Come molti, pensavo che Ibiza non fosse altro che un grande dancefloor a cielo aperto, una mecca per milioni di amanti di David Guetta. Poi mi ci sono trasferita, e mi sono resa conto che c’è molto di più.
Negli anni Sessanta e Settanta, Ibiza ha abbracciato la cultura hippie, che incoraggiava i giovani a vivere nel modo più libero possibile, senza badare ai beni materiali. La scena di Ibiza, allora, era vibrante quanto quella del Greenwich Village o di San Francisco.
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Sono entrata in contatto con la comunità 11 anni fa, quando vivevo su una spiaggia. Ho incontrato un gruppo di persone che mi hanno chiesto se volevo vivere in una vecchia casa abbandonata da 15 anni. In qualche modo avevano convinto il proprietario a lasciarli vivere lì gratis, dietro promessa di non distruggerla. Ed è così che ho scoperto questo nuovo modo di vivere, semplice e direi all’opposto di quello per cui Ibiza è nota.
Ci definiamo una comunità nel senso che cerchiamo di essere autosufficienti, ma non è sempre facile. Molti vivono senza acqua ed elettricità, altri vanno a cercare cose da mangiare nei cassonetti dei supermercati. La mia serie fotografica “Tales of an Island” nasce dall’amore per i valori e i membri di questa comunità—che considero ormai la mia famiglia.
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