“In Marocco bere latte di cammella non è strano. Preparare del formaggio con il latte di cammella, tuttavia, lo è,” rivela Abderrazak Khoubbane, ex docente di scienze politiche ora casaro.
È arrivato il momento di portare tutte le perplessità circa il numero di gobbe di un cammello o di un dromedario al ristorante e caseificio La Fromagerie, vicino alla città costale marocchina di Essaouira, dove il proprietario Khoubbane si diverte riutilizzare quest’oro bianco del deserto in modi nuovi e ingegnosi.
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Il latte di cammella è anche ottimo per chi ha problemi a digerire il lattosio.
Khoubbane lo si può trovare lì, lontano dai baracchini in cui si griglia il pesce e dai caffè bohémien nella medina (quelli in cui si servono pasticcini e tè alla menta), a offrire il suo personalissimo assaggio dell’Africa del nordovest.
Dalle parti di Khoubbane i cammelli sono comuni tanto quanto le pecore in Galles e, quando ci si ritrova a girovagare per una delle zone più aride della Terra con così tanti cammelli, usarne i prodotti diventa automatico e sensato.
Stando a un vecchio detto arabo, parliamo anche di un latte afrodisiaco. “Un litro di giorno, cinque volte la notte”.
La carne di questi mammiferi, ad esempio, viene consumata abitualmente qui. Dicono il suo sapore sia a metà fra la carne di agnello e quella di manzo. Anche il latte di cammella è parte integrante della dieta, soprattutto per via delle sue proprietà benefiche. I suoi livelli di potassio, ferro e vitamina C sono maggiori di quelli che troviamo nel comunissimo latte di mucca, mentre quelli di colesterolo sono minori. Il latte di cammella è anche ottimo per chi ha problemi a digerire il lattosio.
Stando a un vecchio detto arabo, parliamo anche di un latte afrodisiaco. “Un litro di giorno, cinque volte la notte” (questo proverbio deve avere sicuramente logorato gli animi degli intolleranti al lattosio).
Quindi, mentre tutti (dai mandriani agli abitanti delle zone più remote di questo angolo di Terra), hanno tracannato latte caldo, schiumoso e fresco di cammella per secoli, è solo negli ultimi decenni che l’idea di trasformalo in formaggio è stata presa in considerazione.
Prima di iniziare la nostra chiacchierata, Khoubbane mi offre un drink di benvenuto, un vino grigio locale mischiato con limonata e un goccino di liquore alla ciliegia.
“Tutto deve essere fresco, nella cucina marocchina. Che si tratti di pesce, carne o verdure, l’importante è che siano alimenti freschi. Usiamo un sacco di spezie e, nonostante il latte di cammella fresco sia parte integrante della nostra dieta, il formaggio non è qualcosa che mangiamo abitualmente. Se ci fai caso, nella cucina marocchina non ci sono proprio cibi fermentati.”
È vero, Khoubbane ha ragione. Sebbene i mercati locali di Essaouira siano pieni di alimenti speziati con ogni tipo di erba, così come di olive marinate e in salamoia, è difficile trovare spazio per i cibi fermentati, anche lievemente. Così, nel 2007, dopo sei anni di lavorazione del formaggio a mano e da autodidatta, Khoubbane ha deciso di avventurarsi nel lato fermentato della cucina, grazie anche alle direttive di uno chef americano che, proprio in quel periodo, era nel bel mezzo di un viaggio culinario in giro per il mondo.
“Ho tirato fuori l’idea d’iniziare a produrre formaggio dal latte di cammella. Qui nelle campagne lo beviamo tutti, ma nessuno ha mai pensato di usarlo per il formaggio. Non avevo mai prodotto formaggio prima, quindi era una sorta di esperimento nell’esperimento. Ho guardato lo chef dicendogli ‘ok, io ci provo. E se non esce fuori nulla di buono, sono cavoli miei. Non posso farci nulla.’ Solo che poi è andata bene, ce l’ho fatta,” ricorda Khoubbane.
Ovviamente l’esperimento di Khoubbane non è andato liscio, senza problemi. Il latte di cammella, per via della sua composizione così particolare, caglia difficilmente e non si coagula bene.
