Se vi è capitato di seguire negli ultimi tempi anche solo da lontano il ricchissimo dibattito politico nazionale, c’è la possibilità che abbiate sentito almeno un milione di volte il termine “buonista.” L’appellativo in questione si usa un po’ ovunque, principalmente per zittire l’avversario o insultarlo, ma i confini del suo impiego si sono dilatati talmente tanto che le caratteristiche che definiscono il buonista Doc non sono affatto chiare.
Se vuoi salvare un profugo dalla morte sei di sicuro un buonista, pochi dubbi. Ma se, diciamo, una sera a casa ti sei commosso, solo davanti alla Tv, guardando Schindler’s List, be’, chi ti assicura di non rientrare nella categoria?
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Per ovviare al problema, dopo una lunga ricerca sui social ho cercato di stabilire quali siano i capisaldi del buonismo moderno, i must-have per rientrare a pieno titolo nella categoria, per immedesimarmi in uno di loro e capire perché sono tanto odiati.
LA MAGLIETTA ROSSA
È di poco fa l’iniziativa lanciata da Don Luigi Ciotti nata con l’intento di solidarizzare con i migranti. La campagna invita a indossare una t-shirt rossa, come quella che viene messa ai bambini sui barconi per rendere più facile il loro avvistamento in mare.
Per fortuna il Ministro dell’Interno e il suo SMM non hanno mai visto Star Trek. Nel telefilm infatti i redshirt sono famosi perché sono quelli che che muoiono per primi, risparmiandoci quindi il selfie mentre ci fa il saluto vulcaniano. Salvini si è limitato a dire che non aveva una maglia rossa a casa. Ma a parte questo, moltissimi personaggi famosi hanno aderito, dividendo l’opinione pubblica in due schieramenti: chi dice “bravi” e chi dice “buonisti”. So insomma da dove iniziare e vado a fare shopping.
Infilo la t-shirt e immediatamente sento una strana sensazione corrermi lungo la schiena, convinto sia dovuta al virus buonista che prende possesso del mio corpo come il simbionte di Venom. Già mi sento trasformato. Purtroppo però è solo il cartellino del prezzo che avevo dimenticato di togliere.
Con mia enorme sorpresa, dunque, la maglietta fa cilecca. Non mi sento più umano di prima, le tacchette della solidarietà non si alzano: mi sento tristemente uguale a me stesso. Decido allora di incamminarmi per le strade di Napoli, speranzoso che la t-shirt abbia solo bisogno di un po’ di tempo per fare effetto. Fa un caldo bestiale e dopo mezz’ora, oltre ad aver assunto varie tonalità di rosso per via dell’ascella pezzata, la maglietta continua a non aver alcun effetto sui miei parametri vitali.
A questo punto sono convinto debba essere triggerata, che si attivi cioè solo in presenza degli stimoli giusti. Così provo a fare quello che farebbe un buonista: aiuto una vecchietta ad attraversare, do 2 euro a un bisognoso, e infine vado a Piazza Garibaldi ad aiutare a casa nostra i turisti che provano a raggiungere Sorrento in Circumvesuviana, ma puntualmente salgono sul treno diretto a Sarno (cosa che a dir la verità faccio spesso anche quando sono “in borghese”).
Pur avendo salvato un folto gruppo di inglesi da una disavventura sulla seconda peggiore tratta ferroviaria d’Italia, non mi sento diverso dal solito. È chiaro che la maglietta da sola non funziona. La mia missione però è appena iniziata e, passando per caso davanti a una farmacia, ho un’epifania.
IL MAALOX
Ebbene sì, il famoso farmaco per curare l’acidità di stomaco viene spesso consigliato ai buonisti dai loro premurosi avversari. A quanto pare è il rosicamento a causare un aumento della secrezione gastrica. Su PubMed non trovo articoli a conferma, ma stando alla quantità di volte che viene prescritto nei commenti su Facebook e Twitter, tenderei a fidarmi. Entro quindi a comprarne immediatamente una scatola.
