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‘Battere un avversario con tatuaggi nazisti è una doppia vittoria’ – Intervista ad Hassan Nourdine

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Questo fine settimana al PalaChiarbola di Trieste è andato in scena il match per il titolo italiano di pugilato nella categoria SuperPiuma. A vincerlo è stato il 34enne italo-marocchino Hassan Nourdine, che si fa chiamare “El Tiburón” (lo squalo) ed è il portacolori della Skull Boxe Canavesana di Asti.

L’avversario era il triestino di 28 anni Michele Broili, che Nourdine ha sconfitto vincendo per 91-98; 91-98; 96-95.

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Se in queste ore si parla dell’incontro, però, è anche per le polemiche scaturite dal fatto che Broili ha diversi tatuaggi nazisti: oltre all’88 (numero che nel gergo neonazista significa “Heil Hitler”) e al totenkopf delle SS, si notano la sigla del Veneto Fronte Skinheads e la scritta “Ritorno a Camelot”—il nome di un raduno ufficiale del movimento neonazista che si tiene ogni cinque anni e coinvolge gruppi di estrema destra italiani ed europei.

In queste ore la Federazione Pugilistica Italiana ha “condannato e stigmatizzato” il “comportamento” di Broili, riservandosi di adire alla giustizia federale per eventuali sanzioni. Secondo quanto riporta Il Gazzettino, sul piano penale non sono stati ancora aperti fascicoli in procura; la polizia giudiziaria starebbe però valutando il caso per “individuare e contestare eventuali reati al pugile.”

Per avere un resoconto di prima mano della vicenda, e un punto di vista del settore, ho parlato con il neo-campione Hassan Nourdine. In questa intervista telefonica abbiamo parlato dell’incontro, del pugilato, di Broili e dei suoi programmi per il futuro.

VICE: Ciao Hassan. Prima di tutto, posso chiederti come ti sei avvicinato al pugilato?
Hassan Nourdine
: Il pugilato l’ho iniziato per caso. Me l’ha fatto conoscere un mio carissimo amico: da quando ho iniziato ho smesso con tutti gli altri sport, e mi sono dedicato interamente alla boxe.

L’ho fatto dall’età di 22 anni, quindi relativamente tardi, però mi ha dato comunque tante soddisfazioni sia da dilettante che da professionista. [Con la vittoria del titolo] posso dire di aver coronato il mio sogno.  

Oltre alla carriera di pugile hai anche un’altra professione, giusto?
Sì, in Italia non campi solo di boxe. La stragrande maggioranza dei pugili ha anche altri lavori. Io da 13 anni, da quando mi sono diplomato, faccio l’operaio in un’azienda, la Maina SpA. Oltre a quello cerco di incastrare un po’ tutto—gli impegni sportivi, lavorativi e familiari [Nourdine è sposato e ha un figlio di 13 mesi].

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Foto per gentile concessione di Hassan Nourdine.

Molta dell’attenzione mediatica del match è stata rivolta ai tatuaggi di Broili. Prima dell’incontro sapevi che li aveva?
No, non lo sapevo. C’era qualche voce nell’ambiente sul fatto che fosse di estrema destra, ma ci siamo concentrati sul pugilato. Ci è sempre interessato solo lo sport e mai l’appartenenza politica di una persona.

Durante la pesatura il giorno prima dell’incontro, però, abbiamo notato questi segni con un po’ di sgomento. Non abbiamo fatto nessun commento, anche se siamo rimasti allibiti dal fatto che fosse tappezzato di quei tatuaggi.

Io e il mio allenatore Davide [Greguoldo] abbiamo deciso di pensare al match e di portarci a casa la cintura, che era quello a cui avevamo lavorato. Il nostro obiettivo era solo quello. Ovviamente ci dissociamo da questa ideologia e da quei simboli razzisti e nazisti.

A livello personale cos’hai pensato? Anche rispetto al fatto che avresti dovuto combattere contro una persona con quelle idee.
Vedendo quelle cose lì ho provato vergogna. Chi ha letto un libro di storia, o anche solo mezza pagina, non può che provare disgusto per quello che il nazismo ha causato all’umanità.

Stando a testimonianze riportate dalla stampa, durante l’incontro i fan di Broili hanno fatto anche saluti romani.
Quando si combatte è difficile capire cosa succede fuori dal ring. Finito il match mi hanno detto che sì, hanno fatto i saluti romani—io sinceramente non li ho visti.

Vorrei comunque precisare che [Broili] non mi ha mai mancato di rispetto, né quando eravamo da soli né dopo il match, quando abbiamo fatto l’antidoping. Anzi mi ha pure fatto i complimenti, anche durante l’intervista a due dopo l’incontro.

Sempre dalla stampa, mi è parso di capire che ci sia stata una soddisfazione in più da parte tua, nell’aver vinto un titolo contro un avversario del genere.
È una doppia vittoria. Ho conquistato il titolo con più orgoglio, con più soddisfazione. Chiunque vince contro queste ideologie ne deve andare fiero, perché è come se vincesse due battaglie in una. Quindi ne vado doppiamente fiero.   

Secondo te è possibile che la federazione del pugilato non sapesse nulla? Non era la prima volta che Broili suscitava polemiche [Se l’allenatore di Broili, Denis Conte— ex segretario di Forza Nuova per il Friuli-Venezia Giulia candidato alle amministrative di Trieste per Fratelli d’Italia—ha dichiarato in un’intervista al Piccolo che “i tatuaggi di Michele sono noti da tempo”, a febbraio 2020 la locandina della “Trieste Boxe Night” in cui comparivano Broili e i suoi tatuaggi era stata rimossa dopo che il caso era arrivato in consiglio comunale, per non “mettere in imbarazzo il Comune”].
Adesso penso che prenderanno provvedimenti, visto che se ne sta parlando un po’ ovunque. Per il resto… magari qualcosa sapevano, ma non erano certi. Già all’epoca delle prime polemiche per me avrebbero dovuto esporsi.

Comunque saranno le autorità a fare il loro dovere, anche perché sono simboli che non potresti nemmeno tatuarti, in sostanza. Sono contento che almeno adesso sia venuto fuori.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi nel pugilato?
Sicuramente dovremo difendere il titolo, ma siccome è una cosa fresca passerà qualche mese. Ora ci riposiamo un po’, poi penseremo agli altri obiettivi e valuteremo le offerte in base a quello che ci propongono.  

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