Ho provato per una settimana la dieta della donna più anziana d’Italia

L’uomo è sempre stato affascinato dal concetto di immortalità. Nel tempo questa tendenza ha assunto forme diverse—dal ciclo arturiano e la ricerca del Santo Graal agli esperimenti nazisti—per incarnarsi oggi nei servizi giornalistici sulle diete e le abitudini di vita dei centenari.

Vengono prodotti in quantità industriali contenuti video e scritti corredati da accorgimenti anti-morte, elargiti da anziani in vari stadi di decomposizione, che coprono orari di sveglia la mattina, dieta, abitudini lavorative, stato familiare. Tutti ne abbiamo letti o visti, ed è tempo di ammettere che c’è qualcosa di stranamente rassicurante in questo filone giornalistico: come se sapere come si nutre un ultracentenario potesse anestetizzare la prospettiva della morte.

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Quest’anno è toccato a Emma Morano, di Verbania, Piemonte, che con i suoi 117 anni è la donna più anziana del mondo. Gli articoli a lei dedicati si concentrano in particolare sul suo regime alimentare: tre uova al giorno (di cui un paio da bere crude e uno per fare la frittata, ridotte a due col sopravanzare dell’età), biscotti, miele, acqua, brodo, banane, carne non troppo cotta, gianduiotti e ogni tanto un bicchiere grappa. Morano si sveglia ogni giorno alle sei di mattina, e mangia ai soliti orari. L’unico altro accorgimento fornito dagli articoli per spiegare il suo stile di vita è il nubilato.

Lo stile di vita di questa donna mi ha colpito. Colesterolo, dolci, alcol: la sua dieta sfida a duello ogni suggerimento alimentare mai pensato dai nutrizionisti. Ho pensato quindi di inserire all’interno della mia routine gli insegnamenti della signora Emma, e di seguire pedissequamente le sua abitudini per una settimana. Volevo testare quanto effettivamente potesse giovare alla mia salute una dieta composta esclusivamente da uova crude—e ben presto mi sono ritrovato in un tunnel fatto di nausea, sbornie malinconiche, astinenza monacale e diarrea.

GIORNO 1 – VENERDÌ

Appena sveglio mi sono apprestato a fare il primo pasto suggerito dall’ultracentenaria di Verbania: biscotti pucciati nell’acqua, miele e un uovo crudo—quella che mia nonna ha definito “la colazione del carcerato” mentre mi fissava da sopra il caffellatte, e snocciolava tutti i motivi razionali per cui a 28 anni avrei dovuto cambiare mestiere.

I biscotti con acqua hanno formato una specie di malta durissima che mi si è andata a depositare subito sopra la bocca dello stomaco, così ho tentato di lubrificarli ingurgitandoli con cucchiaiate di miele (che mi ha sempre fatto schifo).

Il momento più complicato, però, è stato quando ho dovuto bere l’uovo crudo. Lo so che è un’immagine piuttosto rurale e genuina, e che probabilmente un uovo fresco di gallina ha un buon sapore, ma il mio uovo industriale non aveva esattamente un aspetto e un odore invitante, e di prima mattina guardando dentro il bicchiere prima di buttarlo giù mi sono sentito come se dovessi fare un piccolo esercizio di apnea e forzarmi ad ingoiare alla fine di un pompino.

A pranzo ho mangiato della pastina in brodo e una banana, e per tutto il pomeriggio ho lavorato male, preso dalla fame, che si è stemperata soltanto verso le 17, quando ho dovuto bere un altro uovo e mi è tornata la nausea.

Sono arrivato all’ora di cena con la prospettiva di un petto di pollo e di una frittata, ma alla fine ho mangiato soltanto la seconda, perché non avevo appetito—sensazione che mi capita veramente di rado.

Alla fine del primo giorno mi sono reso conto di un allarmante verità: la quasi totalità della mia dieta settimanale si era esaurita in quelle 24 ore, e ho capito di essermi gettato di nuovo in quell’imbuto di sopportazione e stoicismo che avevo già sperimentato quando ero dovuto sopravvivere per sette giorni con due euro a disposizione.

GIORNO 2 – SABATO

La mattina del secondo giorno mi si è presentato quasi subito il primo cambiamento fisiologico che il nuovo corso mi aveva provocato: passare da zero a tre uova doveva aver preso alla sprovvista il mio intestino crasso, che in tutta risposta ha deciso di aumentare la gittata.

Il secondo l’ho sperimentato via via che passavano le ore e si sommavano le uova crude e le minestrine insipide in brodo: una strana malinconia generale dovuta alla prospettiva di quanto debba essere noioso reiterare all’infinito lo stesso ordine di pasti, pietanze e dormiveglia. Il solo pensiero mi ha fatto apprezzare più lucidamente il concetto di morte.

Fortunatamente durante il pomeriggio mi sono ricordato che la dieta che stavo seguendo prevedeva anche il consumo di gianduiotti, e nelle ore che mi separavano dal mio petto di pollo serale ne ho consumata un’intera confezione. Un po’ mi ha rasserenato, ma non credo che abbia fatto molto bene alla mia pancreatite latente.

