Ieri è stata un’ordinaria giornata nella Terza Repubblica Dei Cittadini: Carlo Cottarelli ha ricevuto l’incarico di formare un governo (che non avrà i voti di nessuno, forse solo del PD); Luigi Di Maio ha invitato i cittadini ad appendere il tricolore ai balconi e ha lanciato una manifestazione per il 2 giugno (anche se non si bene per cosa); un poliziotto in servizio ha fatto una tirata virale su Facebook contro Sergio Mattarella.
Poi, i leader di M5S e Lega hanno amabilmente discettato della più grave crisi istituzionale della Repubblica nello studio di Barbara D’Urso.
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È successo tutto poco dopo le cinque di pomeriggio. In uno studio con le luci talmente tanto smarmellate da assomigliare a un’esperienza pre-morte, la conduttrice di Pomeriggio 5 ha accolto i due protagonisti del momento, chiedendolo loro cosa diavolo sia successo in questi giorni. Di Maio, in particolare, si è mostrato sin da subito parecchio incazzato.
“Sono molto arrabbiato,” ha esordito il “capo politico” del M5S, “perché dopo 80 giorni gli italiani hanno avuto tanta pazienza.” Di Maio ha poi continuato ribadendo la necessità di mettere sotto stato d’accusa Mattarella—di cui pure è stato “un grande estimatore”—e ha detto cose come: Berlusconi è stato buttato giù dallo spread; “voglio un governo votato dagli dagli italiani”; e “Barbara, non finisce qui.”
Puntellato da scambi memorabili (D’Urso: “Come sai, io sono una del popolo”; Di Maio: “Sicuramente!”) il dialogo è poi arrivato a un punto di svolta quando Di Maio ha ammesso che il M5S avrebbe proposto dei nomi alternativi a Mattarella—quelli dei leghisti Alberto Bagnai (l’economista no-euro per eccellenza) e Armando Siri, che tuttavia non andavano bene “alle agenzie di rating” e alla “Germania.” Barbara D’Urso registra e annuisce.
Più tardi, quando Di Maio non è più in studio, alla redazione di Pomeriggio 5 arriva una nota del Quirinale—e già mi immagino gli austeri dipendenti del Colle, una carriera di studi e rocciose prassi istutizionali, che cercano i contatti di Pomeriggio 5—in cui si dice seccamente che “non risponde a verità la circostanza riferita dall’on. Luigi Di Maio.”
Nel frattempo è già il turno di Matteo Salvini, preannunciato da questo tweet:
Il segretario leghista, pur dicendo a Barbara di essere molto incazzato, appare molto più calmo—e sgamato—di Di Maio. Risponde bene a tutte le domande della conduttrice, scherza, si rivolge al pubblico in studio e soprattutto quello a casa come farebbe il tuo amico al bar, dice che non ha intenzione di chiedere l’impeachment per Mattarella e che l’unico nome indicato al PdR per l’economia è sempre stato Savona.
Salvini, perfettamente sintonizzato sul linguaggio ipersemplificato e non politichese della D’Urso, fa capire anche che l’alleanza con il centrodestra sta traballando parecchio; alla lettura di un comunicato di Berlusconi, infatti, ribadisce di non aver gradito un granché alcune dichiarazioni di esponenti di Forza Italia. Alla fine, il segretario leghista guarda prima D’Urso e poi le telecamere, e dice: “Presidente, ci rivediamo tra qualche mese, saremo ancora di più, saremo ancora più forti, e il governo lo facciamo. Con la massima tranquillità.”
Dopo quaranta minuti sospesi in uno stato semi-allucinatorio, nello studio sparisce la politica e chi guarda resta lì a chiedersi cosa diavolo abbia appena visto. Certo, nell’ambiente politico e mediatico altamente spettacolarizzato—cioè nella cosidetta politica pop—in cui ci troviamo, la decisione dei due leader ha perfettamente senso. E non è nemmeno la prima volta che politici vanno a trasmissioni di quel tipo (oltre ai passaggi da Pomeriggio 5, ricordate Piero Fassino da Maria De Filippi? O Renzi da Amici con il chiodo alla Fonzie?). Non è quello il punto.
E qual è il punto allora? Azzardo una spiegazione: il tempismo. Sicuramente il salotto tv di Barbara D’Urso gode di una forte attrattiva, perché è molto seguito e ha una grande legittimazione popolare. Ma per quanto riguarda il resto? Siamo pur sempre nel mezzo di una delle più gravi crisi istuzionali del paese—una vera e propria rottura di sistema, che coinvolge anche la presidenza della Repubblica; e nonostante ciò, i leader dei due partiti che hanno il 51 percento trovano il tempo di andare in uno spettacolo di infotainment, come se fossimo in tempi normali.
Forse, a questo punto, ha ragione Enrico Mentana: “Oggi si sono visti prima Di Maio e poi Salvini dalla D’Urso. Questo sta ad indicare che la situazione è grave, ma non seria.”
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