Quando i capelli iniziano a diradarsi—succede al 40 percento circa degli uomini e a quasi altrettante donne arrivate ai 40 anni—le opzioni che hai a disposizione sono due: accettare la genetica o fare qualcosa. Per come la vedevo io, accettare la calvizie che avanzava mi costringeva a essere più adulto di quanto mi fosse possibile a 28 anni. Sapevo che non faceva per me.
Ai tempi, combattere la calvizie avrebbe significato indossare un parrucchino, sottoporsi a dubbi trattamenti olistici o, almeno, ampliare la propria collezione di cappelli. Ma nel 2005 ho scoperto che esisteva un’altra opzione: il trapianto follicolare.
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Non potevo assolutamente permettermelo, ma ho trovato un modo per farlo comunque. Dopo quattro mesi, pensavo di aver solo buttato via soldi. Dopo sei mesi però sul mio scalpo era esplosa la primavera e, dopo dieci mesi, i risultati mi avevano dato una rinnovata fiducia in me stesso. Ero molto contento, e dopo 12 mesi lo sono ancora.
L’unico lato negativo è che la procedura mi aveva lasciato una cicatrice lunga lunga sulla nuca, quindi non potevo portare i capelli troppo corti o con la sfumatura alta. Essendo i tagli che mi stanno meglio, e che valorizzano al meglio sia i miei capelli originari che quelli trapiantati, ero disperato.
Poi, qualche mese fa, ho scoperto una possibile soluzione al problema. Si chiama micropigmentazione dello scalpo (SMP) e consiste nel tatuare lo scalpo di piccolissimi puntini per creare una finta zazzera. A quanto pare è l’intervento più richiesto tra chi vuole camuffare le ferite derivanti dall’aver cercato di conservare l’antica chioma. Proprio come me.
Oggi come oggi basta solo pensare a un prodotto o un servizio, e quello magicamente compare in un banner. Quindi ho cominciato a scorrere gli annunci di tatuatori che mi corteggiavano da remoto, e sono finito da Scalp Micro USA. Sei anni fa, il proprietario Matt Lulo era andato in Inghilterra per sottoporsi a un trattamento che negli Stati Uniti non era ancora arrivato. Poi ha fatto dei corsi a Birmingham per poter aprire il suo esercizio in America. Lulo è stato il primo tatuatore di bulbi piliferi di New York. Oggi, le attività di questo tipo sono moltissime.
Ma se nascondere le cicatrici è una parte importante del suo lavoro, molte richieste vengono soprattutto da chi vuole modificare l’attaccatura o dare l’illusione di avere più capelli, sia per gli uomini con calvizie maschile sia per uomini e donne con alopecia non-androgenetica. Grazie all’intervento e al fatto che evito gli ambienti con le luci al neon, non ho ancora avuto bisogno di mostrare al mondo il mio cranio rapato. Ma so che quel giorno verrà. E quando succederà, sarà bello mostrare al mondo una rasata quasi realistica e non pelle rosa, lucida, pallida.
Le foto del prima e dopo mi hanno colpito molto, e in un paio di giorni mi stavo dirigendo in un centro Scalp Micro USA per un consulto. Lulo mi ha fatto vedere i risultati in carne e ossa. O meglio, sulla carne. Prima mi ha mostrato la sua stessa testa, poi quelle di due ragazzi che lavorano insieme a lui e infine quelle di due clienti. Ogni cranio che guardavo avrebbe potuto appartenere a una recluta della marina. Mi sono così impressionato che ho cominciato a prendere la cosa sul serio. Ho iniziato a pensare di farmi tatuare tutta la testa, non solo la cicatrice.
Ho tolto il cappello e Matt ha dato uno sguardo alla mia ferita e a tutto il resto.
“Hai ancora tanti capelli,” ha detto. “Bene, così la pigmentazione si mixerà con i capelli e quando li tagli corti tutto si amalgamerà.”
Ho confessato a Matt che non ero pronto per la rasata; mi stavo preparando per il lungo termine.
“Se vuoi portarli un po’ più lunghi, intanto, la micropigmentazione darà l’aspetto di maggiore densità,” ha detto, aggiungendo che i puntini avrebbero ridotto il contrasto tra i miei capelli castani e la pelle del cranio pallida. “Però se continui a tenere i capelli lunghi non possiamo modificare la forma dell’attaccatura. Se la abbassassimo, e poi ti crescono i capelli, sembra che hai due attaccature—un po’ strano, no?”
In pratica, Lulo stava dicendo che se avessi accettato di rasarmi, avrei potuto andare in giro con la stessa attaccatura perfetta che il mio io sedicenne aveva dato per scontata. Bene a sapersi. Poi mi ha detto che per ottenere il miglior risultato dovevo tagliare i capelli cortissimi proprio prima della sessione di micropigmentazione, e che avrei dovuto sottopormi a due o tre sessioni a un paio di settimane di distanza.
