Ecco cosa ti succede in Italia quando vieni beccato con della droga

La versione originale di questo post è stata pubblicata nel 2015. A ottobre 2019 il post è stato modificato in alcune sue parti per riflettere la situazione attuale. I dati dei report e delle tabelle sono stati aggiornati all’ultima versione disponibile.

Siamo tutti stati piccoli e innocenti, e a tutti è stato detto che il bagno dopo mangiato è vietato, che masturbarsi fa diventare ciechi e che basta una canna per finire nel tunnel della droga.

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Poi siamo cresciuti, e tutti abbiamo avuto modo di verificare l’attendibilità di queste “lezioni” in maniera più o meno diretta. Che se ne faccia tuttora uso, o che se ne sia fatto in passato, che la si sia semplicemente annusata nei bagni della scuola o la si abbia costantemente in casa, la droga è una realtà di cui tutti siamo coscienti, ma su cui non tutti sono informati.

E non parliamo solo degli effetti fisici legati all’assunzione, ma delle norme che ne regolano il consumo. La legge che vige in Italia attualmente è la Jervolino-Vassalli, come varata nel 1990 e corretta dal referendum abrogativo promosso dal Partito radicale del 1993, che prevede la distinzione delle sostanze in due categorie: leggere e pesanti. La legge è tornata in vigore quando, a febbraio del 2014, la Consulta ha definito incostituzionale la legge Fini-Giovanardi che, approvata nel 2006, equiparava i due tipi di droghe.

In questi anni ci sono state proposte di aggiornare il quadro legislativo (sia nel senso della legalizzazione di certe sostanze che in senso repressivo), cadute però una dietro l’altra. Per capire a cosa si va incontro legalmente in caso di possesso ci siamo così rivolti a Carlo Alberto Zaina, avvocato e giurista esperto in materia di stupefacenti.

La legge vigente in questo momento prevede la suddivisione delle sostanze stupefacenti e psicotrope in cinque tabelle (l’ultimo aggiornamento risale al maggio del 2018): alla I e alla III appartengono le droghe pesanti e i barbiturici, alla II e alla IV appartengono rispettivamente la cannabis e le benzodiazepine. La V tabella comprende, invece, i medicinali. L’inserimento di una sostanza in una di queste tabelle determina le conseguenze penali del suo possesso, con la determinante—per entrambe le categorie—della finalità della sostanza stessa, che può essere di uso personale o spaccio.

Droghe leggere

Con droghe leggere si intendono i derivati naturali della cannabis: marijuana e hashish. L’ultimo rapporto dell’Osservatorio europeo delle droghe e tossicodipendenze mostra come in Italia—come del resto in tutta Europa—la cannabis sia la sostanza più diffusa. Secondo l’indagine, in Italia il 20,9 percento della popolazione tra i 15 e i 34 anni ne ha fatto uso nell’arco della vita, e i consumatori sono soprattutto giovani e in costante aumento dal 2011.

Legalmente, se siete tra questi, il consumo in sé e il possesso entro la quantità minima consentita (vedi sotto) non rappresentano un reato. Se invece la quantità detenuta è superiore, ciò che si rischia, sulla carta, è la reclusione da uno a sei anni e una multa dai tremila ai 26mila euro. Anche in quest’ultimo caso la conseguenza penale non è scontata e, come mi ha spiegato l’avvocato, se siete incensurati e venite trovati con una quantità di cannabis superiore al mezzo grammo di principio attivo (che è il parametro di legge)—parlando comunque sempre di quantità limitate—ci sono buone probabilità che non vi succeda nulla, e che vi lascino andare senza neanche prendervi i nominativi.

“Cerchiamo di essere chiari su una cosa. Il famoso mezzo grammo di principio attivo è chiamata quantità massima detenibile,” ha aggiunto l’avvocato, “ma in realtà è solo un parametro privo del carattere della tassatività, ed è, quindi, puramente indicativo.” Il mezzo grammo, infatti, fa riferimento al principio attivo e, nonostante le ricerche degli ultimi anni sul tenore di principio psicoattivo THC mostrino come la cannabis in circolazione sia sempre più potente, rimane una percentuale limitata nel totale della sostanza. Riferendosi a un caso che ha trattato, l’avvocato cita un assistito “che aveva circa 80 grammi di marijuana lorda. Di questi 80 grammi ce ne erano 4 di principio attivo, e il giudice ha ritenuto che fosse per uso personale.” A determinare infatti le conseguenze legali, è essenziale la differenza tra uso personale e spaccio.

Trovati in possesso di droga, più che il peso, a influire sulla decisione riguardo la sua finalità—presumendo sempre che si tratti di quantità limitate—intervengo altri elementi, quali, mi spiega l’avvocato, “il confezionamento in plurime dosi, il possesso di sostanze da taglio, intercettazioni telefoniche, appostamenti, e altri ancora che possono emergere di volta in volta.” Sul tema dei bilancini c’è molta contestazione, ma, conclude l’avvocato “taluni magistrati ritengono ancora che essi rappresentino una prova.”

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Foto di Michael Segalov.

