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Perché alcuni ristoranti, anche in Italia, continuano a utilizzare nomi “mafiosi”?

Ristoranti con Nome Mafia

“In Spagna la catena di ristoranti ‘La Mafia Si Siede a Tavola’ non ha mai cambiato nome nonostante una sentenza UE”

Di recente abbiamo scritto un articolo sulla suscettibilità degli italiani quando si parla di cibo. Da bolognese poi posso confermarvi che i miei concittadini sono particolarmente patriottici e quando si parla di tortellini non accettano niente di diverso da un “in brodo” o un “alla panna”. Ma credo che quando si parla di Tortellini in salsa mafia, serviti nel ristorante tedesco 11A, non serva essere di Bologna per chiedersi se un piatto così accettabile o meno.

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Purtroppo non è una novità vedere nomi di piatti, o addirittura insegne di ristoranti, che richiamano al mondo della criminalità organizzata. Si va da un più innocuo — perché comunque generico, per chi non avesse approfondito la storia della mafia, e afferibile a una sfera semantica di ‘tradizione’ legata al cibo — locale Cosa Nostra a un più diretto Manzo Mafioso nel menu, da un ristorante Il Padrino, solitamente legato a un’immagine di Marlon Brando, a un meno cinematografico Corleone E cosa dire del celebre Wagyu Mafia in Giappone? Accade prevalentemente all’estero, ma abbiamo scoperto qualche caso anche nel nostro paese.

Sicuramente uno straniero fa più fatica a capire la portata della sofferenza e dei problemi che la criminalità crea ancora in Italia.

L’associazione Coldiretti aveva lanciato l’allarme già cinque anni fa con una “mobilitazione nazionale di migliaia di agricoltori a difesa del Made in Italy, dove sono stati mostrati gli esempi più scandalosi di prodotti agroalimentari, venduti in Italia, in Europa e nel mondo, con nomi che richiamano gli episodi, i personaggi e le forme di criminalità organizzata più dolorose e odiose, che vengono sfruttate per fare business a danno dei veri prodotti agroalimentari Made in Italy.” Dei prodotti citati alcuni, come il sugo americano Wicked Cosa Nostra o il sito di cucina mamamafiosa, sono scomparsi, ma altri, come il libro Cooking The Mafia, sono ancora regolarmente in commercio. Mentre in Germania mafia pie è il termine spesso utilizzato per la pizza (negli Stati Uniti esiste la Memphis Mafia Pie ma si riferisce al gruppo di accoliti di Elvis).

All’estero esistono associazioni che si occupano proprio di aumentare la consapevolezza del fenomeno della criminalità organizzata che probabilmente alla maggior parte dei consumatori sembra lontano temporalmente, abbastanza innocuo e fondamentalmente macchiettistico, l’uomo baffuto con la coppola e la lupara in mano. O il gangster degli anni Venti a New York: negli Stati Uniti è piuttosto comune imbattersi in articoli come questo, che suggeriscono i ristoranti frequentati dai boss mafiosi, dove mangiavano o dove addirittura sono morti. La tendenza a utilizzare stilemi ‘malavitosi’ a scopo di marketing sembra troppo radicata per esaurirsi.

Perfino la figlia del tristemente noto boss mafioso Totò Riina ha aperto un ristorante a Parigi chiamato Corleone by Lucia Riina. Possiamo supporre che l’abbia chiamato così in onore del proprio paese d’origine ma, utilizzando nell’insegna anche il proprio cognome, è difficile non pensare a una voluta provocazione a scopo di marketing. Ho provato a contattarli, nonostante ormai da mesi dalla loro pagina Facebook — dove peraltro il nome Lucia Riina appare sfacciatamente — condividessero solo immagini a tema religioso, ma non ho ricevuto risposta. Ho poi scoperto che il bistrot ha chiuso a fine 2020.

