveniente dalla Guerra Fredda. Io che sono un evoluzionista non nego che esista un fenomeno del genere, quello che voleva dire lei è che non tutto deve essere interpretato come il prodotto di una corsa agli armamenti.”

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In Other Waters. Immagine via Steam

In Other Waters dà una risposta simile a un simile problema: di fronte a un mondo videoludico che descrive la realtà prevalentemente come competitiva (videogiochi e informatica si sono sviluppati proprio durante la Guerra Fredda e ne portano ancora i segni), il videogioco di Damian Martin si concentra invece sugli aspetti cooperativi. “Non mi piace la visione in cui qualsiasi creatura cercherà di ucciderti. A caso, senza alcuna ragione,” ha affermato Damian Martin. “Nei videogiochi il nemico è un’entità che desidera la tua morte più di qualsiasi altra cosa. In Dark Souls puoi spingere i nemici a buttarsi giù dalle rupi nella loro ossessione di raggiungerti e ucciderti.”

Nel suo videogioco il nostro scopo non è aggredire, distruggere e conquistare, ma studiare e capire come comunicare con le creature per continuare nella nostra esplorazione, e il mondo non è fatto di prede e predatori ma di complesse relazioni. Persino il rapporto tra l’Intelligenza Artificiale e la protagonista è un rapporto simbiotico, una simbiosi/cooperazione tra umano e non umano. Il non umano è però interpretato da chi gioca, quindi da un essere umano, mentre l’umano è simulato dai sistemi del videogioco, quindi dal non umano.

In Other Waters è uno dei racconti più importanti della nostra epoca per questa sua capacità di fondere umano e non umano, proprio come si fondono dentro e fuori i nostri corpi. Proprio come le nostre storie sono oggi anche la storia del Covid-19 e del cambiamento climatico, in quella che Margulis avrebbe chiamato “una storia condivisa.”

In Other Waters di Jump Over the Age e Fellow Traveller è disponibile per PC, Mac e Nintendo Switch a partire dal 3 aprile 2020.