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Come si misura la potenza di calcolo del cervello

Nel 1669, proprio in questo periodo, ​il matematico John Wallis si ritrovava per l’ennesima volta sdraiato nel suo letto, senza riuscire a dormire. Wallis, famoso per contributi cruciali in campi che spaziano dal calcolo alla teoria musicale, faceva ciò che faceva normalmente in queste circostanze. Faceva i conti. Wallis non contava le pecore, le moltiplicava in maniera esponenziale.

Una notte, avrebbe poi annotato in una lettera, “nel letto, senza una penna, inchiostro, carte o qualcosa di equivalente, ho estratto a memoria la radice quadrata di 30000,00000,00000,00000,00000,00000,00000,00000, che ho scoperto poi essere 1,73205,08075,68077,29353.” In un successivo articolo di giornale che esaltava le virtù della matematica notturna, Wallis scrisse di aver ricevuto un piccolo aiuto da una tosse persistente che aggravava la sua insonnia. In quello stesso articolo, che era stato scritto diversi anni dopo, Wallis si chiedeva se potesse fare ancora una cosa del genere. La memoria svanisce, d’altronde.

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Io sono completamente incapace a fare i conti a mente. Mi affido ad un arsenale di lavagnette, quaderni e Wolfram Alpha. Più che altro perché ho bisogno di vedere i numeri e i simboli prendere forma.

IL CERVELLO UMANO, IN MEDIA, è CAPACE DI PERFORMANCE DI CALCOLO IMPRESSIONANTI

Nel grande schema delle cose, potrei essere in svantaggio. Il cervello umano, in media, è capace di performance di calcolo impressionanti. Nulla del calibro di quelle di Wallis, ovviamente, ma i nostri sopravvalutati rotolini di materia grigia non sono poi così sopravvalutati.

Aiuta porre la questione in termini di computazione, dove le unità di misura per la capacità di computabilità sono chiaramente stabilite. ​Un articolo del 1989 nel Foresight Update riuscì a fare così. “Esattamente come noi possiamo chiedere quanti mip o megaflop possano compiere un pc IBM o un Cray, possiamo fare la stessa cosa con il cervello umano,” scriveva Raph C. Merkle, oggi membro della facoltà della Singularity University. “Nè il mip o il megaflop sembrano adatti a questo intento; abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo.” Questo “qualcosa di nuovo” sono il numero di operazioni sinaptiche al secondo.

Non è l’unica possibilità, come Merkle spiega. Possiamo anche guardare all’energia espansa per operazione, o possiamo anche fare riferimento ai ratei di lavoro guardando il volume di informazioni trasferite dalla retina al cervello per essere processate. L’idea generale è che possiamo determinate le capacità di processamento guardando i limiti energetici del cervello.

“Stimando la distanza tra le varie sinapsi possiamo arrivare a stimare quante operazioni sinaptiche al secondo il nostro cervello può eseguire,” scrive Merkle. “Questa stima è appena un poco più bassa di una basata sul moltiplicare il numero stimato di sinapsi per il livello di output medio, e due ordini di grandezza maggiori di una basata sulla stima funzionale della potenza computazionale della retina.”

Infine, Merkle scrive, “sembra ragionevole concludere che il cervello umano ha una potenza computazionale bruta tra le 10^13 e le 10^16 operazioni al secondo.”

Questi numeri sono altamente teoretici e probabilmente non verificabili, il range di Merkle va ben al di là delle capacità di una CPU contemporanea, ma il problema che abbiamo col cervello è che non possiamo programmarlo come vogliamo. Un nuovo processore Intel non avrà mai le stesse responsabilità di un cervello umano fatto e finito.

Chris Westbury, un neuroscienziato cognitivo dell’Università di Alberta, ​tenta di porre la stessa domanda in termini un po’ più reali. Westbury offre due linee di ragionamento. Una pone la faccenda per intero nel mondo reale, probabilmente sbagliando. Questa linea arriva dalla stima della velocità decisionale media del cervello (scegliere tra questo o quello), che è circa due decisioni al secondo. Non fa nemmeno media.

Un’unità di misura migliore è, invece, la semplice comparazione tra la velocità di clock di un singolo neurone alla velocità di clock di una CPU. Westbury conclude che, sulla base di queste linea, un neurone è surclassato da una CPU media oltre 5 milioni di volte. Ciò non è particolarmente significativo, per ovvie ragioni. Noi, in quanto umani, abbiamo processi di ragionamento paralleli già avviati. 

Per una visione meno teoretica del calcolo mentale umano abbiamo le competizioni. La prima Mental Calculation World Cup si è tenuta nel 2004 a Annaberg-Buchholz, in Germania. I compiti sono difficilissimi. In un minuto, quanti giorni sono passati da una data casuale del 1600? O, somma 10 numeri da 10 cifre 10 volte in sette minuti. ​Quest’anno è stato registrato un record del mondo dal calcolatore tedesco Wenzel Grüß: ha fattorizzato 20 numeri casuali da 5 cifre in 10 minuti e 3 secondi. ​La coppa, invece, è stata vinta dal tredicenne indiano Granth Thakkar.

Questi risultati sono un po’ meno stupefacenti quando si pensa che la più estrema forma di matematica mentale è fatta di algoritmi. È il processo attraverso il quale il nostro cervello si districa tra routine e funzioni, ognuna delle quali prende un problema molto grosso e lo spezzetta in problemi più piccoli, più facilmente risolvibili. Per esempio, se un calcolo, o la parte di un calcolo, richiede di moltiplicare per cinque, possiamo invece moltiplicare per 10 e poi dividere per due. La moltiplicazione di qualunque numero da due cifre può essere semplificata in combinazioni di potenze di 10 seguite da combinazioni di valori molto più piccoli e gestibili.

Ci sono diversi tipi di trucchi per i quali, non troppo tempo fa, la parola “calcolatrice” significava “essere umano.” Il CERN, casa del Large Hadron Collider, una volta manteneva un plotone di calcolatori umani. Luminari della matematica come John von Neumann e Bernhard Reimann avevano lavori full-time nelle vesti di calcolatori umani. Wallis era un crittografo. 

In una storiografia dei calcolatori umani trovata nel sito della Università di St Andrews, JJ O’Connor e EF Robertson hanno notato qualcosa di abbastanza importante. La maggior parte dei super-geni della matematica mentale hanno toccato il loro climax alla veneranda età di 10 anni.

In più sembra che l’educazione limiti o diminuisca le abilità di matematica mentale. “Questo può essere dovuto al semplice fatto che certe abilità di calcolo richiedono pratica continua per diverse ore al giorno, e l’educazione occupa troppo tempo per permettere a loro di continuare,” suggerisce la coppia.

Da ciò, penso che possiamo dedurre qualcosa di abbastanza importante. Questa è un’abilità che si perde facilmente, un talento fragile. Nessuno di noi, in ogni caso, deve essere un mago del calcolo mentale, ma come recita il mantra, “Muovo i miei solo attraverso la mia volontà.”