GIORNO 3 – DOMENICA

Fin dall’inizio dell’esperimento, sapevo che il terzo giorno sarebbe stato il più complicato: mio fratello avrebbe portato a casa la sua fidanzata per la prima volta, per presentarla alla famiglia, e mia nonna si è svegliata prima di me per cominciare a cucinare. Mentre loro avrebbero mangiato qualsiasi tipo di pietanza che la tradizione toscana può vantare, io avrei succhiato il mio brodo con una cannuccia.

L’avvento della fidanzata di mio fratello, poi, metteva sul piatto anche un altro aspetto fondamentale nella longevità da vulgata: l’assenza di vincoli matrimoniali/relazionali. Per tutto il giorno, dopo aver visto quanto fosse carina e simpatica Lisa, e quanto lei e mio fratello sembrassero felici e affiatati, mi sono chiesto che tipo di beneficio potesse portare la solitudine e la mancanza di rapporti sessuali stabili. Una vita fatta di uova crude e masturbazione vale la pena di essere vissuta?

Questo pensiero mi ha spinto, nel pomeriggio inoltrato, a visitare più volte il profilo Facebook delle mie ex fidanzate, e imbottirmi di gianduiotti accompagnati dall’unica altra sostanza contemplata dagli articoli sulla signora Emma: la grappa. Il senso di euforia, però, è durato soltanto fin quando mi sono ricordato che avevo un altro uovo crudo da ingurgitare. Che ho buttato giù come se il tuorlo racchiudesse tutto il dolore dell’umanità.

GIORNO 4 – LUNEDÌ

Probabilmente spinto da un inconscio bisogno di giustificazioni che mi consentissero di finirla con l’esperimento, nella mattinata del quarto giorno ho chiamato il mio medico di base con la scusa di volerne sapere di più sugli eventuali benefici delle mie nuove abitudini. La dottoressa, con il tono annoiato e sbuffante di chi ha 345 anziani che scalpitano fuori dall’ambulatorio, ha ascoltato i termini del mio esperimento, e poi mi ha semplicemente spinto a domandarmi quanto il tasso di colesterolo contenuto in tutte le uova che stavo assimilando avrebbe potuto giovare non solo alla mia salute, ma a quella di chiunque altro. Poi mi ha nuovamente messo di fronte agli allarmanti valori dei miei ultimi esami del sangue, e ha chiuso la telefonata sostenendo che “non esiste alcuna evidenza che testimoni come seguire un certo comportamento aumenti la longevità. È quasi tutta questione di genetica.”

Per qualche motivo, invece che dissuadermi dal continuare, la ritrosia della mia dottoressa ha dato nuova linfa al mio esperimento. A quel punto mi interessava valutare anche solo l’effetto placebo. Così ho deciso di cambiare prospettiva, e di immedesimarmi nella signora descritta dagli articoli: d’altra parte per lei quelle non sono restrizioni, ma scelte.

Così mi sono sforzato di sorbire il brodo, di inghiotte ogni gianduiotto (che cominciava a odiare) e di bere ogni uovo crudo come se volessi farlo. Effettivamente ho smesso di pensare a quanto fosse abbrutente tutta quella ricorsività nei comportamenti, e ho lavorato e portato a termine la giornata tranquillamente.

GIORNO 5 – MARTEDÌ

Ma l’ottimismo è durato poco. Il quinto giorno è stato quello della ribellione, e mi ha visto apportare migliorie minuscole e fittizie al mio regime alimentare: cosa succede, ad esempio, se invece di bere l’uovo crudo da solo lo mischi con i gianduiotti sciolti e la grappa? La risposta, è stata una specie di beverone che sembrava fatto di diarrea e che per associazione non ha fatto altro che aumentare la mia.

La sera, al posto della solita frittata, ho tentato di cucinare un uovo in camicia. Il risultato, come ipotizzabile dalla ricorrenza della prova delle uova in camicia nei talent culinari, è stato orribile.

GIORNO 6 – MERCOLEDÌ

Ormai avevo capito che i cambi di prospettiva non mutavano niente nella sostanza della mia esperienza, e che—come una pessima medicina—le abitudini centenarie che mi ero imposto andavano vissute con tutta la sopportazione del caso, senza privarsi di quel senso di angoscia.

Così, pensando che mi restavano solo due giorni davanti, ho deciso di comportarmi come un automa: passavo da un uovo crudo all’altro senza sentimenti e senza tentare di addolcire il tutto con troppi gianduiotti o grappa. D’altra parte un aspetto fondamentale del stile di vita di un ultracentenario è la frugalità: visto che hai pochi denti, mangi pochissimo.

E allora ho capito: forse è questo questo il segreto dell’elisir di lunga vita, vivere ogni giorno come se non avesse alcuna importanza.

GIORNO 7 – GIOVEDÌ

L’ultima mattina ho deciso di pesarmi. Con mio sommo stupore, considerati tutti i gianduiotti che avevo mangiato, avevo perso quasi due chili. Questa epifania mi ha dato una scossa di epinefrina: forse le mie nuove abitudini di sonno e di dieta non mi avrebbero fatto superare i cent’anni, ma almeno mi stavano facendo dimagrire.

Questo sollievo è durato giusto il tempo di finire la colazione, quando insieme all’uovo crudo sulla bocca dello stomaco si è adagiata anche la consapevolezza che nella vita del centenario da record la magrezza non ha alcun aspetto positivo se non quello salutare, visto che tanto non puoi scopare.

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