“È troppo leggero, non si coagula. Bisogna quindi trovare degli escamotage. Io ne ho provati parecchi prima di essere folgorato dalla soluzione. Ora riesco a cagliarlo. Non posso dirti di più però, perché di tratta di un ingrediente segreto.”
Ingredienti segreti a parte, Khoubbane è felice di mostrami il luogo in cui il suo formaggio prende vita. Il caseificio è in realtà il retro de La Fromagerie ed è lì, in quella terrazzina, che il suo team produce circa 12 formaggi di capra o di cammella a seconda della stagione.
“Il numero delle forme di formaggio prodotte varia a seconda della stagione. Da ottobre a fine giugno arriviamo a finirne 14 o 16, d’estate solo 8. Produciamo anche un formaggio di mucca, un po’ più duro e simile a quelli che trovi in Italia, durante tutto l’anno. Questo formaggio non riscontra particolari problematiche durante i mesi più caldi, ci mette circa un anno e mezzo a stagionare. Gli altri dipende, invecchiano in tre o sei mesi.”
Il formaggio più famoso de La Fromagerie si chiama “mattone”, perché somiglia proprio a un mattone. Il formaggio di cammella, invece, si chiama “Dilbeek” e deve il suo nome a una coppia belga che ha visitato questa zona del Marocco anni fa, innamorandosene.
“Il formaggio di cammella non è duro, è soffice e fresco,” continua Khoubbane. “Lo lavoriamo per circa un mese e non lo usiamo per cucinare particolari piatti. Lo serviamo fresco, da solo. Credo sia il modo migliore per apprezzarne il sapore.”
Dopo il giro perlustrativo nel caseificio, posso finalmente assaggiare il formaggio. In cucina c’è una chef intenta a preparare un’insalata con foglie di lattuga, pesche, mela, kiwi, sale, pepe e timo. Ovviamente non manca una bella cucchiaiata di formaggio morbido in cima.
Alla vista sembra quasi ricotta o comunque formaggio in fiocchi. Al gusto, beh, è esattamente quello che ci si aspetta da un formaggio di latte di cammella fermentato. È leggero nella sua consistenza ma non nel sapore, perché poco dopo averne inghiottito un boccone ho sentito subito un retrogusto aspro e forte in gola. Ecco, tanto basta a capire perché sia catalogato nel reparto “cucina estrema” e, più generalmente, come un cibo adatto a pochi palati.
Tutto il resto del menù de La Fromagerie fa scendere l’acquolina in bocca. Concepito in tutta la sua interezza da Khoubbane, propone germogli di soia leggermente fritti, aromatizzati con fieno greco e formaggio di capra cotto, tajine di manzo e un piatto di degustazione di formaggi di produzione propria.
“Io personalmente odio la sensazione che solitamente mi assale quando lascio un ristorante e non riesco a ricordarmi bene cosa io abbia mangiato, soprattutto se mi è piaciuto molto. Hai presente, quando esci dal locale e pensi ‘ah, ne vorrei dell’altro!?’ Ecco, io ho cercato di riprodurre quest’esatto momento in ogni mio piatto.”
Il gregge di Khoubbane girovaga liberamente in dei campi vicino a La Fromagerie, e consta di 200 capre e 42 cammelli. Tutti questi animali, insieme ai lavoratori del suo ristorante (che ormai è in attività da ben tre anni), sono una fonte di sostentamento importante per i 124 abitanti della zona.
“Ho intrapreso quest’attività solo dopo averci riflettuto a lungo. Ho 59 anni e sono arrivato a quello stadio della vita in cui inizi a pensare ‘cosa posso fare per aiutare gli altri?’. E così, spremendo bene le meningi, ho unito un sacco di tasselli aprendo La Fromagerie. Un’altra cosa che amo molto è incontrare persone da ogni parte del mondo. Qui sono venuti a farmi visita neozelandesi, australiani, brasiliani, indiani… Credo aiuti molto il fatto che ci troviamo a Essaouira. La gente visita questa zona per lo spirito che si respira, nulla è comparabile in tutto il Marocco. Una volta visitata Essaouira, ne fai parte per sempre.”
Un po’ come ne fa naturalmente parte il gregge di cammelli di Khoubbane, che pascola felice poco fuori dall’entrata del ristorante.