“Chi vive in Meridione tende a scherzare meno sul fenomeno della criminalità organizzata”

E appunto questa consapevolezza a volte sembra mancare anche in Italia. A Milano c’è la rosticceria Cose Nostre, vicino Messina la pizzeria Il Padrino. Anche in questo caso ho contattato entrambi i locali senza ottenere risposta. Nel nostro paese, a differenza di ciò che accade nel resto d’Europa o negli Stati Uniti, non sembra esserci un richiamo diretto all’immaginario mafioso al di là del nome: niente coppole, uomini baffuti, fucili o croci o addirittura immagini di criminali del passato. Però il nome rimane lì. E inevitabilmente ci spinge a chiederci: perché? È provocazione voluta, semplice ingenuità, ignoranza della portata del fenomeno criminalità organizzata?

Ne abbiamo parlato con l’account Italians Mad at Food che spesso condivide foto ricevute dai propri follower di ristoranti che all’estero utilizzano nomi della criminalità organizzata. Proprio vedendo le loro stories abbiamo pensato a questo pezzo e abbiamo pensato di approfondire il tema.

I ragazzi di Italians Mad at Food hanno avuto modo di confrontarsi con centinaia di follower sull’argomento e di saggiare così l’opinione su cosa pensano gli italiani del fenomeno: “Alcuni ovviamente ci fanno una risata, questo essere stereotipati come ‘pizza mafia mandolino’ lo considerano ormai come un qualcosa su cui passare oltre e scherzarci su,” ci raccontano. “Altri invece prendono la cosa molto seriamente, soprattutto, ma non solo, da chi vive in Meridione.”

Sicuramente uno straniero fa più fatica a capire la portata della sofferenza e dei problemi che la criminalità crea ancora in Italia. All’estero arriva solo eco di film come Scarface, o serie come I Sopranos, dove la mafia ha dopotutto un suo certo fascino o tutt’al più fa ridere. Scorrendo le discussioni lanciate sul loro account troviamo a chi sostiene che “In Italia nessuno si azzarderebbe a servire piatti tedeschi alludendo al nazismo, perché sarebbe appunto offensivo e razzista” e chi replica che sì, “è sbagliato e offensivo, ma puoi onestamente dire che la mafia abbia ucciso 10 milioni di persone in un genocidio mirato?”.

Ma abbastanza sorprendentemente (per me) l’opinione prevalente tra gli italiani sembra quella di un ragazzo che dice “Mi fa solo sorridere. Noi li chiamiamo crucchi o mangia crauti, chi se ne frega se loro fanno riferimento a quello che in fondo è uno dei nostro export di maggior successo.”

“Le associazioni malavitose controllano circa 5mila locali solo nel nostro paese”


A questo punto la domanda è d’obbligo: al di là delle opinioni personali, si può fare? Difficile capirlo. Nel 2019 la Corte di Giustizia dell’Unione Europea ha sancito che il franchising spagnolo La Mafia se sienta a la mesa (la mafia si siede a tavola) non poteva utilizzare il marchio perché “banalizza l’organizzazione criminale italiana” ed è “contrario all’ordine pubblico”. Loro si erano sempre difesi ad esempio sostenendo che l’uso di una rosa, e non una pistola, nel logo dimostrava come la loro non fosse un’apologia della violenza ma un’operazione meramente commerciale. In quell’occasione il Ministro degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale Angelino Alfano aveva esultato. Peccato che le decine di ristoranti del franchising abbiano ancora lo stesso nome. Se nemmeno una sentenza dell’Unione Europea sembra aver cambiato nulla, possiamo davvero aspettarci un cambio di sensibilità da parte di ristoratori e consumatori?

Romanticizzare, o scherzare su, la criminalità organizzata, non sembra nemmeno una mossa furba, da parte dei ristoratori. Perché quel mondo non è così lontano dal settore gastronomico. Secondo l’Osservatorio sulle agromafie di Coldiretti la malavita controlla circa 5mila locali solo nel nostro paese — senza nemmeno considerare il controllo che hanno sulla filiera agricola. Secondo la FIPE vista la crisi della ristorazione post-pandemia potrebbe aumentare ancora il numero di locali in mano alla criminalità organizzata.

Ma i ristoranti gestiti da associazioni malavitose non sono una realtà solo italiana e forse qualsiasi paese, prima di scherzarci su, dovrebbe chiedersi se non sta, in effetti, prendendo in giro se stesso.

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