Quanto alle perquisizioni, nonostante le leggende metropolitane che almeno una volta sono rimbombate nella testa di chiunque si facesse una canna in camera, l’eventualità che la polizia entri in casa per il semplice odore è quantomeno inverosimile. “La polizia non può entrare nelle case. Per fare una perquisizione o è stato emesso un decreto del pubblico ministero, oppure c’è una norma—l’art 103 del testo unico sugli stupefacenti—che dà la facoltà in assenza del decreto preventivo del Pubblico Ministero di intervenire.” Ovviamente, però, ci devono essere dei serissimi motivi. “Non è che con la scusa di cercare qualcosa io posso entrare in casa di qualcuno. La polizia è tenuta a giustificare nel corso di un procedimento una tenuta di questo genere.”

In questi casi la perquisizione avviene raramente su iniziativa della polizia stessa. In pratica, è molto più facile che i vicini di casa abbiano fatto un esposto o una segnalazione. Nel caso specifico, l’avvocato suggerisce di consegnare tutto subito, evitando che smontino la casa del consumatore—cosa che, una volta che la polizia entra, probabilmente avverrà.

Relativamente ai comportamenti da seguire se trovati in possesso di droga fuori dalle proprie mura, l’avvocato suggerisce che il proprietario se ne assuma la responsabilità; sempre in riferimento a quantitativi compatibili con l’uso personale, sarà infatti “segnalato alla prefettura, ma non è una cosa drammatica.” Il gioco dello scaricabarile e l’istinto di dividersi le responsabilità tra amici possono essere pericolosi, se non in circostanze che sostengano palesemente la tesi.

Droghe pesanti

Con droghe pesanti ci si riferisce all’oppio e ai suoi derivati, alle foglie di coca e gli alcaloidi, alle sostanze di tipo amfetaminico, agli allucinogeni e ai barbiturici. In altre parole, tra le più conosciute rientrano in questo gruppo la cocaina, l’eroina, la ketamina, l’LSD e l’ectasy. Alla categoria delle droghe pesanti, ha spiegato l’avvocato, in conseguenza ad un decreto legge n. 50 del 2011 appartengono anche i “precursori” o gli “analoghi di struttura”, ovvero quelle sostanze che in sé potrebbero essere rispettivamente non psicoattive o non ancora scoperte, ma le cui molecole hanno la possibilità di evolversi chimicamente andando a creare la sostanza vietata.

In Italia, sempre secondo gli ultimi dati disponibili dell’Oedt, c’è “una stabilizzazione nell’uso di stimolanti sintetici” e la cocaina sembra in calo—sebbene rimaniamo tra i paesi europei con il più alto consumo di questa sostanza.

Anche per le droghe pesanti vige la normativa per cui l’uso personale non costituisce reato penale, mentre le cose cambiano se la finalità è lo spaccio, per cui si rischiano invece pene che prevedono la reclusione dagli 8 ai 20 anni e multe dai 26 mila ai 260 mila euro, quale riviviscenza del regime proprio della legge Jervolino-Vassalli.

Rispetto alle droghe leggere, per quanto anche sulle droghe pesanti la quantità non sia l’unico fattore determinante, quest’ultima ha un’influenza maggiore: “Il problema,” spiega l’avvocato, “è che queste sostanze sono di elaborazione chimica, quindi anche in un contesto di limitato peso sono situazioni che vanno sempre prese con le molle. La quantità influisce perché crea un allarme sociale.”

Tecnicamente quindi, “se detengo un quantitativo modico e, comunque, limitato, senza che vi siano significativi indicatori di attività di possibile cessione a terzi, sarò passibile di una segnalazione al Prefetto, ai sensi dell’art. 75 dpr 309/90. Potrò essere portato in Questura o in caserma, ma non vi potranno essere denunzie o arresti.”

In un sistema tabellare come quello italiano, a determinare la punibilità in senso stretto dell’agente trovato in possesso di droga non è la sostanza, che “non fa alcuna differenza,”aggiunge l’avvocato, in quanto “la droga specifica non può essere un elemento di decisione. L’inserimento nella tabella fa sì che siano tutte penalmente rilevanti. La differenza di inserimento nelle varie tabelle determina la differenza di pena.”

Piuttosto, a determinare la finalità della sostanza, e quindi le conseguenze legali, intervengono ancora una volta elementi che suggeriscono la destinazione a terzi. In tal senso, mi spiega l’avvocato, “spiegare che si detiene per consumo personale è certamente utile. Mi sono trovato ad assistere a Milano a un imprenditore che aveva 100 grammi di marijuana e 3 grammi di cocaina, ed è stato assolto, perché tra l’altro abbiamo di mostrato che era un assuntore, con le analisi.”

Nel caso, inoltre, se l’istinto naturale può essere quello di lasciarsi andare in un fiume di parole di giustificazione, l’avvocato dice: “Un antico adagio dice che ‘una parola è poca, ma due possono essere troppe.’ Se non si è indagati la presenza dell’avvocato non è riconosciuta di diritto. Meglio sempre non rilasciare dichiarazioni o sottoscriverle senza averle rilette attentamente… questo è un diritto, anche se talora le forze dell’ordine non sono di questa idea.”

Infine, come aggiunge l’avvocato, va ricordato che se per “hashish e marijuana si colpisce più il singolo consumatore o coltivatore, di solito nella cocaina e eroina si colpiscono per lo più pusher e organizzazioni criminose che hanno quantitativi importanti.”

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