“Fa male?” gli ho chiesto.
“Hai tatuaggi?” Gli ho risposto di no.
“Diciamo che lo sentirai,” ha detto. “Non è profondo come un tatuaggio, e mi hanno detto che la micropigmentazione fa meno male. Non saprei, perché nemmeno io ho tatuaggi.”
A differenza di un tatuaggio profondo, la SMP è considerata semipermanente, e se avessi optato per tenermi la rasata, avrei dovuto ri-inchiostrarmi ogni quattro-sei anni.
Greg, il mio barbiere di fiducia, è rimasto scioccato quando gli ho detto di rasarmi a pelle sui lati e a un millimetro sopra—proprio come mi era stato consigliato da Matt. Greg mi ha detto che aveva sentito parlare della micropigmentazione, ma non l’aveva mai vista sui suoi clienti—”o almeno, non me ne sono mai accorto.”
Mentre Greg mi denudava il cranio, mi sono sentito sprofondare. Mi era già successo, l’unica altra volta che mi ero rasato a zero. Paragonato al resto del mio viso, piccolo, ossuto, sottile, il mio cranio è troppo largo, piatto, brutale.
Greg ha fatto del suo meglio per assicurarmi che non stavo così male.
“Amico, ho visto di peggio,” mi ha detto.
La reazione di Matt quando sono arrivato da Scalp Micro USA invece è stata entusiasta. “Ottimo!” ha detto, squadrandomi. “Hai una bella testa. Sai, non credo che poi vorrai coprirla.”
Mi sono seduto sulla poltrona e Matt mi ha informato che avrebbe cominciato dall’attaccatura dei capelli, per poi andare verso la sommità del capo.
“Poi faremo una pausa di cinque minuti prima di occuparci della cicatrice,” ha detto. “Pronto?”
“Ok,” ho risposto, irrigidendomi al primo tocco dell’ago.
Faceva male. Un puntino al secondo, pressanti e acuminati su una delle parti più scarne e dolorose del corpo. Matt mi ha detto che la fronte è spesso la parte più dolorosa, e che presto sarebbe tutto finito. Forse è perché l’adrenalina dell’inizio stava scemando, ma ho scoperto che per me era vero l’esatto opposto. Al momento della pausa, ero in un bagno di sudore.
Durante la pausa mi sono alzato e mi sono guardato allo specchio. Anche se avevo la testa arrossata, vedevo chiaramente che Matt aveva già creato l’illusione che il mio scalpo fosse pieno di capelli cortissimi, e l’attaccatura più netta. Sembravo quasi un duro, o perlomeno uno che sa riparare un’auto. Ho preso un appuntamento a due settimane di distanza.
Avevo già detto a un paio di amici che mi sarei micropigmentato il cranio, ma alla maggior parte avevo detto semplicemente di aver deciso di rasarmi per il lol. Comunque ho mantenuto un basso profilo e indossato un cappello per i giorni successivi, che toglievo solo quando gli amici che erano al corrente della cosa volevano dare un occhio. Le reazioni erano soprattutto di sorpresa. Questo commento riassume bene l’opinione comune: “Penso di preferirti con i capelli, ma non stai affatto male.”
Nel corso delle due settimane successive, crescendo, i miei capelli troppo chiari hanno un po’ tradito l’illusione di una massa uniforme. A guardare da vicino, un ficcanaso rompipalle sarebbe riuscito a distinguere i puntini bidimensionali e i capelli tridimensionali, castano chiaro, ora lunghi quasi un centimetro. Comunque, sapevo che sarebbe successo, che per due volte i miei capelli sarebbero stati troppo lunghi per mixarsi con il tatuaggio e troppo corti per coprirlo del tutto.
Greg sembrava impressionato, e i suoi colleghi mi si sono fatti intorno per cercare di distinguere capelli veri e finti.
Sono schizzato via dalla bottega di Greg e un’ora dopo ero da Matt, pronto a finire l’opera. Questa volta, avrebbe ripassato lo scalpo con un pigmento un po’ più scuro: il contrasto tra i due colori avrebbe creato un’illusione più tridimensionale. Dal mio punto di vista, l’unica differenza tra le due sessioni è stata che nella seconda sapevo cosa aspettarmi in termini di disagio. Come la prima volta, è durata poco meno di un’ora.
Oggi, tre settimane dopo la prima seduta, non resto più interdetto davanti al mio riflesso allo specchio, anzi a dire il vero mi piaccio proprio come aveva predetto Matt. I miei amici si divertono a passarmi la mano in testa. Non sono pronto ad adottare questo look sempre, ma sono francamente sollevato all’idea di non dovermi preoccupare di quando i capelli non ci saranno più.
Questo articolo è tratto da Tonic.