È chiaro che l’azione anti-acida non può essere l’unico effetto del farmaco. Di certo avrà un’azione sinergica con la maglietta rossa per favorire la trasformazione. Stranamente sul foglietto illustrativo non se ne parla, ma probabilmente, mi dico, è perché Big Pharma vuole nascondere i veri effetti di questo medicinale.
Pur non avendo bruciore di stomaco, vado al bar a prendere un buon caffè accompagnato da un paio di pasticche. Sono pronto a diventare una sorta di Dr. Jekyll e Mr. Hyde, ma all’incontrario.
Con mia enorme sorpresa il farmaco non ha nessun effetto e i punti umanità rimangono invariati. Si vede che manca ancora qualcosa.
IL ROLEX
La situazione inizia a farsi complicata. Sebbene l’allitterazione Rolex-Malox sia troppo bella per poter essere casuale, il costosissimo orologio mi mette in seria difficoltà—principalmente per due ragioni:
1) non ho i soldi per comprarlo. Questo qui sotto è di mio zio, e ho una paura fottuta di perderlo;
2) sembrerebbe che chi lo indossi in realtà passi a un altro stadio del buonismo, uno ancora più temuto: Il Buonismo Radical-Chic. Uno stadio in cui tutto quello dici diventa ancora più una cazzata perché, dai, se per misurare l’ora utilizzi un aggeggio da 10.000 euro quando puoi tranquillamente dedurla con uno gnomone, un po’ coglione devi essere. E poi si sa, i ricchi possono parlare solo dei problemi dei ricchi, dello champagne preferito per i gargarismi e di quale scomparto del frigo è più adatto per conservare i tartufi.
Comunque, un po’ impaurito, lo indosso e BOOM!: mi sento immediatamente ricco. Che emozione indescrivibile.
Però, purtroppo, sotto il profilo dei valori umani si è dimostrato più inutile dell’ologramma del Power Balance. Mi sento sempre uguale.
L’ATTICO A NEW YORK
Ormai stanco e disidratato, mi sento come i vecchietti nei servizi di Studio Aperto. È a questo punto che ho la mia prima Near-Death Experience : avverto una voce femminile risuonare nella mia testa. È Giorgia Meloni che mi sussurra: “Ti manca solo l’attico a New York.” Cosciente di non avere le risorse per comprare neanche una mattonella a New York, torno a casa un po’ sfiduciato e mi metto alla ricerca della mia casetta da 2 milioni di euro.
Poi, all’improvviso, un lampo di genio: in realtà l’attico non serve veramente, basta mettere in giro la voce che ce l’hai. Essendo skillatissimo con photoshop, il passo successivo è automatico. Prendo una mia foto e voilà, eccomi nella Grande Mela:
Carico l’immagine su Facebook sperando di illudere tutti, ma il risultato più eclatante è lo zio del Rolex che, preoccupato, mi chiede se a New York ho mica portato anche l’orologio.
Risultato? Ancora niente. E sinceramente, dopo che la combo Maglietta+Maalox+Rolex+Attico non ha prodotto nessun aumento delle mie stats filantropiche, inizio a diventare sospettoso. Mentre cerco di ripercorrere tutti i passaggi alla ricerca di eventuali errori capisco che gli scenari possibili sono sostanzialmente solo due:
Il primo è che, forse, oggi, il 90 percento delle volte che si parla dei “buonisti” si fa riferimento solo a persone normali, che non hanno nulla di speciale, perché se iniziamo a considerare speciale l’essere persone decenti, avere ideali moderni di libertà individuale e riuscire ancora a provare empatia per altri esseri umani in difficoltà, siamo decisamente sulla cattiva strada. Sempre nel primo scenario c’è anche, forse, la cara vecchia abitudine di, anziché contestare l’affermazione dell’interlocutore (perché non hai gli strumenti per farlo) attaccare l’interlocutore stesso. Un espediente talmente comune nella politica (e non) italiana che ormai non ci facciamo nemmeno più caso.
L’altro scenario è che alla formula esposta poco fa manca ancora un elemento, un aiuto dall’alto. E infatti:
CONTATTARE SOROS
Chi meglio di lui può sapere qual è il vero segreto per completare la metamorfosi. L’ho contattato su Twitter. Appena mi risponde vi faccio sapere: