Gli scienziati del Caltech hanno trovato un modo per recuperare informazioni dalle profondità—finora impenetrabili—di un buco nero. Per quanto si tratti di uno schema impossibile da verificare in modo sperimentale e preveda il prelievo di informazioni solo sotto forma di singola particella, offre un quadro interessante a proposito delle difficoltà che abbiamo nel comprendere davvero un buco nero e a proposito dell’entaglement quantistico, la proprietà della meccanica quantistica che unisce particelle singole separate attraverso distanze infinite nel tempo e nello spazio.
Il lavoro del gruppo del Caltech è descritto in un articolo in open-access messo su arXiv e che sarà presto pubblicato su Physicl Review Letters.
Videos by VICE
Una delle caratteristiche più antipatiche dei buchi neri è conosciuta come “il paradosso dell’informazione del buco nero.” Detta in parole semplici, sembra che i buchi neri non abbiano memoria. Se voi o io ci trovassimo ad attraversare l’orizzonte degli eventi di un buco nero—il punto di non ritorno del campo gravitazionale—qualsiasi informazione su di noi andrebbe perduta. Niente più probabilità; niente più determinazione; niente più causa ed effetto. La storia stessa sembrerebbe svanire.
I fisici non amano molto questo paradosso, perché viola una legge apparentemente ovvia chiamata unitarietà. Questa regola dice, in pratica, che le probabilità che un evento si verifichi dovrebbero sempre essere uguali a massimo uno. Non dovrebbe mai esserci una possibilità maggiore del 100 percento che qualcosa accada—che senso avrebbe altrimenti?
Eppure, l’esistenza dentro un buco nero implica questa cosa. Niente unitarietà.
L’esperimento proposto nell’articolo di ricerca del Caltech non elimina il problema dell’unitarietà, ma apre una sorta di spiraglio. Lo fa basandosi proprio sull’entanglement quantistico. Quando due particelle raggiungono lo stesso stato quantistico, possono condividere quello stato anche se sono molto lontane. L’entanglement è ancora aperto a interpretazioni, ma è un po’ come se una singola particella potesse esistere in due posti allo stesso tempo.
Forse avete già capito dove va a parare questo discorso. Una particella va dentro, svanendo nel modo più profondo in cui possa svanire qualcosa, ma la sua immagine specchio rimane fuori. È tutto qui, più o meno, ma bisogna sfruttare una proprietà dei buchi neri detta radiazione di Hawking.
La radiazione di Hawking descrive il modo in cui i buchi neri evaporano lentamente fino a estinguersi del tutto. Poiché, secondo la meccanica quantistica, è impossibile conoscere contemporaneamente la posizione e il momento di una particella, finiamo con uno strambo sfrigolio di particelle “virtuali” onnipresenti. Più semplicemente: siccome non possiamo conoscere completamente una particella quantistica, non possiamo mai dire che non si trovi davvero in quel punto. Di conseguenza ci sono sempre queste coppie di particelle virtuali, una particella normale e una antiparticella, che lampeggiano dentro e fuori dall’esistenza.
Sembra che l’improvviso emergere di particelle da uno spazio vuoto rompa qualsiasi tipo di regola, ma siccome una è una particella di antimateria e l’altra è una particella “normale,” in genere si annichiliscono a vicenda immediatamente. Sul bordo del buco nero, però, capita che una delle due cada dentro e che quella sopravvissuta si allontani come radiazione di Hawking. Una delle particelle aggiunge quindi una particella all’universo, mentre l’altra ne sottrae una dal buco nero.
Ecco come evapora un buco nero.
Ora, il gruppo del Caltech ha capito come prelevare qualche informazione da un elettrone fatto cadere in un buco nero usando queste coppie di fotoni virtuali e una misura totalmente irrealistica del momento angolare del buco nero, detto anche spin.
Prendendo queste misure insieme a una dello spin del fotone sopravvissuto, il buco nero stesso si collega per entanglement al fotone. Poi, l’elettrone cade nel buco nero e il momento angolare del buco nero viene misurato di nuovo, questa volta con l’elettrone. Dato che le misure hanno un effetto irreversibile sugli stati quantistici, questa azione si riflette sulla sopravvivenza del fotone della coppia virtuale. In questo modo, le informazioni dell’elettrone “perduto” sono ri-trasmesse fuori dal buco nero.
Quindi sì, questa cosa è decisamente irrealistica e, se anche non lo fosse, le informazioni racimolate sarebbero davvero minime. Ma pur sempre informazioni.
“Non si tratta certo di una soluzione al problema della perdita delle informazioni,” dice l’articolo, “ma fornisce un quadro concreto su come le informazioni riescano a sfuggire da un buco nero in particolari circostanze, e si allineano con alcune teorie precedenti sull’uso di quantità fisiche conservate per recuperare le informazioni di un buco nero.”