Capita di fermarsi a pochi passi dalla laurea in Ingegneria Informatica, a 24 anni, e decidere di intraprendere, da autodidatta, la carriera di chef. Capita di avere il coraggio – l’incoscienza? – di aprire un ristorante in un paesino come Telese Terme, nemmeno 8.000 abitanti in mezzo alla campagna beneventana. E capita di avere successo: la stella Michelin, riconoscimenti da guide internazionali, richieste di consulenze in tutto il mondo. È raro, ma capita. Certo, ci vogliono dosi massicce di caparbietà, talento e pazienza. Tutte qualità che credo abbia Giuseppe Iannotti, chef, fondatore e proprietario del Krèsios.
Però sapete come si dice: ingegnere una volta, ingegnere per sempre. No, in realtà non so ‘se si dica’, ma so che la dose di follia e di attitudine nerd necessaria per fare ingegneria, quella quadratura e quell’amore per i numeri, sono una cosa che ti rimane dentro. E quindi non è un caso che Giuseppe abbia creato, nel seminterrato del suo ristorante, un laboratorio di ‘ricerca e sviluppo’ inaugurato qualche settimana fa e chiamato Iannotti Lab.
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35 metri quadrati, creato con la collaborazione – “Non sono sponsor ma partner”, ci tiene a specificare – di aziende come Marrone e Next Cooking Generation, il Lab è, per impostazione del lavoro e livello tecnologico delle strumentazioni, una novità assoluta in Italia.
MUNCHIES: Partiamo dall’inizio. Da dove nasce l’idea del Lab?
GIUSEPPE IANNOTTI: Da un mio bisogno fisiologico di fare ricerca. Ma anche da un’esigenza aziendale di creare un luogo di ricerca e sviluppo.
Ci fai qualche esempio delle macchine che sono dentro al Lab?
Il Gastrovac per le cotture a bassa pressione, ad esempio in oliocottura, che permette di ottenere consistenze morbide e sapori intensi; il Rotovac, un distillatore; un disidratatore; un OCOO coreano; il WAVECO, una macchina a ultrasuoni che non cuoce propriamente, ma fa ‘maturare’ i cibi…
Ok, ok, mi sto già perdendo. Parlami delle applicazioni pratiche che potrebbero avere.
Al momento secondo me le applicazioni più interessanti sono sui vegetali. Le fermentazioni, le canditure senza zucchero… si possono accorciare i tempi o abbassare le temperature di cottura, evitare le ossidazioni, esaltare il gusto e facilitare le preparazioni.
Che costi hanno queste macchine?
Preferirei non entrare nei dettagli. Per il ristorante compravo comunque tante strumentazioni: un costo alto che, utilizzandole quotidianamente nel Lab, trasformo in un investimento – chi dice che la ricerca non è produzione? Vale lo stesso principio di ammortizzazione dei costi di una padella o un forno.
Quanto sarà collegata l’attività del laboratorio a quella del ristorante?
Tanto, però non è stato creato unicamente per il Kresios. È il mio laboratorio e io sono lo chef del Kresios: quello è il collegamento. Ma al ristorante l’imperativo rimane uno solo: godere.
Non si rischia di far prevalere la tecnica sulla parte emozionale della cucina?
Tu a cena da me ci sei venuta (al Krèsios ci sono solo due menu degustazione completamente al buio: io ho fatto quello da circa 35 assaggi, 200 ingredienti e due ore e mezza di tempo, NdR). Quante volte al tavolo io o il personale di sala ti abbiamo parlato delle tecniche o degli strumenti dietro un piatto? Mai. Non dev’essere mai un gioco di stile fine a se stesso. Non sono un Piccolo Chimico che al tavolo ti fa una lezione: la tecnologia è uno strumento al servizio dell’emozione che devo crearti in bocca.
Cos’è per te la tecnologia?
Da ingegnere è tutto. Ma sempre strumento, mai fine.
Chi lavorerà nel tuo Lab?
I miei ragazzi, ovviamente. Ma a me piace l’idea che sia uno spazio di condivisione gratuito per altri chef: vieni, vedi, prova. Anzi, proviamo insieme. E ovviamente lo concepisco anche in chiave ‘business’, per dialogare con le aziende che vogliono sviluppare dei prodotti o dei procedimenti.
Ci sono altri laboratori come il tuo in Italia?
In Italia non ne conosco. All’estero sicuramente sì: penso a El Bulli, al Nordic Food Lab… in un certo senso con questo Lab porto Telese Terme nel mondo.
Da cosa comincerai a lavorare?
Le fermentazioni, con i miei ragazzi e un professore universitario. Se ne parla tanto ultimamente, ma chi le sa davvero utilizzare? Nessuno le rispetta e le controlla. Noi vogliamo imparare.
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